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29/04/2023 11:27:00

Marsala: torna in libertà Maurizio Spanò, l'infermiere condannato per violenza sessuale

 E’ stato scarcerato, nei giorni scorsi, il 59enne infermiere professionale marsalese Giuseppe Maurizio Spanò, posto agli arresti domiciliari dai carabinieri il 15 marzo 2016 per violenze sessuali su pazienti sedati per esami diagnostici effettuati nello studio medico privato di via Sanità, a Marsala, del gastroenterologo Giuseppe Milazzo, e poi condannato con sentenza definitiva a nove anni e un mese di reclusione (potete leggere qui)

Spanò è stato, infatti, ammesso dal Tribunale di Sorveglianza di Palermo all’affidamento in prova al Servizio sociale, con fine pena fissato al prossimo 24 luglio. Di fatto, la pena gli è stata ridotta a poco più di sette anni. Meno di tre trascorsi in carcere (e cioè dalla sentenza della Cassazione fino ad alcuni giorni fa). Il provvedimento è stato notificato alle vittime (sette quelle individuate) dall’ufficio esecuzioni penali della Procura generale della Corte d’appello di Palermo. Spanò da qualche giorno è già tornato a Marsala. L’11 giugno 2020, la Cassazione aveva reso definitiva la sentenza con cui, il 28 novembre 2018, la terza sezione penale della Corte d’appello di Palermo confermò, aumentando la pena da nove anni di carcere a nove anni e un mese, la condanna che il primo settembre 2017 fu inflitta, in abbreviato, dal gup di Marsala, Riccardo Alcamo.

Nel corso del processo di primo grado, due periti super partes nominati dal giudice (il medico-psichiatra Gaetano Gurgone e la psicoterapeuta Francesca Lombardi) attestarono che l’infermiere, quando agiva, “era assolutamente in grado di intendere e di volere”. E ciò fu confermato anche dai periti ascoltati nel processo di secondo grado. La difesa (avvocati Stefano Pellegrino e Marco Siragusa) puntava, infatti, sulla “parziale” incapacità di intendere e volere dell’imputato, che non è stata riconosciuta dai giudici. Il processo a Spanò è nato dalla riunione di due procedimenti. Quello relativo alla prima denuncia sporta da una donna che si risvegliò dalla sedazione prima del previsto e quello avviato per i sei casi di abusi filmati dalle telecamere successivamente installate dai carabinieri, che il 15 marzo 2016 hanno posto l’infermiere agli arresti domiciliari. Seguirono, poi, altre querele di altri pazienti. In primo grado, per Giuseppe Maurizio Spanò il pm Silvia Facciotti aveva invocato la condanna a 13 anni di carcere. In appello, la pena era stata aumentata di un mese rispetto al primo grado perché l’accusa mise sul tavolo un’altra querela che in primo grado non risultava essere stata presentata.

Severo, nelle motivazioni, il giudizio espresso dai giudici di secondo grado: “Non vi sono elementi seri, concreti ed effettivamente riscontrabili, dai quali evincere una volontà di resipiscenza o di ravvedimento, che possa giustificare una modifica in melius del trattamento sanzionatorio”. Teatro dei fatti contestati: lo studio medico privato di via Sanità, a Marsala, del noto gastroenterologo Giuseppe Milazzo, per anni presidente nazionale dell’Aigo. Due i filoni d’indagine confluiti nello stesso procedimento: quello relativo alla prima denuncia sporta da una donna che si risvegliò dalla sedazione prima del previsto e quello avviato per i sei casi di abusi filmati dalle telecamere poi installate dai carabinieri, che il 15 marzo 2016 hanno posto l’infermiere agli arresti domiciliari. Tra le vittime anche un uomo. Si aggiunsero, poi, diverse altre querele (molte vittime, per l’assistenza legale, si rivolsero all’avvocato Vincenzo Forti). La difesa, come detto, puntava sulla “parziale” incapacità di intendere e volere dell’imputato. Ciò sulla base di una consulenza di parte redatta dallo psichiatra Giuseppe Sartori e dalla psicologa Silvia Spanò. Sia il giudice Alcamo che la Corte d’appello, però, hanno escluso il “vizio parziale di mente”.

Confermato, quindi, fino al terzo grado di giudizio, l’impianto dell’accusa. Ben 25 le parti civili, tra vittime degli abusi sessuali in stato di incoscienza e loro familiari. Nel corso del processo, è venuto fuori pure che sul telefono cellulare di Spanò, nonché nel cluster del computer del dottor Milazzo in uso anche all’infermiere (“Io non so usare il computer” avrebbe detto il medico agli inquirenti), c’erano foto e video relativi ad altre violenze sessuali, complete, su pazienti sedati risalenti addirittura al 2015 e al 2012. O comunque, che sarebbero state “salvate” in quegli anni. Questo, per l’accusa, dimostra, oltre alla “reiterazione” del reato, anche la “premeditazione e la lucidità” dello Spanò. E quando, nel febbraio 2016, i carabinieri perquisirono lo studio medico di Milazzo, trovarono una microcamera installata nel bagno della sala Endoscopie in cui lavorava Spanò. I pazienti, quindi, oltre ad essere abusati, probabilmente venivano anche spiati in momenti di intimità.

Lo scorso novembre, tramite l’avvocato di parte civile Vincenzo Forti, assistito dal collega Vincenzo Giacalone, due vittime hanno fatto ricorso al Fondo nazionale di garanzia per le vittime di violenze e abusi, che, esaminate le richieste e le argomentazioni del legale marsalese, ha riconosciuto un risarcimento danni di 25 mila euro ciascuno. Ovvero, il massimale previsto dalla legge: 5 mila euro in più di quanto riconosciuto dai giudici nei vari gradi di giudizio.