E’ un ritorno al passato, agli accordi storici tra Cosa nostra e ‘Ndrangheta per spartirsi il traffico di droga tra Sicilia e Calabria. Ruota attorno alle due famiglie mafiose dei Barbaro, potente 'ndrina di San Luca in Calabria e la famiglia dei Fascella, storici gestori dello spaccio nel quartiere palermitano Guadagna, l’accordo che permetteva un giro d'affari da dieci milioni di euro all'anno con il traffico di cocaina, scoperto dall’operazione “Cagnolino” degli uomini della Guardia di Finanza di Palermo che, martedì hanno arrestato 21 persone e sequestrato 50 chili di cocaina che avrebbe fruttato ai due gruppi criminali 4 milioni di euro. Oltre alla piazza di spaccio di Palermo, la droga era destina anche al Trapanese, e come abbiamo già raccontato su Tp24, in particolare a, Mazara del Vallo.
Chi sono gli arrestati – Questi i nomi degli arrestati, finiti nell’ordinanza cautelare firmata dal gip Lirio Conti. Giuseppe Barbaro, 43 anni di Platì, Pasquale Barbarò, 33 anni di Platì, Giuseppe Fascella, Salvatore Fascella, fratelli gemelli di 50 anni di Palermo, Veronica Cusumano, 43 anni di Palermo, Salvatore Orlando, 60 anni di Palermo, Denise Vincenza Bonanno, 33 anni di Palermo, Antonino Pilo, 32 anni di Palermo, Enzo Logioia, 53 anni di Castelnuovo Scrivia ( Alessandria), Rocco Pizzinga, 48 anni di Casignana (Reggio Calabria), Francesco Reitano, 47 anni di Catania, Gaetano Capizzi, 53 anni di Palermo, Maria Rosa Cardinale, 45 anni di Palermo, Giuseppe Cusumano, 53 anni di Palermo, Marilla Di Majo, 47 anni di Mazara del Vallo, Maddalena Fascella, 57 anni di Palermo, Alessandro Genuardi, 44 anni di Palermo, Giovanni Mirabella, 43 anni di Catania, Mario Vito Orlando, 58 anni di Palermo, Gaspare San Severino, 50 anni di Villabate. Arrestato anche Pasquale Varone, 35 anni di Melicucco, al momento del blitz non era reperibile I finanzieri lo hanno fermato nel porto di Bari al rientro dalla Grecia
I vecchi boss tornano a fare affari con la droga - Dei fratelli Fascella, Pietro e Francesco, si erano occupati i giudici Falcone e Borsellino nei primi anni Ottanta, adesso sono Giuseppe e Salvatore, i figli di Pietro ad avere stretto il patto con i Barbaro, legati ad esponenti di spicco della ‘ndrina di San Luca. Le indagini del procuratore capo Maurizio de Lucia e dall’aggiunto Paolo Guido stanno mettendo in luce un rinnovato protagonismo di personaggi della vecchia mafia. Soprattutto nel traffico di droga. Sono ormai tornati a fare grandi affari i “perdenti” della guerra di mafia di inizio anni Ottanta. Dalla condanna a morte emessa daTotò Riina, sono ora tornati a Palermo a fare la bella vita (con patrimoni mai sequestrati). Nei mesi scorsi sono finiti in manette il boss di Partanna Mondello Michele Micalizzi, 73 anni, genero del boss Rosario Riccobono, e Salvatore Marsalone, 69 anni, il più fidato trafficante di droga di Santa Maria di Gesù, negli anni Settanta e uomo di Stefano Bontate. Le indagini dei carabinieri hanno svelato di un ingente traffico di droga dalla Calabria e dalla Campania. Micalizzi e Marsalone come i Fascella, utilizzavano fidati corrieri per fare arrivare la droga in città. Su furgoncini della frutta, semplici utilitarie, tir. I finanzieri del Gico hanno scoperto che Micalizzi, tornato in libertà dopo 20 anni di carcere, puntava ancora più in alto: era in contatto con un vecchio trafficante palermitano, Michele Mondino, legato anticamente a Stefano Bontate. Grazie ai contatti con questi personaggi Micalizzi puntava a riattivare la pista mediorientale della droga, che passa dall’Iran e dalla Turchia, come avveniva prima dell’avvento dei Corleonesi. Ma i boss “perdenti” sono dietro anche l’altra rotta importante del traffico di droga, quella con il Sud America..
