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10/10/2022 06:00:00

A Castelvetrano il libro su Gelli e la massoneria. Intervista al massone Federico Sinopoli

 Nei giorni scorsi, presso l’hotel Admeto a Marinella di Selinunte, è stato presentato il libro di Federico Sinopoli, “Storia massonica della P2”, a cura della libreria “Mondadori Point” di Castelvetrano.  L’autore è “libero muratore” del Grande Oriente d’Italia in Sicilia. Laureato in psicologia, fa il bancario ed è stato maestro venerabile della Loggia San Giorgio e il Drago di Ragusa. In questo lavoro, Sinopoli ricostruisce la vicenda della P2 dentro la massoneria di Palazzo Giustiniani, sulla base degli atti della commissione parlamentare presieduta da Tina Anselmi, dimostrando come i legami principali della P2, più che massonici, erano in realtà di natura politica. E quanto possa essere fuorviante identificare Gelli con la massoneria.

A margine della presentazione gli abbiamo fatto qualche domanda.

 

Questo libro ridimensiona il legame che c’è, almeno nella percezione dell’opinione pubblica, tra Gelli e la massoneria? Una percezione che ha portato spesso ad identificarlo con la Massoneria stessa. Un po’ come l’inopportuna equivalenza che spesso viene fatta tra Matteo Messina Denaro e la città di Castelvetrano…

 

Se oggi parlassimo di Matteo Messina Denaro come di un criminale, senza usare la parola mafia, faremmo un’alterazione della realtà. Definire Gelli solo nell’ambito massonico e tralasciare l’aspetto politico che la Anselmi e Pertini hanno ben messo in evidenza relativo alla P2, sarebbe la stessa cosa. Certo, che i tre gran maestri che si succedettero in quegli anni avessero delle responsabilità è sicuro. Ma la massoneria li ha processati e condannati. Quello che riusciva a fare Gelli però va molto al di là della massoneria stessa.

 

Quanto al di là?

 

Entriamo nel mondo dei servizi segreti, delle strategie in funzione anticomunista e antiprogressista che in Italia, a cavallo tra gli anni ’60 e ’70 sono state praticate anche in forma estremamente violenta. Gelli rappresentava l’aspetto non violento, subdolo, come diceva la Anselmi di un uomo e di un’iniziativa, che non era solo sua, che cercava di erodere la democrazia dall’interno. Senza le spallate delle stragi, ma attraverso un’azione che si estrinsecava nella presenza dei gangli vitali dello Stato.

 

L’ascesa di Gelli in seno alla massoneria sembra non avere precedenti. Come è stato possibile?

 

Nell’introduzione al mio libro, il giornalista Francesco Brancatella, giornalista Rai di lunga esperienza che non ha nulla a che fare con la massoneria, fa il parallelo con la “cadaverizzazione” degli etruschi che, nella condanna a morte di una persona, la legavano da viva accanto ad un corpo morto, in modo che per osmosi cadaverica quei germi contaminassero il condannato, portandolo lentamente alla morte. Gelli si è legato al corpo della massoneria, cercando di infettarlo. Ma la massoneria ha votato per la sua espulsione con 400 voti contro 6, in modo da abbattere la loggia P2. Il vero problema, come diceva Anselmi, era la convivenza dei vertici. Oggi, anche chi è entrato in massoneria 10 anni fa, si sente puntare il dito per le responsabilità di Gelli. Io non dico che la gente debba apprezzare la massoneria, ma almeno che possa comprendere cosa sia successo in politica con la P2, il comitato di crisi nel delitto Moro e tanto altro. Che poi è ciò che viene analizzato in questo libro.

 

Che difficoltà ha avuto la massoneria nell’affrancarsi da Licio Gelli, difendendo la propria identità? Negli anni, la discrezione è stata un freno, una sordina?

 

No, il vero freno è stata la disinformazione. Ci sono gli atti della commissione parlamentare d’inchiesta sulla P2. Almeno le prime 16 pagine della relazione di maggioranza andrebbero lette. Diversamente si deve avere a che fare con gruppi su Facebook che ipotizzano l’ombra della P2 perfino nella morte di Luigi Tenco. Ma Tenco è morto nel 1967, quando Gelli era appena entrato in massoneria.

 

Oggi c’è in corso un processo (Artemisia) in cui diverse persone sono accusate a Castelvetrano di aver violato la legge Anselmi. Si tratta di persone vicinissime a logge massoniche registrate, accusate anche di altri reati e comunque responsabili di azioni “politiche” lontanissime da qualsiasi regola. Come può difendersi la massoneria dall’inquinamento di questi piccoli “aspiranti Gelli”?

 

Il fenomeno Gelli, in quella forma, è davvero improbabile che si possa ripetere. Certo, nessuna associazione può ritenersi pura al cento per cento, ma oggi ci sono degli strumenti di controllo che riducono in maniera drastica questa possibilità. Il Grande Oriente d’Italia è una delle pochissime associazioni che all’ingresso chiede casellario giudiziale e carichi pendenti. Questo è un primo discrimine. E’ sufficiente? No, bisogna anche avere gli strumenti per cui se si agisce male scattino i provvedimenti. Ma riflettiamo sul fatto che dal 1992 ad oggi, 392 amministrazioni comunali sono state sciolte per infiltrazioni mafiose; dietro c’era la massoneria oppure c’erano i partiti?

Ovvio, ci saranno anche quei massoni che più che in una loggia dovrebbero stare in galera, ma è noto dove sia radicato il malvezzo nella gestione della pubblica amministrazione.

Non conosco tutti i 23 mila massoni del GOI, ma sono certo che la percentuale di brave persone sia elevata.

 

Ma della massoneria non fa parte solo il Grande Oriente…

 

Certo. Occorre però essere consapevoli che oggi c’è anche una percentuale di persone disposta a pagare duemila euro ad un gruppo di furbetti che dia loro un diploma di cartapecora con su scritto “cavalierato dei templari vattelapesca…” e un mantello rosso con una croce sopra, in modo da vantarsi con gli amici e dire “guarda, io sono un cavaliere templare”. Voglio dire che ci sono un sacco di logge spurie che sembrano massoniche, ma non lo sono. Il malaffare  c’è sempre stato, abbiamo bisogno di scriverci sopra “massoneria”? Non credo proprio che la massoneria possa essere organica a certi fenomeni.

 

Egidio Morici



Cultura | 2024-05-18 02:00:00
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