E’ quasi l’ora di cena. Padre Pino Puglisi sta tornando a casa, in piazzale Anita Garibaldi, nel quartiere popolare Brancaccio, alla periferia di Palermo.
E’ il suo 56esimo compleanno. Alle spalle spuntano due uomini. “Padre, questa è una rapina”, gli dice uno dei due, Gaspare Spatuzza. L’altro è Salvatore Grigoli. Sono due fedelissimi del boss Giuseppe Graviano. Spatuzza gli afferra il borsello. Ma quella non è una rapina. Il sacerdote lo guarda, sorride: “Lo avevo capito”. Un colpo di pistola, uno, alla testa. E’ un’esecuzione. La mafia ha ucciso il prete del riscatto di un quartiere che oggi definiremmo “difficile” ma in cui 30 anni fa nessuno poneva fiducia e speranza. Padre Pino Puglisi, invece ci credeva, credeva in una rivoluzione partendo dal basso. Partendo dai ragazzi del quartiere di Brancaccio, per toglierli dalla strada e dal potere soggiogatore della mafia.
Sono passati trent’anni da quel delitto. E’ stata la prima volta che la mafia uccideva un prete.
Era il prete del sorriso, un sorriso scolpito nella memoria dei palermitani come il suo pensiero: “se ognuno fa qualcosa, si può fare molto”.
I killer Per l’omicidio Puglisi vennero condannati come mandanti i fratelli Filippo e Giuseppe Graviano. A svelare i retroscena dell’assassinio sono stati i due killer: Spatuzza e Grigoli, che dopo l’arresto del giugno 1997 iniziò a collaborare con la giustizia, confessando 46 omicidi tra cui proprio quello di don Pino. Nel 2008 è diventato un pentito anche Spatuzza, che racconterà di avere cominciato un percorso interiore di conversione proprio la sera di quell’omicidio. Condannati per l’assassinio di Puglisi sono anche i mafiosi Nino Mangano, Cosimo Lo Nigro e Luigi Giacalone, gli altri componenti del commando che aspettò il prete nei pressi dell’abitazione.
La missione di don Pino Padre Puglisi nel 1990 venne nominato parroco della chiesa di San Gaetano, situata nel quartiere Brancaccio. Un quartiere all'epoca pesantemente influenzato dalla criminalità organizzata, con i fratelli Graviano, legati a Totò Riina e Leoluca Bagarella, che esercitavano il loro controllo. Fu qui che padre Giuseppe Puglisi iniziò la sua coraggiosa battaglia contro la mafia.
La sua missione non era semplicemente quella di tentare di redimere coloro che erano già coinvolti con la mafia, ma piuttosto di impedire ai giovani di cadere in questa trappola. In un contesto sociale e culturale che talvolta faceva sembrare i mafiosi come figure rispettabili e addirittura idolatrate, il sacerdote cercava di dimostrare che il rispetto si guadagna attraverso ideali e valori, nel rispetto assoluto della legge. Attraverso attività e giochi, padre Puglisi cercava di far comprendere ai giovani che potevano costruirsi un futuro senza piegarsi alla criminalità.
Il sacerdote non esitava a rivolgere messaggi diretti ai mafiosi durante le sue omelie, persino sul sagrato della chiesa. La sua missione principale era proteggere i giovani dall'abbraccio della mafia. Senza il suo intervento, molti di loro sarebbero finiti inevitabilmente nelle fila della criminalità. La sua determinazione nel sottrarre giovani alla mafia fu la principale ragione dell'ostilità dei boss, che vedevano in lui un ostacolo alle loro attività illegali. Nonostante una serie di minacce di morte, di cui padre Pino non parlò mai con nessuno, non si fece intimidire e perseverò nei suoi intenti.
Nel 1992, padre Puglisi fu nominato direttore spirituale presso il seminario arcivescovile di Palermo. Ma la sua opera più significativa fu l'inaugurazione, il 29 gennaio 1993, del Centro Padre Nostro a Brancaccio, un luogo dedicato alla promozione umana e all'evangelizzazione.
Beato La causa per il riconoscimento del martirio di don Giuseppe Puglisi è iniziata nel 1998, cinque anni dopo il suo omicidio, su iniziativa del cardinale Salvatore De Giorgi, all'epoca arcivescovo di Palermo. Don Pino Puglisi, ucciso in odium fidei, è stato proclamato beato il 25 maggio 2013 al Foro Italico di Palermo, diventando così la prima vittima della mafia riconosciuta come martire della Chiesa.
Secondo l'arcivescovo di Palermo, monsignor Corrado Lorefice, il martirio in odium fidei di Pino Puglisi rappresenta un'eredità significativa per la Chiesa palermitana. Questo martirio incarna una fede che si manifesta nella vita quotidiana delle persone, dove il Vangelo viene diffuso attraverso la Chiesa missionaria. Il Vangelo non è solo una dottrina, ma una buona notizia che porta speranza e liberazione per tutti gli esseri umani. Questo messaggio è considerato autentico e di grande importanza.
Le commemorazioni Oggi alle 18, in Cattedrale a Palermo viene celebrata una messa dal cardinale Matteo Zuppi, presidente del Cei, concelebrata dall'arcivescovo Corrado Lorefice. Sabato 16 settembre, alle 21, sempre in Cattedrale si terrà il concerto oratorio a cura di monsignor Frisina. Martedì 19 settembre, alle 10 del mattino, sarà deposto un fiore per il beato Pino Puglisi a cui parteciperanno (sempre in Cattedrale) alcune scuole di Palermo.
Per commemorare il trentennale del martirio del Beato Giuseppe Puglisi, il Centro Padre Nostro, fondato da don Puglisi, ha organizzato una serie di incontri che si protrarranno fino a dicembre. Inoltre, è prevista la cerimonia di posa della prima pietra per il nuovo Poliambulatorio a Brancaccio. Queste manifestazioni hanno ricevuto l'alto riconoscimento della medaglia di rappresentanza del Presidente della Repubblica e il patrocinio del Senato italiano.
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