E’ ormai alle battute finali (prevista per il 4 giugno la requisitoria del pm della Dda Bruno Brucoli), davanti il Tribunale di Marsala, il processo ai fratelli Antonino e Vincenzo Luppino, figli di Giovanni Luppino, l’uomo che accompagnava in auto Matteo Messina Denaro il 16 gennaio 2023 quando davanti la clinica La Maddalena di Palermo fu catturato il superlatitante.
Il 13 marzo 2024, il gup di Palermo Cristina Lo Bue ha condannato Giovanni Luppino con rito abbreviato a nove anni e due mesi di carcere per favoreggiamento aggravato e procurata inosservanza di pena, non riconoscendo, però, l’accusa di associazione mafiosa perché non sufficientemente provata. I due figli, ritenuti anche loro parte della rete dei presunti fiancheggiatori che avrebbe coperto la latitanza del defunto boss di Cosa Nostra, erano stati arrestati esattamente un mese prima della sentenza del giudice Lo Bue. I due fratelli sono stati accusati di favoreggiamento e procurata inosservanza di pena aggravati dall’essere stati commessi al fine di avvantaggiare l’associazione mafiosa denominata Cosa Nostra.
Secondo gli inquirenti, i due figli di Giovanni Luppino avrebbero “contribuito con le loro condotte al mantenimento delle funzioni di vertice del capo mafia castelvetranese, fornendogli prolungata e variegata assistenza durante la latitanza e partecipando al riservato sistema di comunicazioni attivato in suo favore”. Gli accertamenti “corroborati dall’analisi di tabulati telefonici e traffici di celle, dalla visione di immagini di videosorveglianza e dalle evidenze scientifiche genetiche e papillari” hanno consentito di “acquisire gravi indizi in merito alle diversificate attività illecite svolte dai fratelli Luppino al fine di 'proteggere' la latitanza del capo mafia trapanese” si affermava nella nota diffusa dalle forze dell'ordine dopo il loro arresto. Nel giugno 2022, in particolare, Antonino e Vincenzo Luppino avrebbero aiutato il boss a traslocare e sono accusati di aver avuto un ruolo importante nel trasferimento del latitante dall’abitazione di vicolo San Giovanni 260, cioè a pochi passi dalla loro abitazione, all’appartamento di via Cb 31, a Campobello di Mazara.
I due fratelli, sempre secondo gli inquirenti, conoscevano "la vera identità" del capomafia: "Non può sussistere alcun dubbio sulla sicura conoscenza da parte di Antonino e Vincenzo Luppino, oltre che ovviamente dea parte del padre Giovanni Salvatore Luppino, della vera identità di Matteo Messina Denaro". Per gli investigatori i due "svolgevano l'affidabilissimo compito di ausilio" al padre e "in diverse tappe relative alla gestione del latitante fornivano un aiuto prezioso al capomafia per muoversi e spostarsi sul territorio e quindi di svolgere una funzione essenziale per l'intera associazione mafiosa". E a partire dal 2017, Messina Denaro avrebbe elargito numerosi regali alla famiglia di Giovanni Luppino. Tra i destinatari dei regali ci sarebbero anche i due fratelli. "Dalle analitiche annotazioni sulle spese che Messina Denaro stilava di suo pugno" emergerebbe che il latitante "era solito versare periodicamente somme di denaro, anche di importi non trascurabili, in favore dei Luppino ed elargire loro piccole regalie". I Luppino erano conosciuti con il soprannome di "mustusi". Nel processo davanti il Tribunale di Marsala, i due fratelli sono difesi dagli avvocati D’Azzò, del foro di Palermo, e Giuseppe Ferro di Gibellina (foro di Marsala).