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28/07/2024 06:00:00

Chi è Rosalia Messina Denaro, custode dei segreti del fratello

 Lo scorso 11 luglio il gup di Palermo, Clelia Maltese, ha condannato a 14 anni di carcere Rosalia Messina Denaro, sorella del boss castelvetranese arrestato il 16 gennaio dello scorso anno nei pressi della clinica palermitana La Maddalena e morto il 25 settembre all'ospedale de L'Aquila. Accusata di associazione mafiosa aggravata e ricettazione. Il processo si è svolto col rito abbreviato. La donna è in carcere da marzo 2023, poche settimane dopo il blitz dell'arresto del fratello. 

L'accusa e la condanna - Secondo l'accusa, rappresentata in aula dai pm Gianluca De Leo e Pierangelo Padova, la sorella maggiore di Messina Denaro avrebbe aiutato per anni il capomafia a sottrarsi alla cattura e avrebbe gestito per suo conto la “cassa” della “famiglia” mafiosa e la rete di trasmissione dei ‘pizzini’, consentendo così al boss di mantenere i rapporti con i suoi uomini durante la sua lunga latitanza. Per Rosalia Messina Denaro, l'accusa, il 29 marzo scorso, aveva chiesto per l'imputata, vero alter ego del criminale, la condanna a 20 anni. È da lei, infatti, che sono partite le indagini che hanno portato all'arresto del capomafia. In un'abitazione a disposizione di Rosalia Messina Denaro era stato trovato - nascosto nella gamba metallica di una sedia - il pizzino in cui si parlava della malattia del boss di Castelvetrano

Chi è Rosalia Messina Denaro - La più grande delle quattro sorelle del boss castelevetranese - le altre sono Bice, Giovanna e Patrizia, anche lei in carcere - non era solo la sorella del boss. Non era un rimpiazzo, o una semplice fiancheggiatrice. Rosalia Messina Denaro, moglie del boss palermitano Filippo Guttadauro era un “tutt’uno” con la mafia. Aveva un ruolo centrale in cosa nostra. E non poteva che essere così per la sorella di Matteo Messina Denaro, mai toccata dalle inchieste che in 30 anni hanno fatto terra bruciata attorno all’ex super latitante. Una vita a respirare mafia, e poi ad applicare gli insegnamenti del padre, don Ciccio Messina Denaro, e del fratello. 

Un “tutt’uno” con la mafia - "Gli elementi raccolti nel corso delle indagini hanno fatto emergere l'effettivo contributo prestato in modo convinto e consapevole all'interno dell'associazione, veicolando informazioni, eseguendo le direttive del capo e gestendo la cassa comune, il tutto come preziosa e fedele esecutrice delle direttive del capomafia latitante ed agendo anche nella piena conoscenza di argomenti, questioni, nomi in codice e segnali". Così parlava del ruolo centrale rivestito in Cosa nostra dalla sorella di Matteo Messina Denaro, Rosalia, il tribunale del Riesame che ha rigettato all'epoca la richiesta di scarcerazione presentata dal legale della donna. Il tribunale parla di "una stretta, protratta e variegata compenetrazione della donna con Cosa Nostra" e di un suo "contributo radicato e stabile offerto all'interno dell'associazione in più ambiti come il coordinamento del sistema di trasmissione delle comunicazioni in modo continuativo e fiduciario".
Rosalia Messina Denaro sarebbe stata "abituale veicolatrice di messaggi in modo da consentire all'esponente di vertice di continuare ad esercitare le sue funzioni direttive, occupandosi di incarichi coinvolgenti terzi individui, gestendo la cassa comune dell'associazione e dunque dando pienamente conto dell'assunzione da parte sua di compiti variegati, specifici e stabili, sintomatici di una disponibilità assoluta su cui l'associazione poteva costantemente fare affidamento e idonei a rivelare il consapevole contributo causale e volontario alla realizzazione dei fini del sodalizio criminale".

