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25/06/2025 08:05:00

Marsala, l'accoltellamento di Via Fortuna. Biondo chiede la messa alla prova

Giacoma Biondo, la 44 marsalese accusata di concorso nella violazione del provvedimento di divieto di avvicinamento che era stato emesso dal giudice per il suo ex compagno nel dicembre 2024, al centro della vicenda sfociata nelle quattro richieste di rinvio a giudizio per la rissa con accoltellamento di via Fortuna dello scorso 26 febbraio, ha chiesto al giudice delle udienze preliminari la “messa alla prova”. Questa è una misura alternativa alla pena prevista per reati di minore allarme sociale e consiste nella sospensione del procedimento penale per l'imputato, che deve poi seguire un programma di trattamento predisposto dall'Ufficio di Esecuzione Penale Esterna, con l'obiettivo di reinserimento sociale e risarcimento del danno. Lo scorso 26 febbraio, Giacoma Biondo si rifugiò nell’abitazione dei cugini Baldassare Claudio e Giuseppe Giovanni Biondo, rispettivamente di 41 e 48 anni, per sfuggire al suo ex compagno, il 36enne Francesco Alessandro Incandela, che tre giorni dopo venne arrestato dalla polizia e rinchiuso in carcere per il tentato omicidio del più giovane dei fratelli Biondo. Ma anche per questi ultimi c’è richiesta di rinvio a giudizio. Sono accusati di rissa, come pure Incandela, che deve rispondere pure di porto di arma da taglio fuori dalla propria abitazione, lesioni personali in danno di Giuseppe Giovanni Biondo e violazione del divieto di avvicinamento alla sua ex compagna. E nell’indagine, coordinata dal pm Roberto Piscitello, è finita anche Giacoma Biondo. Secondo l’accusa, infatti, la donna non avrebbe attivato il meccanismo di controllo che doveva far scattare l’allarme in caso di avvicinamento dell’uomo, al quale era stato imposto il braccialetto elettronico. “Così continuando ad incontrarsi nonostante le ripetute liti” si legge nella richiesta di rinvio a giudizio. Nell’abitazione dei cugini, la donna si era rifugiata dopo avere deciso di interrompere la convivenza con Incandela. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, Incandela si recò a casa dei cugini della sua ex compagna dopo che questa aveva deciso di troncare la convivenza. E al suo arrivo, lei si sarebbe rifiutata di incontrarlo. Furioso per il rifiuto, Francesco Incandela avrebbe iniziato ad inveire contro i Biondo, che erano scesi in strada. Uno dei due (il 41enne), secondo gli inquirenti, “armato” di un tubo di alluminio di circa 70 centimetri, quell’aspirapolvere. Incandela, invece, impugnò un coltello e sferrò diversi fendenti, ferendo Baldassare Biondo al torace e all’addome. La lama provocò una profonda lesione che lacerò la parete epatica, arrivando a breve distanza da organi vitali quali l’aorta e il cuore. Nella colluttazione, Giuseppe Biondo è stato, invece, ferito in maniera più lieve, sempre all’addome. A difendere Incandela è l’avvocato Pasquale Massimiliano Tranchida, mentre legali dei fratelli Biondo, che al tempo stesso sono “parte offesa” e indagati, sono gli avvocati Vito Daniele Cimiotta e Arianna Rallo. Legale di Giacoma Biondo è, infine, Salvatore Fratelli. Il 24 settembre, davanti al gup, si deciderà sulle richieste di rinvio a giudizio, o per eventuali riti alternativi, per Incandela e i fratelli Biondo.