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17/01/2023 06:00:00

Matteo Messina Denaro, chi è l'ultimo boss di Cosa nostra...

U siccu, Diabolik, Alessio, lo abbiamo conosciuto con questi pseudonimi, ieri, 16 gennaio 2023, lo abbiamo conosciuto per qualche attimo per Andrea Bonafede, il nome di un cittadino di Campobello di Mazara, del quale aveva preso le sembianze con la sua cartà d'identità. A quasi trent'anni dall'inizio della sua latitanza, è stato arrestato nella clinica per le cure oncologiche La Maddalena, dove è stato ricoverato diverse volte negli ultimi anni e dove è stato anche operato. Vediamo chi è Matteo Messina Denaro, l'ultimo boss di Cosa nostra.

Gli inizi della carriera criminale - Nato il 26 aprile del 1962, l’ex ragazzo rampante, figlio del capo-mandamento di Castelvetrano, è un predestinato. Figlio di Don Ciccio Messina Denaro, il potente alleato dei corleonesi che, assieme al Mazarese Mariano Agate aiutò a sterminare tutti gli avversari di cosa nostra trapanese, i Rimi di Alcamo, i minore di Trapani e le famiglie mafiose di Marsala e di Castellamare. Insieme al padre, è ufficialmente un bracciante della tenuta agricola della famiglia D’Alì Staiti, proprietari della Banca Sicula. Il giovane Messina Denaro appena diciottenne entra nella guerra di mafia di quegli anni venendo coinvolto in diversi delitti a Partanna, Marsala e Alcamo. E’ così forte e stretto il rapporto con Riina che si affida a lui quando ha necessita di nascondere il proprio tesoro e Matteo si rivolge ad un suo amico gioielliere, Francesco Geraci.

I delitti - Il suo padrino di cresima è Antonino Marotta, coinvolto nella vicenda di Salvatore Giuliano. Nel 1989 Messina Denaro viene denunciato per associazione mafiosa, poiché si ritiene sia coinvolto nella faida tra i clan Accardo e Ingoglia di Partanna. Ricopre di fatto il ruolo di capo della cosca di Castelvetrano e del relativo mandamento, alleato dei Corleonesi già dalla prima guerra di mafia, negli anni Ottanta. Nel 1992 è tra gli esecutori materiali dell’omicidio di Vincenzo Milazzo, capo della cosca di Alcamo, dopo che questi inizia a mostrarsi insofferente all’autorità di Totò Riina. Pochi giorni dopo, uccide anche la compagna di Milazzo, incinta di tre mesi.

Boss contemporaneo e tecnologico - Matteo Messina Denaro è un boss atipico. A differenza degli altri è ateo, lo scrive lui stesso in alcuni suoi scritti. E a differenza di boss come come Riina e Provenzano ama le auto sportive e il lusso in generale. Porta abiti firmati e il rolex al polso e prima di diventare invisibile molti lo ricordano in giro al volante di una Porsche, ma anche di Mercedes e Bmw. Altra passione del boss sono i videogiochi, mentre è quasi certo che il boss per comunicare con i suoi uomini senza paura di essere intercettato, sia stato uno dei primi ad utilizzare skype.

Il periodo stragista - Quando lo stesso Riina ordina di uccidere il giudice Giovanni Falcone, manda Matteo a Roma per pedinarlo e ucciderlo, salvo poi decidere che Falcone doveva essere ucciso in maniera eclatante, per dimostrare la forza di Cosa nostra. E così avviene, prima a Capaci e poi un mese dopo in via D’Amelio con la strage che procurò la morte di Paolo Borsellino e i cinque agenti di scorta. A settembre di quello stesso anno, il 1992, assieme ad un commando di fuoco cerca di uccidere il vice questore Rino Germanà che però si salva, riportando una ferita di striscio alla testa. Dopo un inseguimento al lungomare di Mazara, il poliziotto scende dall’auto e si confonde tra i bagnanti e poi in mare salvandosi la vita. Il 15 gennaio del 1993 l’arresto di Riina, e secondo alcune ricostruzioni, Messina Denaro era proprio con lui quella mattina e solo per un nulla è scampato all’arresto. A quel punto dopo l’arresto di Riina inizia l’affondo di Cosa Nostra al cuore dell’Italia e al suo patrimonio artistico-culturale con gli attentati di Roma, Milano e Firenze e Messina Denaro approva quella strategia stagista.

Sequestro e uccisione Giuseppe Di Matteo - Nel 1993 è tra gli organizzatori del sequestro del piccolo Giuseppe Di Matteo, che viene brutalmente strangolato e sciolto nell’acido. Organizza nel 1994 un attentato contro il pentito Toruccio Contorno. Diviene nel 1998, dopo la morte del padre Francesco, capomandamento di Castelvetrano e rappresentante della provincia di Trapani in Cosa Nostra.

La Latitanza - Dal 2 giugno del 1993 inizia la latitanza, anche all’estero, molto probabilmente in Nord Africa. Messina Denaro riduce i rapporti con i suoi uomini e inizia ad utilizzare un sistema, quello dei pizzini, via via sempre più perfezionato. Inizia, insomma, quella sommersione e invisibilità che sarà alla base della trasformazione di Cosa Nostra favorita anche da una serie di coperture “istituzionali”, tra politici, imprenditori e uomini dello Stato. Nell’estate del 1993, Matteo Messina Denaro va in vacanza a Forte dei Mari con Filippo e Giuseppe Graviano: da quel momento si rende irreperibile, dando il via alla sua latitanza. Le forze dell’ordine emettono nei suoi confronti un mandato di cattura per associazione mafiosa, omicidio, strage, devastazione, detenzione e porto di materiale esplosivo, furto e altri reati minori.

