Guardatela, dice uno, c’è più gente dietro di lei che appresso la santa. È proprio così: la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, è stata nel fine settimana a Catania, in una sorta di visita lampo un po’ a sorpresa e un po’ annunciata, con quei protocolli un po’ così e quella confusione un po’ così che abbiamo noi che siamo la destra di governo. Destra che in Sicilia vuol dire tanta roba, ma che a Catania è tanta roba al cubo, con un mix di sacro e profano (il sacro, ovvio, è la politica) dal momento che la visita di Meloni ha coinciso con la giornata clou dei festeggiamenti di Sant’Agata, vergine e martire, patrona amatissima.
La cosa, ai catanesi gelosissimi della loro santa, non è piaciuta molto, tant’è che quando la premier ha fatto capolino dal balcone di Palazzo degli Elefanti, sede del Comune, dalla piazza Duomo gremita nell’attesa degli immancabili fuochi “da Sira o Tri” (cioè della sera del 3 febbraio) ci sono stati anche dei fischi, non fosse altro per il ritardo al programma della serata, dovuto all’ospite d’onore. Gli insulti, invece, volavano dalle strade del traffico paralizzato per fare passare il corteo della premier e del suo seguito, in una città già caotica di suo.
Ma cosa è venuta a fare Giorgia Meloni a Catania? Tante cose, alcune a favore di telecamere, altre con più discrezione. Tra gli appuntamenti in diretta streaming, la visita alla gigafactory 3Sun del gruppo Enel. È la più grande fabbrica di celle solari in Europa e con i fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza, novanta milioni di euro, avrà un ulteriore potenziamento con la costruzione di un nuovo stabilimento per la produzione di pannelli fotovoltaici.
Poi, l’annuncio, per rispondere alle polemiche e ai mal di pancia anche nel centrodestra sulla sottrazione di risorse importanti alla Sicilia da dirottare alla realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina. Nelle prossime settimane verrà presentato il nuovo accordo di sviluppo e coesione con la Sicilia, «che sarà – promette Meloni – tra i più rilevanti dal punto di vista finanziario per sostenere le opere strategiche». Per la Sicilia sono destinati quattro miliardi. Ma dovevano essere sei, prima che il governo, nell’ultima finanziaria, con un emendamento infilato un po’ a sorpresa, ne impegnasse ben due per finanziare la realizzazione del famigerato Ponte sullo Stretto, in quello che lo stesso Renato Schifani ha definito «un furto». Meloni aggira le polemiche, perché per la premier il problema è che la Sicilia e il Sud non sanno spendere i soldi: «Dei centoventisei miliardi complessivi per il Mezzogiorno nella programmazione 2014-2020, ne sono stati spesi appena quarantasei. Ci lamentiamo che non ci sono abbastanza risorse ma c’è un altro problema: a volte le risorse non vengono spese». Quindi, li spendiamo noi per voi, come si fa per le persone che hanno la tutela.
Siccome la politica è forma, in tanti, più che all’agenda e ai discorsi, guardavano codazzi e accompagnatori, imbucati e invitati. Perché a nessuno è sfuggito che la visita di Meloni serviva anche a mettere ognuno al proprio posto nel centrodestra siciliano.
Breve riassunto della situazione: in settimana, la legge salva-poltrona che mirava a rimuovere le condizioni di ineleggibilità di tre deputati regionali di Fratelli d’Italia è stata impallinata dagli altri partiti della maggioranza. I tre hanno le ore contate, e dovranno lasciare posto ai primi dei non eletti, con Fratelli d’Italia che perderà il primato di primo gruppo all’Ars. Come rappresaglia, i meloniani hanno disertato le sedute della Giunta. Il presidente Renato Schifani non ha detto bic, ormai ci è abituato. Qualche settimana prima era stato proprio lui a subire il fuoco amico del ministro della Protezione Civile, meloniano e siciliano, Nello Musumeci – che ha negato i ristori alla Sicilia per i gravi danni degli incendi dell’ultima estate. Questo, giusto per dire il clima che si respira nel centrodestra. C’è da accendere più di un cero a Sant’Agata.
Ecco perché viene Meloni. Per rafforzare i ranghi di un partito che a Catania comanda in pratica dappertutto, e che ha bisogno del conforto della vera santa, Giorgia. E quindi, abbrazza e vasa con Musumeci, che la viene a prendere fin in aeroporto, accoglienza festosa con tanti amici del partito, sgusciante stretta di mano con Renato Schifani.
Il corteo di eccellenze e signorie vostre si sposta poi in piazza, per la festa di Sant’Agata. Dalle 18.30 fino alle 20 Meloni prima sfila con la figliola tra le persone dietro le transenne che la osannano, quasi fosse la superospite dell’incombente Festival di Sanremo, poi sale al palazzo comunale rimesso a nuovo per l’occasione e assiste dal balcone centrale del municipio al concerto dell’orchestra e del coro del teatro Massimo Bellini, con tutto lo stato maggiore di Fratelli d’Italia in Sicilia. Schifani già non c’è più (i due, secondo le veline ufficiali, avrebbero avuto un «colloquio cordialissimo»). All’interno, aperitivo rinforzato, e gran ressa per un sorriso, un selfie, e qualche capannello appartato per fare il punto con assessori regionali e parlamentari di ogni ordine e grado. Lascia anche una dedica nel libro degli ospiti: «Nel giorno in cui si celebra Sant’Agata, in quella che è un’antichissima tradizione di fede e identità, il mio auguro a questa splendida città per un futuro all’altezza della sua storia». Una firma sbrigativa, perché alle 20.15 deve prendere l’aereo per Tokyo.
Intorno, intanto, accadono cose. Continua la protesta dei trattori, che bloccano strade, circonvallazioni e linee ferrate. Un movimento che si unisce a quello di altri agricoltori in Italia e in Europa (con la differenza che, magari, in Sicilia a bloccare le strade non c’è gusto, perché spesso sono già interrotte a prescindere…). È per questo che Meloni da Catania annuncia: «Le risorse dedicate al mondo degli agricoltori, che per noi è particolarmente importante, passano da cinque a otto miliardi di euro».
Nelle stesse ore arriva anche la terribile notizia di una ragazzina brutalmente violentata e torturata da alcuni coetanei nei giardini di Villa Bellini, nel cuore della città di Catania. Evento che crea «turbamento» nella premier, e sconcerto in città, ma che non impedisce festeggiamenti e fuochi d’artificio. Chissà cosa ne penserebbe la martire Agata, anche lei torturata, giovanissima.
Sappiamo cosa ne pensa la Lega, che subito dopo la notizia attacca il Sindaco di Fratelli d’Italia Enzo Trantino. Fatti come quelli di Villa Bellini accadono, dice una nota del partito di Salvini, «quando ci si improvvisa amministratori locali per soddisfare il proprio ego senza sentire la missione del servizio al cittadino». Meloni è appena partita, e la coalizione è tornata a litigare.
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