Nome in codice "Fragolone" e l'errore fatale per la cattura del boss - Si faceva chiamare anche così, in codice, Rosalia Messina Denaro, nei pizzini del boss latitante, suo fratello Matteo, con i quali impartiva ordini e dava indicazioni sulla gestione degli affari della famiglia mafiosa di Castelvetrano. E' uno dei particolari che emerge dall'operazione che ha portato oggi all'arresto della donna. Nel sistema di comunicazione del latitante, ritenuto impenetrabile di quello degli altri capi, però, c'è stata una falla. Per anni Messina Denaro ha adottato mille cautele, prima fra tutte quella di non lasciare traccia dei biglietti che venivano rigorosamente distrutti dopo la lettura. Stavolta però il boss è stato il primo a non osservare la regola "avendo la necessità di dialogare in termini più brevi e con minori precauzioni con i suoi familiari, - scrive il gip - e talvolta di conservare la posta, soprattutto quella in uscita, come promemoria delle innumerevoli faccende che gli venivano sottoposte". Un errore che ha commesso anche la sorella Rosalia che, si legge nella misura cautelare, "ha colpevolmente evitato di distruggere alcuni dei pizzini ricevuti dal fratello o comunque, ne ha trascritto il contenuto su appunti manoscritti e occultati nella sua abitazione a Castelvetrano e nella sua casa di campagna a Contrada Strasatto di Campobello di Mazara".

Il pizzino che ha portato all'arresto di Messina Denaro - E' stato trovato nell'intercapedine di una sedia, a casa di Rosalia Messina Denaro. Sarebbe stato un appunto dettagliato sulle condizioni di salute del boss Matteo Messina Denaro, scritto dalla sorella Rosalia e da lei nascosto nell’intercapedine di una sedia, a dare agli investigatori l’input che ha portato, il 16 gennaio scorso, all’arresto del capomafia latitante da 30 anni. Il particolare emerge dall’inchiesta della procura di Palermo che oggi ha portato all’arresto per associazione mafiosa di Rosalia Messina Denaro. Lo scritto è stato scoperto dai carabinieri del Ros il 6 dicembre scorso mentre piazzavano delle cimici nell’abitazione della donna. L’unica, a differenza delle altre sorelle del boss, a vivere da solo. Gli investigatori erano entrati di nascosto per piazzare una microspia, avevano scelto il salone, dove la donna è solita stirare: smontando la gamba di una sedia di metallo hanno trovato una sorpresa, un biglietto in cui c’era il diario clinico di una persona. "Adenocarc, 3 novembre 2020 lo so, 9 novembre ricovero, 13 operazione. Persi 11 chili". E poi ancora: "Sei luglio 2021 è ritornato (…) Ridotto fare tre cicli. Gennaio 2022 altra tac. Se si riduce ancora abbassiamo la che (chemioterapia – ndr)". Era il diario clinico di Matteo Messina Denaro, che la donna aveva trascritto sulla ricevuta di un vaglia inviato al figlio detenuto. Quando i militari scoprono il pizzino nella sedia decidono però di non portarlo via ma lo fotografano per analizzarlo con calma, il tutto anche per non insospettire la donna. Dietro l’appunto, scritto a mano, c’è un vero e proprio diario clinico di un malato di cancro. In un passaggio si legge «è ritornato nel colon in tre punti» ma anche «fianco destro e sinistro». In basso vengono menzionate alcune cure a cui sottoporsi: «fare tre cicli» e «gennaio 2022 altra tac». Infine «se si riduce ancora abbassare la che (chemioterapia, ndr)». Partendo da queste indicazioni dettaglia sulla patologia – tra cui un’operazione – gli investigatori iniziano degli accertamenti, prima al ministero della Salute e poi sulle banche dati sanitarie nazionali. In questo modo arrivano a identificare un maschio di età compatibile con quella del latitante che si è sottoposto agli stessi interventi chirurgici indicati nell’appunto. Si tratta di Andrea Bonafede, geometra di Campobello di Mazara e nipote del boss locale