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26/10/2023 06:00:00

Messina Denaro, processo al "postino" Bonafede, parola alla difesa

Riprende oggi il processo ad Andrea Bonafede, ormai noto come il "postino" di Matteo Messina Denaro. Non è l'uomo che ha prestato la sua identità al boss ma un omonimo, cugino, che invece curava alcune pratiche, soprattutto per la malattia del latitante, poi arrestato lo scorso Gennaio e deceduto un mese fa circa.

Secondo i pubblici ministeri Piero Padova e Gianluca De Leo, Bonafede si sarebbe occupato di ritirare le prescrizioni di farmaci ed esami clinici fatti da Tumbarello a nome del cugino, di consegnare al medico la documentazione sanitaria che, di volta in volta, il boss – malato di un tumore al colon – avrebbe ricevuto durante le cure, contribuendo così a mantenere segreta la reale identità di Messina Denaro consentendogli di proseguire la latitanza durata trent’anni e finita con l’arresto lo scorso 16 gennaio nella clinica privata La Maddalena nel quartiere San Lorenzo di Palermo .

Oggi verrà ascoltato il suo legale. Bonafede ha sempre respinto ogni accusa. La mattina della cattura di Matteo Messina Denaro, era nello studio medico dove fino a qualche settimana prima aveva esercitato Alfonso Tumbarello, poi andato in pensione (ed anche lui arrestato) E quel giorno, per l'indagato, "è stata soltanto una bomba che è scoppiata e siamo qua e basta, cioè, dopo il 16 gennaio tutto è stato limpido e chiaro, tutto si è messo alla luce del sole". Ma "se io avessi saputo che dietro a tutta questa storia c'era quello che poi c'è stato, non credo mi sarei prestato perché non vorrei e non volevo essere qui in questo momento, volevo essere a casa con la famiglia... Mi rendo conto della gravità dei fatti, certo, però io non sono un mafioso". Questo ha detto durante il suo interrogatorio, il 9 febbraio scorso, dopo essere stato arrestato per favoreggiamento personale.

E continua: "E' cominciato che mio cugino (Andrea Bonafede, ndr) mi ha praticamente interpellato circa un anno fa... Mi ha detto che aveva un polipo maligno al colon, che si era fatto un intervento a Mazara e che comunque doveva proseguire a La Maddalena e, siccome non aveva detto niente ai suoi famigliari, né ai suoi figli che sono fuori, né a sua sorella, sua madre, suo cognato, se io gli facevo la cortesia di andare a prendere queste ricette in modo che loro non lo incontrassero là... Siamo sempre stati in ottimi rapporti e non mi è sembrato niente di strano... Tutta questa cosa ha assunto un altro aspetto dopo il 16 gennaio sinceramente".

Inizialmente imputato per favoreggiamento aggravato, Bonafede, è accusato di associazione mafiosa.

Sembra infatti che oltre ad avergli “prestato l’identità” per ottenere ricette mediche, fatto per il quale Bonafede era stato chiamato “il postino”, l’operaio nipote del boss Leonardo Bonafede abbia assistito Messina Denaro in almeno due occasioni. In particolare secondo i magistrati nel 2020 avrebbe attivato due sim, poi utilizzate dal latitante.