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02/02/2023 06:00:00

Messina Denaro, le indagini sulle amanti e le carte d'identità. La DIA al Comune di Alcamo

 L’imprenditrice, l’insegnante, l’ex amante. Gli investigatori per ricostruire la latitanza, e la rete che l’ha permessa, di Matteo Messina Denaro, stanno seguendo diverse piste. Tra queste c’è quella delle donne, delle relazioni che il boss avrebbe avuto in questi anni di latitanza.

Tra vecchie e nuove fiamme.
Nei giorni scorsi è stata, infatti, perquisita la casa di Maria Mesi, amante di Messina Denaro negli anni 90, che è stata già in carcere nei primi anni 2000. Gli investigatori hanno ispezionato la sua casa di Bagheria, città in cui, tra l’altro, Messina Denaro trascorse un periodo della sua latitanza. Proprio in quel periodo si era vicini alla cattura del boss di Castelvetrano, poi qualcuno lo avvisò, Messina Denaro è scappato, e gli investigatori trovarono in casa le sue cose, le sue consolle, gli abiti firmati.
Maria Mesi riferisce di non essere indagata. “Non ho bisogno di prendere un avvocato, non sono indagata”. Anche se in questi giorni è stata “attenzionata” dagli investigatori che stanno indagando sui favoreggiatori.

Una vecchia fiamma Maria Mesi. Poi ci sono i nuovi flirt, quelli che avrebbe avuto MMD a Campobello di Mazara.


Il Corriere Della Sera racconta di un'imprenditrice che gestisce un locale alla periferia di Campobello. Una bella donna sui 60 anni, separata e madre di una figlia, che in paese non passa certo inosservata. Mercoledì scorso è stata convocata nella caserma di Campobello dai carabinieri del nucleo investigativo di Trapani ed è stata ascoltata, proprio per dare spiegazioni sulla vera o presunta relazione con il boss. Ma lei ha smentito seccamente: “Mai avuta alcuna relazione". E quando l’ufficiale dell’Arma le ha dell’auto di lusso che a Campobello non hanno in tanti, lei ha replicato secca: “Faccio l’imprenditrice, è tutto frutto del mio lavoro di anni”.


Tra le amanti del boss di Cosa Nostra c’è anche un insegnante. La donna anche lei come l’imprenditrice e Maria Mesi non più giovanissima ha ammesso la relazione con Messina Denaro. “Andava avanti da oltre due anni, ma non sapevo che fosse Messina Denaro”, ha dichiarato ai carabinieri. Nessuna delle due, nonostante quanto è stato detto in questi giorni, si è presentata spontaneamente in caserma, ma sono state convocate. È stato redatto un verbale delle loro dichiarazioni, anche se non sono indagate. Inoltre i militari non hanno ritenuto opportuno, almeno in questo momento, perquisire le loro abitazioni.

Gli agenti della Direzione investigativa antimafia di Trapani, invece, ieri hanno fatto visita al Comune di Alcamo. Esattamente all’ufficio anagrafe e carte d’identità. Qui siamo nel filone delle identità false di cui avrebbe beneficiato almeno negli ultimi 15 anni MMD.

Gli agenti, rimasti negli uffici per alcune ore, hanno acquisito documenti, certificazioni e fotografie. Al termine del blitz la DIA ha portato via alcune foto e numerosi cartellini di carte d’identità. I cartellini, in pratica, sono quei documenti che rimangono negli archivi del Comune e che riguardano le carte d’identità emesse. Uno dei documenti con cui Matteo Messina Denaro sarebbe andato in giro era una carta d’identità regolare rilasciata proprio dal comune di Alcamo nei primi anni 2000, intestata ovviamente a un’altra persona ma con la fotografia del boss.

Indagini quindi non soltanto sui due furti al comune di Trapani nel 2015 e nel 2018 ma anche su alcune attività dell’ufficio anagrafe del comune di Alcamo e, probabilmente, anche di altri comuni del trapanese. Le carte d’identità che vennero rubate nel capoluogo trapanese erano tutte in bianco.
Secondo gli investigatori sarebbero state poi compilate con le generalità dei cinque campobellesi. Ai documenti, poi, sarebbero state aggiunte le foto di Messina Denaro e il timbro originale del comune di Campobello. Ma dei furti a Trapani ne abbiam parlato ieri, in questo articolo, spiegando che soprattutto sull’ultimo colpo le possibilità che possa c’entrare con Messina Denaro sono praticamente nulle, perchè la refurtiva venne trovata poche ore dopo, e gli autori arrestati. Storia diversa, invece, per il furto del 2015 al Comune di Trapani, per il quale non ci sono ancora risposte. Anche lì sono state rubate carte d’identità, non sono mai state trovate.