Una decisione accolta con soddisfazione e sollievo da chi, come la deputata regionale del Partito Democratico Valentina Chinnici, da tempo denuncia le scelte inique della Regione Siciliana in materia di politiche sociali. Il Tribunale Amministrativo Regionale ha infatti annullato il provvedimento con cui l’Assessorato alla Famiglia aveva dimezzato i contributi destinati alle case famiglia per donne in gravi condizioni di disagio, tra cui vittime di violenza domestica e situazioni di estremo disagio socioeconomico.
“La sentenza del TAR – commenta Chinnici – è un atto che sana un’ingiustizia tanto inaccettabile quanto paradossale. Non si può pensare di risanare i conti pubblici a scapito delle donne più fragili, quelle che cercano rifugio e speranza in strutture di accoglienza”.
Il provvedimento regionale prevedeva una drastica riduzione, pari al 50%, delle rette per il secondo anno di permanenza nelle strutture, con l’effetto concreto di rendere più difficile, se non impossibile, la prosecuzione dei percorsi di recupero e reinserimento sociale.
“È inaccettabile – prosegue la deputata dem – che si faccia cassa tagliando il sostegno a chi ha bisogno di tutto: protezione, sicurezza, tempo per guarire e per costruire un futuro diverso. Queste donne non possono essere trattate come un peso economico, ma come persone da tutelare in ogni fase del loro percorso”.
Chinnici sottolinea inoltre l’assurdità delle motivazioni addotte dalla Regione, che aveva giustificato il taglio come un incentivo all’autonomia: “È paradossale che l’Assessorato parli di stimolo all’autonomia quando, in realtà, toglie le basi stesse su cui costruirla. L’autonomia si conquista con percorsi mirati, investimenti seri e rispetto per la dignità di ogni persona, non con la fretta e i tagli”.
La parlamentare del PD conclude con un appello alla responsabilità politica della Regione: “La Sicilia ha bisogno di politiche familiari e sociali inclusive, fondate sulla solidarietà e sul rispetto dei diritti fondamentali. Basta scorciatoie contabili: è il momento di ripensare le priorità, mettendo al centro le persone, non i numeri”.
La sentenza del TAR rappresenta quindi non solo un atto di giustizia, ma anche un monito alla politica regionale affinché non si perda di vista la missione primaria delle istituzioni: garantire dignità e diritti, soprattutto ai più vulnerabili.