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23/11/2023 06:00:00

Giustizia riparativa: il Tribunale di Marsala il primo in Sicilia 

 Il Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro della giustizia Carlo Nordio, ha approvato il decreto legislativo che introduce "disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, di attuazione della legge 27 settembre 2021, n. 134, recante delega al Governo per l’efficienza del processo penale nonché in materia di giustizia riparativa".

Agli occhi del cittadino comune impegnato ad arrivare a fine mese tra rincari gas, luce e carburante la notizia potrebbe addirittura non interessare, ma si tratta della cd. riforma Cartabia che direttamente o indirettamente ci riguarderà tutti.

Non si tratta di una mera modifica di norme procedurali ma di un passaggio epocale da una giustizia riparativa “sperimentale” ad un vero e proprio sistema giudiziario penale caratterizzato dalla possibilità di evitare non solo la condanna e la relativa eventuale pena detentiva, ma addirittura anche il processo.

Il Tribunale di Marsala, già nel corso degli anni ritenuto il più efficiente d'Italia, è da oggi anche il primo tribunale in Sicilia (e forse anche l'unico ) ad aver sottoscritto, lo scorso 17 Novembre, protocolli d'intesa con diverse associazioni di volontariato e cooperative sociali operanti sul territorio comunale e della provincia per dare piena ed immediata attuazione al nuovo sistema. Un lavoro certosino che ha richiesto mesi di incontri a livello istituzionale e con operatori del sociale per creare una rete di supporto sul territorio, una complessa e delicata macchina organizzativa che vede muoversi in sinergia autorità pubbliche e enti del terzo settore per la presa in carico dei soggetti ammessi alle misure alternative rispetto alla detenzione in carcere. Più questa rete è presente sul territorio, più lo Stato è presente nel territorio. Questo è già un passo avanti.

Da tempo ci eravamo abituati a sentir parlare dell'istituto della messa alla prova, di sospensione della pena, nonché di lavoro di pubblica utilità che la riforma ha di fatto armonizzato. Lasciamo agli addetti ai lavori i loro incontri e i loto tecnicismi, a noi interessano gli aspetti più pratici.

La riforma Cartabia consente di evitare la condanna ed anche il processo, dicevamo.

Ovviamente si tratta di reati la cui gravità è considerata medio-bassa, ma tradotto in termini sociali questo indica la stragrande maggioranza dei reati. Su come accedere a questi istituti è meglio discuterlo col proprio avvocato: sì,  perché l'avvocato in qualche modo non sarà più un tenace sostenitore di verità e giustizia ma sempre più un “mediatore del conflitto” sin dalle fasi dell'indagine preliminare relegando l'intervento della Procura ad una fase successiva e solo eventuale, ad esempio tutto dipenderà dalla condotta dell'indagato/imputato, che diventa “utente” del servizio penale, e dall'esito della messa alla prova. Quindi il giudice  prima di conoscere il caso per valutare se assolvere o condannare, dovrà invece valutare se il programma di recupero (concordato tra avvocati, vittime, imputati, assistenti sociali e associazioni di volontariato) sia idoneo a garantire il percorso rieducativo, riparatorio e di reinserimento sociale in relazione alla personalità e potenzialità del reo, in collaborazione con la vittima del reato, che non sarà più quasi un'estranea rispetto al processo.

In fondo il condetto di base è pienamente condivisibile: qualsiasi reato non offende soltanto la vittima ma in un certo senso crea un vulnus nei confronti ti tutta la comunità e la pena della detenzione in carcere non appare, o non appare più, adeguata a dare risposte concrete alle esigenze di una società moderna sempre più complessa e differenziata. Allora perchè non differenziare anche le pene attraverso un sistema di sanzioni alternative commisurate di volta in volta, per quanto più possibile, alla personalità e potenzialità del reo? Perché la vittima deve restare quasi un terzo estraneo rispetto al processo o costituirsi parte civile con obiettivi risarcitori e non deve invece avere un ruolo attivo nel percorso di riabilitazione del reo?

Insomma, un così complesso e delicato sistena non poteva e non può essere improvvisato.
Qui non si lavora per la formale applicazione di una norma procedurale, si avrà a che fare coi sentimenti delle vittime, dell'autore del reato che è spesso anch'egli una vittima (di se stesso). Occorrono valutazioni, consulenze, perizie, progetti, programmi. Le nuove frontiere del diritto impongono di ricomporre innanzitutto relazioni umane, lavorare con le fragilità, rimediare fattivamente al torto e per quanto più possibile risarcire il danno, per il privato o per la comunità.

Bene ha fatto il tribunale di Marsala che si riconferma tra i più efficienti in Italia e il primo in Sicilia. Ma nel complesso la situazione generale italiana mostra già i primi segnali d'allarme.

Partiamo dal dato base e cerchiamo di capire cosa si rischia.

In Italia la popolazione cerceraria è rappresentata da circa 60.000 detenuti con un sovraffollamento di oltre 9.000 reclusi. Dall'archivio PEGASO che gestisce gli incarichi effettuati dagli U.L.E.P.E., oggi Ufficio locale esecuzione penale esterna, a favore dell’utenza, dati fino al 2018, pare che in Italia siano stati esplicati circa 55.000 incarichi concernenti le sole misure alternative e circa 40.000 indagini e consulenze. Cioè una movimentazione di quasi centomila fascicoli e per ogni fascicolo bisogna poi compilare le relazioni periodiche da consegnare ai pochissimi magistrati di sorveglianza oltre alle indagini suppletive e quelle delegate agli organi di polizia giudiziaria. Ora, nel 2022 è intervenuta l'introduzione sperimentale della riforma Cartabia, e già nel corso del 2023 il lavoro da affrontare e smaltire sembra essersi addirittura triplicato con punte di circa 30.000 ammessi a misure altrenative e altri 30.000 in lavoro di pubblica utilità. Questi dati in nostro possesso possono essere imparziali, sicuramente vanno discussi e in qualche caso rivisti, ma è innegabile che si tratta di cifre impressionanti che costituiscono un esercito che cresce annualmente in maniera vertiginosa.

Si riconosce allo Stato lo sforzo di aver potenziato gli organici e creato nuove tecniche investigative per la creazione anche in Italia di vere e proprie agenzie di probation con l'applicazione di metodologie di risk assessment derivanti dalle più recenti scienze criminologiche non dimenticando l’istruttoria socio-familiare, e «ogni fonte di informazione online liberamente disponibile», compresi profili dei social network.
Intanto per l'anno 2024 è stato indetto un solo concorso per assistenti sociali.

In generale si ha come l'impressione che lo Stato stia cercando di risparmiare soldi spostando l'azione penale che resta pubblica in una esecuzione della pena che invece sembra sempre di più delegata ai privati. Certo sono strumenti deflattivi della popolazione carcerazia e utili ad evitare forme di recidiva. E va bene così. 
Comunque, il messaggio è chiaro, lo Stato vuole innanzitutto un cambiamento culturale, e gli italiani devono essere meno litigiosi, più consapevoli e responsabili.