Una donna anziana inciampa su una botola davanti al Municipio di Paceco. Dopo anni di complicazioni cliniche, muore. I familiari chiedono giustizia. Ma il Tribunale respinge tutto: nessuna responsabilità, neanche un risarcimento. Neanche una colpa accertata.
È la storia di Caterina Sammaritano, deceduta nel 2021, quattro anni dopo una caduta avvenuta il 20 novembre 2017 in via Giovanni Amendola, a pochi metri dall’ingresso del palazzo comunale. Secondo i familiari – marito e figli – fu proprio quel marciapiede stretto, ostacolato da vasi ornamentali e da una botola metallica rialzata, a farle perdere l’equilibrio. La caduta le provocò fratture al femore e alla spalla. Un danno fisico ed esistenziale stimato in oltre 132mila euro. Ma per il Tribunale di Trapani, con sentenza del 9 giugno 2025, non c’è “nessuna prova certa”.
La giudice onoraria Giovanna Orlando ha rigettato ogni domanda risarcitoria, riconoscendo solo la responsabilità della vittima. Nessuna condanna per il Comune, né per Telecom Italia, indicata dai ricorrenti come possibile titolare della botola. Anzi, la famiglia Sammaritano è stata condannata a pagare 2.540 euro ciascuno di spese processuali a entrambe le controparti.
Eppure, una relazione della Polizia Municipale, firmata dall’ispettore Giuseppe Mondino, racconta tutt’altro: «La signora è caduta inciampando nel bordo del coperchio metallico di un pozzetto di ispezione […] che risultava sporgente di circa 1,5 cm».
Ma per il Tribunale, i fotogrammi delle telecamere non bastano a provare il nesso causale. Secondo la sentenza «non risulta provato che la botola abbia rappresentato un pericolo occulto» e ha evocato il principio di autoresponsabilità: la caduta, si legge, potrebbe essere dovuta alla mancanza di attenzione da parte della stessa vittima, «che avrebbe potuto evitare l’insidia con l’ordinaria diligenza».
Nessun testimone ha assistito direttamente alla scena. E quindi, secondo la giudice, non c’erano condizioni tali da far pensare a un “pericolo occulto” in pieno giorno, in una zona centrale.
Una tesi che la famiglia non accetta. «Dopo sei anni ci sentiamo dire che non ci sono prove, eppure esistono immagini e testimonianze», dice ancora Salvatore. «Il vaso ornamentale che ostruiva la visuale fu spostato dopo l’incidente e messo sopra la botola. Ma oggi quella botola è ancora lì, nello stesso stato».
L’avvocato Massimiliano Sammartano, che assiste i familiari, ha annunciato appello e richiama un precedente simile del Tribunale di Napoli, in cui si riconosceva la responsabilità comunale anche per un dislivello di pochi centimetri, specie in presenza di pedoni fragili come gli anziani. «Il principio dell’autoresponsabilità non può tradursi in un’esclusione automatica delle responsabilità pubbliche. La tutela dei cittadini passa anche dalla manutenzione di questi piccoli ma insidiosi dettagli urbani».
Intanto, a Paceco, quella botola resta dov’era.