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05/03/2024 00:00:00

Il Presidente Mattarella, la Meloni e la riforma sul premierato

 Meloni e Mattarella. Non per fare dietrologia, ma è utile fare un viaggio a ritroso nel tempo a fine gennaio 2022, quando una classe politica inadeguata chiese, pregandolo, disponibilità al palermitano già pronto al trasloco, con i pacchi imballati, di essere rieletto al Quirinale.

Dopo un impasse durato sette votazioni e avere bruciate due candidature al femminile, Casellati e la Belloni - quest'ultima diplomatica e attuale direttrice del dipartimento delle informazioni per la sicurezza, motivo ufficiale per il quale Renzi si oppose alla sua elezione, ma questa è un'altra storia -, il fratello di Piersanti fu rieletto con 759 voti, non fu votato anche dalla Meloni & Company, al secondo posto con più preferenze dopo Sandro Pertini che ne raccolse 823.

D'altronde, correva l'anno 2018, allorquando Fratelli d'Italia chiedeva le sue dimissioni per introdurre il presidenzialismo, adesso annacquato nella forma, ma non nella sostanza con il premierato. Dopo i fatti di Pisa, l'intervento del Presidente della Repubblica -PdR- e l'affermazione che l'uso sugli studenti dei "manganelli è un fallimento" e sul quale la Presidente del Consiglio aveva dichiarato: "Pericoloso togliere il sostegno delle istituzioni alle forze dell'ordine", poi in visita a Toronto: nel mirino non c'era il Presidente della Repubblica, con cui il rapporto è "ottimo", ma la sinistra, che cerca di aprire "una crepa" fra Palazzo Chigi e il Colle "per fare una campagna contro il premierato e per un interesse di partito", ciò a chiarimento sulle affermazioni rese sugli avvenimenti nella città di Fibonacci.

A questo giro la stampa "assertiva" con Draghi è salva. Sicuramente non lo è la funzione del Capo dello Stato, nonostante le rassicurazioni di Giorgia sulla riforma "volutamente non tocca i poteri del Capo dello Stato, perché so che il Presidente Mattarella è una figura di garanzia, è un'istituzione unificante". A tal proposito però esiste un "vulnus" ed è l'articolo 4 del testo sul premierato, approvato all'unanimità dal Consiglio dei Ministri, che dispone: All'articolo 94 della Costituzione sono apportate le seguenti modificazioni. Il terzo comma è sostituito dal seguente: "Entro dieci giorni dalla sua formazione il governo si presenta alle Camere per ottenere la fiducia. Nel caso in cui non venga approvata la mozione di fiducia al governo presieduto dal Presidente eletto, il Presidente della Repubblica rinnova l'incarico al Presidente eletto di formare il governo.

Qualora anche quest'ultimo non ottenga la fiducia delle Camere, il Presidente della Repubblica procede allo scioglimento delle Camere"; inoltre, "al terzo comma si aggiunge il seguente:"In caso di cessazione dalla carica del Presidente del Consiglio eletto, il Presidente della Repubblica può conferire l'incarico di formare il governo al Presidente del Consiglio dimissionario o ad un altro parlamentare che è stato candidato in collegamento al Presidente eletto, per attuare le dichiarazioni relative all'indirizzo politico e agli impegni programmatici su cui il governo del Presidente eletto ha ottenuto la fiducia. Qualora il governo così nominato non ottenga la fiducia e negli altri casi di cessazione dalla carica di Presidente del Consiglio subentrante, il Presidente della Repubblica procede allo scioglimento delle Camere".

Il Sofisma costituzionale è imbandito, perché il primo comma dello stesso articolo afferma: "Il Governo deve avere la fiducia delle due Camere". Quale debba essere ad oggi lo stabilisce il Parlamento, ed è per questa ragione che il PdR avvia la prassi costituzionale delle consultazioni, riportata anche dal sito web della Presidenza del Consiglio dei Ministri alla voce "formazione del Governo" asserisce che nella preparazione dell'esecutivo: "Questa fase consiste essenzialmente nelle consultazioni che il Presidente svolge, per prassi costituzionale, per individuare il potenziale Presidente del Consiglio in grado di formare un governo che possa ottenere la fiducia dalla maggioranza del Parlamento".

Prassi che nel diritto costituzionale è così illustrata: È costituita da una serie di comportamenti con cui gli organi costituzionali svolgono concretamente le funzioni loro affidate. Da essa derivano solo determinate norme di comportamento seguite dagli organi costituzionali dello Stato. Non si tratta di norme giuridiche vere e proprie, ma di norme di opportunità, spontaneamente osservate dagli organi costituzionali nello svolgimento delle loro funzioni. Alla luce dei fatti narrati, non necessita essere Zagrebelsky, Cassese o Temistocle Martines, per comprendere che la "figura di garanzia, è un'istituzione unificante", di Mattarella in quanto Presidente della Repubblica viene depapeurata nei suoi poteri dalla madre di tutte le riforme agognate dalla Meloni.

Vittorio Alfieri

 



L'Alfiere | 2024-12-12 00:00:00
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