Il pensionato che si è fatto boss, le due coppie di insospettabili - Salvatore Orlando: era ufficialmente solo un bancario in pensione, un incensurato, in realtà era lui e la moglie Veronica Cusimano che trattavano direttamente con i calabresi le partite di droga che arrivavano a Palermo. I due insospettabili erano, in pratica, gli ambasciatori dei Fascella nell’accordo per spartirsi lo spaccio con i calabresi Barbaro. I coniugi hanno anche finanziato il traffico di droga, investendo importanti somme di denaro. «In questo momento ventimila euro te li posso dare», diceva l’ex bancario pensionato a Giuseppe Fascella, che gli diceva rassicurandolo: «Metti qualcosa e poi te li riprendi di nuovo dopo». Il pensionato intratteneva i rapporti con i calabresi: «Quelli più grossi diciamo», diceva a Salvatore Fascella. Per gli investigatori, un chiaro riferimento a Pino Barbaro, il minore dei fratelli Barbaro, ma ritenuto più affidabile: «È meno stravagante dell’altro fratello. Pino è serio». Orlando era sconosciuto agli archivi di polizia, la moglie è cugina di un boss di San Lorenzo. Un’altra coppia di insospettabili aveva, invece, il compito di conservare la droga appena arrivata a Palermo: Antonino Pilo e Vincenza Bonanno, lui è un giardiniere, lei casalinga. Il loro compenso era di 500 euro a settimana per custodire la droga che restava poco a casa loro. Fascella smerciavano subito la cocaina sul mercato palermitano e Mazara.
Boss ma con il reddito di cittadinanza – Tra i 21 arrestati nell’operazione “Cagnolino” in sei prendevano il reddito di cittadinanza (che adesso verrà loro revocato): Giuseppe e Salvatore Facella, la sorella Maddalena, Veronica e Giuseppe Cusimano, Mariella Di Majo. Questa volta, a differenza del passato, scattano i sequestri. Le indagini del Gico hanno fatto scattare i sigilli per alcune società riconducibili ai Barbaro, a Platì, sequestrati anche 11 veicoli, 12 terreni nel comune di Bovalino e un appartamento a Palermo. Si continua a indagare per cercare di individuare il tesoro dei palermitani
Il crack e i giovani palermitani - Distesi sui marciapiedi, non si muovono, sono assenti, con gli occhi chiusi. Sono ridotti così tanti ragazzi che vagano nel quartiere Ballarò a causa del crack da cinque euro. C’è chi non si rassegna a vedere questi giovani in queste condizioni, come don Enzo Volpe e Luisa Murgano. Di recente un’assemblea pubblica sull’emergenza droga con lo slogan “La cura crea indipendenza”, a novembre un corteo nei vicoli di Ballarò per dire no alla droga. C’è una Palermo, infatti, che non si arrende al degrado sociale, che non abbandona i suoi “figli” tossicodipendenti e chiede aiuti alle istituzioni. «Abbiamo intenzione di ampliare la rete coinvolgendo tutte le realtà siciliane impegnate su questo fronte — dice Francesco Montagnani, componente di Sos Ballarò — Il movimento cresce e presto si tornerà a scendere in piazza. Dall’assemblea sono venute fuori tantissime iniziative di sensibilizzazione sul tema rivolte alle scuole e non solo. Il prossimo passaggio sarà coinvolgere oltre al Comune anche la Regione perché servono interventi capillari: sull’Isola non ci sono centri di doppia diagnosi e pochi accolgono minori e donne. Si è costretti a curarsi fuori con un impegno economico enorme. E i serd sono sempre più ridotti all’osso». Venerdì e sabato si parlerà di tossicodipendenza con Sos Ballarò e con i ragazzi del liceo Regina Margherita all’interno della manifestazione “La via dei librai”. La richiesta lanciata mesi fa dal territorio è quella di un centro a bassa soglia a Ballarò. Con questo obiettivo Francesco Zavatteri, papà di Giulio ucciso dal crack a 19 anni, ha messo in piedi i primi di marzo un evento sold out al teatro Massimo da cui ha ricavato circa 30 mila euro.