La “superloggia” non c’era, la corruzione sì. E ha comportato la condanna a 12 anni di carcere (in primo grado) per Giovanni Lo Sciuto. Insieme a lui, anche se a pene più lievi, sono state condannate otto persone. Mentre altri sette imputati sono stati assolti, tra cui l’ex sindaco di Castelvetrano Felice Errante (ne abbiamo scritto qui).
Dalle indagini è emersa una superloggia segreta formata da massoni, politici e professionisti che riusciva ad orientare le scelte di amministrazioni locali, ma anche nomine e finanziamenti a livello regionale. Una loggia in grado di ottenere persino notizie riservate sulle indagini in corso della magistratura. Però no, non erano un'associazione segreta. E non erano una loggia massonica.
L’accusa principale al gruppo di potere guidato da Lo Sciuto era quella di aver interferito nella gestione amministrativa del comune di Castelvetrano. Ed in effetti, indagini e processo hanno dimostrato che era vero. Ma questa interferenza sarebbe avvenuta attraverso il voto in consiglio comunale, utilizzando dunque gli strumenti della democrazia. Una fattispecie che non rientra tra quelle punite dalla Legge Anselmi che, in questo caso, ha dimostrato tutta la sua inadeguatezza.
Insomma, c’erano massoni, politici e professionisti che orientavano le scelte delle amministrazioni locali, i finanziamenti e le nomine a livello regionale. Intervenivano per l’assegnazione di pensioni di invalidità ed erano persino in grado di ottenere notizie riservate sulle indagini in corso della magistratura. Però no, non erano un'associazione segreta. Non erano una loggia massonica.
Ma prima di quella trapanese, ci fu un’indagine palermitana sugli stessi imputati di Artemisia, che però fu archiviata nel 2017 dalla DDA di Palermo. E lì, con la violazione della legge Anselmi c’era anche l’aggravante per mafia. La Procura di Trapani chiese di acquisire il relativo fascicolo sulla massoneria, ma ci fu un rifiuto. Perché? E perché quell’indagine fu archiviata? La dottoressa Teresa Principato, che per nove anni ha dato la caccia al superboss di Castelvetrano, ha detto a chiare lettere che “le indagini sulle ricerche di Matteo Messina Denaro furono totalmente ostacolate”. Carlo Pulici, ex finanziere e braccio destro della Principato, nell’inchiesta televisiva di Marco Bova, “Il segreto di Messina Denaro”, trasmesso qualche settimana fa da La7, ha parlato dell’esistenza di un “clima ostile” nei confronti dell’indagine sulla massoneria da parte di alcuni magistrati.
Il motore principale di quell’indagine era il collaboratore di giustizia Giuseppe Tuzzolino, che aveva parlato di una loggia massonica segreta denominata “Loggia Sicilia”. E tra i suoi massoni ci sarebbe stato anche il boss di Castelvetrano. Tuzzolino aveva affermato di essere il tesoriere di questa loggia, raccogliendo il 5% degli appalti per poi trasportare i fondi in Svizzera. Aveva coinvolto politici e imprenditori, ma soprattutto aveva parlato di una rete informativa giudiziaria a Trapani. Nel 2017, però, tutti i suoi contributi sono diventati inutili: è stato arrestato e condannato per calunnia, etichettato come “bugiardo patologico” dal Tribunale di Caltanissetta. Fine della storia. Indagine stoppata.
Ma non è stato l’unico stop. Ce n’è stato un altro, ancora più eclatante. Il gruppo investigativo della Principato stava seguendo un capomafia, Leo Sutera, che aveva il compito di fare incontrare Matteo Messina Denaro con due mafiosi palermitani. Avevano perfino le foto del Sutera che, nei pressi di un casolare, estraeva un pizzino da sotto una pietra e, dopo averlo letto, lo rimetteva al suo posto.
Ma quelli che investigavano nel territorio agrigentino lo arrestarono in un’altra operazione, vanificando tutto. L’allora procuratore capo aveva chiesto alla Principato di catturare il boss in una settimana, diversamente avrebbero proceduto all’arresto di Sutera. Cosa che puntualmente avvenne. Anche qui, fine della storia.
Inoltre, mentre la DDA di Palermo indagava sulle logge massoniche anche in base alle rivelazioni di Tuzzolino, Lo Sciuto e i suoi complici ne venivano a conoscenza. E l’ex onorevole ordinava al fratello Antonino di “cancellarsi” dalle logge per evitare problemi legali e… mediatici. Che però non tardarono ad arrivare. Quando Tp24 pubblicò i nomi dei principali massoni del territorio, nella segreteria di Lo Sciuto a Castelvetrano, i suoi amici si soffermarono sulla parte dell’articolo che più li aveva colpiti: “Negli elenchi troviamo anche il fratello di un fratello, si tratta di Antonino Lo Sciuto…”. Qualcuno commentò: “Minchia, pesante è compare”.
Ad ogni modo, nell’indagine di Trapani, dopo il rifiuto all’acquisizione delle carte palermitane, la mafia era sparita. E con questa, tutti i riferimenti a quella massoneria segreta di cui parlava Tuzzolino. Era rimasto soltanto un gruppo di potere capeggiato da Lo Sciuto, che sfruttava la massoneria per i propri scopi. Davvero poca cosa per tirare in ballo la legge Anselmi.
Oggi rimane la corruzione, il clientelismo per ottenere consenso elettorale anche attraverso false pensioni di invalidità e la gestione di corsi di formazione professionale. Rimangono le nomine e i favori interessati. E non si può fare a meno di chiedersi come mai la Corte dei Conti non abbia mai vagliato le carte, nonostante queste false pensioni abbiano comportato un danno erariale di svariati milioni di euro. È probabile che una condanna in primo grado non basterà, magari bisognerà aspettare la cassazione.
Ma più di ogni cosa rimangono le assoluzioni.
Una su tutte, quella dell’ex sindaco di Castelvetrano Felice Errante che, come ha scritto il suo ex addetto stampa Alessandro Quarrato, ci restituisce “una realtà molto diversa da come inquirenti e colleghi giornalisti forcaioli di professione hanno tentato di propinarci per anni”. Come se i processi che finiscono con un’assoluzione non dovessero mai cominciare. Come se i giornalisti che li raccontano dovrebbero stare zitti fino al terzo grado di giudizio. Se no sono dei forcaioli.
Certo, rimangono anche i comportamenti e le intercettazioni, che un’assoluzione non cancella. Di cui però è sempre più difficile parlare, a causa delle leggi bavaglio che stanno prendendo sempre più piede.
E infine, rimane l’attesa per le motivazioni di questa sentenza. Saranno determinanti per i futuri sviluppi giudiziari di questa vicenda così complessa.
Egidio Morici