Stop al genocidio. Abbiamo realmente il diritto di manifestare?
Stanno facendo scalpore le notizie e i video riguardo le manifestazioni nazionali per la Palestina di venerdì 23 febbraio a Pisa, Firenze, Catania ed altre città d’Italia. Il caso mediaticamente più eclatante risulta essere quello di Pisa, dove venerdì mattina un corteo composto da studentesse e studenti, anche minorenni, è stato bloccato e caricato dalla polizia a suon di manganellate.
Oltre allo sdegno e alla rabbia che queste immagini possono e dovrebbero suscitare, è giusto fare una riflessione sul diritto di manifestare che lo Stato italiano “ci concede” al giorno d’oggi.
Sono due gli articoli della Costituzione italiana che voglio prendere in considerazione, il 17 e il 21: il primo recita che “I cittadini hanno diritto di riunirsi pacificamente e senz'armi. Per le riunioni, anche in luogo aperto al pubblico, non è richiesto preavviso. Delle riunioni in luogo pubblico deve essere dato preavviso alle autorità, che possono vietarle soltanto per comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica”, il secondo che “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”. Questi due articoli mi sembrano complementari, dato che uno non può escludere l’altro: se le persone, in Italia, hanno il diritto di manifestare vuol dire che in nuce è presente un dissenso rispetto alle istituzioni, così come se ognuna e ognuno ha libertà di avere un proprio pensiero critico ne consegue che ne ha anche la possibilità di esprimerlo. Ma è davvero così?
Come accade più spesso di quanto pensiamo, la Costituzione italiana può anche rimanere inapplicata. Un eclatante esempio è la classica commemorazione davanti all’ex sede del Movimento Sociale Italiano in via Acca Larentia accaduta il 7 gennaio di quest’anno, una parata fascista con centinaia di saluti romani sincronizzati alla perfezione: la XII disposizione transitoria e finale della Costituzione, però, dice che “È vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista”. Allora la domanda logica da porsi è: perché le forze dell’ordine non erano nemmeno presenti a visionare la commemorazione del 7 gennaio ed invece venerdì hanno pestato dei ragazzini disarmati che hanno alzato le mani in cielo dopo aver visto la polizia con i manganelli in mano?
La risposta sta nella mancanza di libertà di espressione, nella mancanza di libertà di poter esprimere il proprio dissenso rispetto alle decisioni ed alle scelte delle istituzioni nazionali. Nel caso specifico di ieri, decine di migliaia di persone sono scese in molte vie e piazze d’Italia per manifestare contro l’appoggio, presente per motivi principalmente economici, più o meno silenzioso dello Stato italiano al genocidio eseguito da Israele attualmente in corso in Palestina. La repressione fisica, attuata dalle forze dell’ordine, è stata un tentativo da parte dello Stato di far tacere un’opinione che è in disaccordo con le istituzioni: quindi, possiamo dire che venerdì 23 febbraio, come avvenuto anche durante il G8 di Genova del 2001 e molte altre volte, gli articoli 17 e 21 della Costituzione italiana sono stati esautorati del proprio significato.
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