La prima condanna all'ergastolo - Con l’operazione Petrov del marzo 1994, scaturita dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Pietro Scavuzzo, emerge il suo ruolo all’interno di Cosa Nostra trapanese. Emerge ancora di più con l’operazione Omega, portata a termine nel 1996. Nel 2000, alla conclusione del maxi-processo “Omega” che scaturisce dall’operazione, Messina Denaro riceve una condanna in contumacia alla pena dell’ergastolo.

Gli affari del boss – Coincide con l’inizio della latitanza l’ascesa imprenditoriale di Matteo Messina Denaro. Oltre ai tradizionali settori in cui Cosa Nostra opera, come il controllo del traffico di droga - Messina Denaro ha contatti anche con i cartelli sudamericani della droga - il boss inizia a sviluppare tra i tanti suoi affari quello nel settore della grande distribuzione e nelle energie alternative. I soldi sporchi del malaffare diventano supermercati e centri commerciali. Socio e prestanome del boss castelvetranese è Giuseppe Grigoli, il “re dei supermercati”, titolare del Gruppo 6GDO, un colosso della grande distribuzione che gestiva i supermercati Despar e il centro commerciale Belicittà. Grigoli, socio e prestanome di Messina Denaro, ha iniziato la sua attività con una piccola bottega nel 1974, con la protezione del boss è riuscito a mettere insieme un impero da 750 milioni di euro. Altro grande affare, è l’energia alternativa, in particolare l’eolico. I suoi uomini più stretti sono riusciti ad infiltrarsi nella realizzazione dei più grandi parchi eolici della Sicilia occidentale. 

Indagini - Il collaboratore di giustizia Vincenzo Sinacori dichiara che nel 1994 Messina Denaro si è recato in una clinica oculistica a Barcellona, in Spagna, per curare una forte miopia. Nel 2004 il SISDE tenta di individuarlo attraverso Antonino Vaccarino, ex sindaco di Castelvetrano, ma l’operazione non va a buon fine. Nel giugno 2009 gli agenti del Servizio centrale operativo e delle squadre mobili delle questure di Trapani e Palermo conducono l’operazione denominata “Golem”, che porta all’arresto di tredici persone tra mafiosi e imprenditori trapanesi, accusati di favorire la latitanza di Messina Denaro. In seguito, nel marzo del 2010, la DDA di Palermo coordina “Golem 2”: tra gli arrestati c’è anche il fratello del latitante, Salvatore Messina Denaro. Il collaboratore di giustizia Manuel Pasta dichiara che Matteo Messina Denaro, nonostante arresti e ricerche, avrebbe visto la partita di calcio Palermo-Sampdoria allo stadio Renzo Barbera il 9 maggio 2010.

I sodali e la condanna per le Stragi di Capaci e Via D'Amelio - Tra i tanti arresti a marzo 2018 c'è l’arresto di 12 soggetti ritenuti esponenti di Cosa Nostra che avrebbero provveduto al mantenimento di Messina Denaro. Nello stesso anno gli agenti arrestano Leo Sutera, ritenuto suo amico e considerato a capo della mafia di Agrigento, condannato 18 in appello a 18 anni di carcere. Secondo le dichiarazioni di un pentito, Matteo Messina Denaro si sarebbe sottoposto a un intervento di chirurgia plastica al volto per non essere riconoscibile. Un altro informatore, invece, sostiene che si sia fatto anche una plastica ai polpastrelli e che abbia problemi di salute. I filoni delle indagini sono molti e portano in diverse città, come Roma e Milano. A giugno del 2020 avvengono numerosi arresti di fiancheggiatori di Messina Denaro. Ad ottobre del 2020 riceve una condanna all’ergastolo dalla Corte D’Assise di Caltanissetta per essere stato uno dei mandanti delle stragi di Capaci e Via D’Amelio.

Le donne - Messina Denaro è sempre stato uno sciupafemmine ed è diverso dai vecchi boss che prendevano moglie da giovani. Il figlio di don Ciccio Messina Denaro partecipa da giovane ai festini dell’alta società palermitana con donne altolocate e anche un po’ avanti con l’età. Ma è a Castelvetrano, in particolare sulla spiaggia di Marinella di Selinunte, dove si trova la struttura alberghiera Paradise Beach, che incontra uno dei sui amori più grandi Andrea "Asi" Haslehner. Una bellissima ragazza austriaca, che in estate lavora alla reception di quell’albergo, e per la quale perde talmente tanto la testa da far uccidere Nicola Consales, il giovane vice direttore dell’albergo, innamorato di Asi.

Prima di iniziare la latitanza nel giugno del 1993, Messina Denaro ha una relazione con una donna di Mazara, Sonia M.. A lei scriverà che dovrà allontanarsi e che non potrà spiegare quella scelta.

Iniziato il periodo della latitanza, Messina Denaro ha una relazione che si può definire “stabile” con Franca Alagna, la donna che il 17 dicembre del 1995 ha dato alla luce la figlia del boss, Lorenza. Nonostante sia diventato padre, le abitudini non cambiano, e nel 1996, Matteo Messina Denaro ha una relazione con una donna palermitana, Maria Mesi, sorella della segretaria di Michele Aiello, il re della sanità e delle cliniche siciliane e prestanome di Bernardo Provenzano. La ragazza è più giovane di tre anni e lo adora. Gli invia lettere, gli regala profumi e i videogiochi di ultima generazione. Si incontrano in un appartamento alla periferia di Palermo e in una villetta a Bagheria.

E infine, secondo uno degli ultimi avvistamenti, Messina Denaro si trovava nel 2003 a Valencia, in Venezuela. Alcune testimonianze lo raccontano in compagnia di una donna, bellissima, straniera e silenziosa.