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18/01/2024 16:02:00

Sicilia: mafia e usura con interessi al 350%. Colpo ai boss imprenditori

 Affari e usura con tassi al 350%: colpo a Cosa nostra in Sicilia. A infliggerlo l'operazione antimafia "Oleandro". Arrestate 15 persone del gruppo di Picanello, storica branca della famiglia mafiosa Santapaola-Ercolano di Catania. Su delega della procura di Catania, i finanzieri del Comando provinciale, con la collaborazione del Servizio centrale investigazioni sulla criminalità organizzata (Scico), hanno eseguito nelle province di Catania, Caltanissetta, Arezzo, Napoli e Udine a un'ordinanza di misura cautelare nei confronti di 26 indagati.

Il gip ha disposto misure cautelari personali nei confronti di 15 persone (14 in carcere e 1 agli arresti domiciliari), gravemente indiziate, a vario titolo, di associazione a delinquere di stampo mafioso nonché delle condotte, aggravate dal metodo mafioso, di usura, estorsione, traffico organizzato e spaccio di sostanze stupefacenti e riciclaggio di denaro nella forma del reimpiego dei proventi illeciti in attività economiche; il sequestro, finalizzato alla confisca, di 9 attività commerciali a Catania e operanti nel settore dell'edilizia, 81 tra fabbricati e terreni siti in provincia di Catania e Arezzo, 5 auto e disponibilità finanziarie per un valore complessivo di oltre 12 milioni di euro.

L'indagine ha preso avvio da alcune risultanze investigative acquisite nell'ambito di altra operazione delle Fiamme gialle etnee denominata "Tuppetturu". In una conversazione intercettata con alcune persone contigue al clan Cappello, articolazione Cintorino, discutevano delle dinamiche criminali in corso di evoluzione tra i nuovi referenti del gruppo di Picanello. In una prima fase delle indagini sarebbe emersa la figura di Carmelo Salemi, 54 anni, noto come "u ciuraru" (il fioraio), in quanto titolare di un esercizio commerciale di rivendita di piante e fiori sito nel quartiere di Picanello. Insieme ai suoi uomini di fiducia, avrebbe avuto il compito di riorganizzare il gruppo mafioso, falcidiato a seguito di una serie di arresti operati nel tempo. Raggiunto Salemi nel 2020 da un'ordinanza di custodia cautelare in carcere, l'attenzione e' stata rivolta ai suoi possibili successori e, in particolare, a Giuseppe Russo, 47 anni, detto "il giornalista" o "l'elegante", che avrebbe assunto la reggenza.

Uno dei protagonisti di queste attività sarebbe risultato Nunzio Comis, 41 anni, figlio del boss Giovanni, arrestato dal Nucleo Pef della Guardia di finanza di Catania nel 2020 mentre riscuoteva una rata usuraria da parte di un imprenditore. Per svolgere le attività illecite, Comis avrebbe utilizzato un telefono aziendale intestato fittiziamente a un'altra persona, facendosi chiamare "Melo" durante le conversazioni per evitare di essere facilmente identificato.

Inoltre, avrebbe fatto uso di un noto bar situato nel quartiere Picanello come punto di incontro per la riscossione delle rate da parte degli indebitati. Gli importi sarebbero stati consegnati a "Lorenzo", successivamente identificato nell'indagato Lorenzo Antonio Panebianco, 24 anni, dipendente del bar. Altri indagati attivi nell'usura sarebbero stati Giuseppe Gambadoro, Corrado Santonocito, 61 anni, e Biagio Santonocito, 33 anni.

Emersa l'esistenza di una cassa comune in cui far confluire i proventi delle attività illecite e da cui attingere per supportare economicamente gli affiliati detenuti o ex detenuti da poco usciti dal carcere e le relative famiglie, sostenendone pure le spese di viaggio in occasione delle trasferte per i colloqui, erogare gli stipendi, pagare gli onorari degli avvocati difensori degli affiliati stessi, reinvestire in altre attività criminali. Vi sarebbe stata anche una contabilità - chiamata "la carta" - composta da appunti scritti recanti i creditori e debitori del sodalizio nonchè i guadagni e le spese sostenute.

Il riciclaggio dei proventi illeciti sarebbe stato infine assicurato da Fabrizio Giovanni Papa, imprenditore attivo nel settore dell'edilizia, ritenuto particolarmente legato al gruppo di Picanello e a Salemi, al quale avrebbe messo a disposizione le proprie società per il riciclaggio di ingenti quantità di contanti provento delle attività criminali del clan. E difatti numerosi cantieri avviati dalle società di Papa sarebbero sorti mediante gli investimenti dei proventi illeciti dell'associazione mafiosa. L'attività investigativa si inquadra, viene spiegato, "nel più ampio quadro delle azioni svolte dalla procura della Repubblica di Catania e dalla guardia di finanza volte al contrasto, sotto il profilo economico-finanziario, delle associazioni a delinquere di tipo mafioso e della mafia imprenditrice, anche al fine di evitare i tentativi, sempre più pericolosi, di inquinamento del tessuto imprenditoriale e di partecipazione al capitale di imprese sane".