Accogliendo la richiesta dell’avvocato difensore Antonino Rallo, il Tribunale di Marsala (presidente del collegio Vito Marcello Saladino) ha ordinato la scarcerazione dei due tunisini che a fine febbraio erano stati arrestati dai carabinieri della stazione di Santi Filippo e Giacomo con l’accusa di avere aggredito, minacciato e ricattato il padrone della casa in cui vivevano in affitto, in contrada Bosco, per riavere il cellulare che gli avevano rubato.
Le manette scattarono subito dopo la restituzione del telefono in cambio di denaro. Adesso, però, in Tribunale, sembra venire fuori una verità un po' diversa da quella raccontata dal padrone di casa nella sua denuncia. Nell’ultima udienza, infatti, è venuto fuori che i soldi pretesi dai due arrestati, Nizzar Faddaqi, di 36 anni, e Aymen Menyaqui, di 40, erano la caparra che avevano versato per l’affitto dell’abitazione.
E proprio dalle dichiarazioni rese in aula dal proprietario della casa, è emerso che c’era una controversia sulla restituzione del deposito cauzionale. Per questo, il Tribunale, con parere favorevole dello stesso pubblico ministero, ha ordinato la scarcerazione dei due nordafricani.
Seppur disponendo altre misure cautelari meno afflittive, quali il divieto di dimora nel Comune di Marsala, l’obbligo di non uscire di casa dalle 21 alle 7 del mattino successivo e di presentarsi ogni giorno ai carabinieri di Mazara dalle 12 alle 13.
Circa le presunte botte subite dal denunciante, l’avvocato Antonino Rallo ha fatto notare che all'epoca uno dei due tunisini si reggeva in piedi con le stampelle perché aveva avuto un grave incidente stradale e l'altro, se davvero avesse preso a pugni l'uomo, avrebbe rischiato di fargli molto male. Era, infatti, nazionale tunisino di Kung-Fu e maestro della stessa arte marziale.
A quanto pare, il proprietario della casa aveva raccontato che i due non pagavano l’affitto. E lui ha chiesto loro di andarsene. A questo punto, i due inquilini hanno chiesta la restituzione della “caparra” inizialmente versata. E questo avrebbe innescato la controversia. Faddaoui venne arrestato il 23 febbraio. Menyaoui due giorni dopo. Entrambi sono imputati in concorso per i reati di estorsione e rapina. Ma per la difesa non ci sarebbe stata né rapina, né estorsione.
In quanto, sostiene l’avvocato Rallo, “nessuna minaccia veniva posta in essere dagli imputati nei confronti dell'uomo, così come descritta nel capo d’imputazione”, soprattutto “se si considera che, così come riferito sempre dalla persona offesa, entrambi gli imputati non parlavano bene l’italiano”.
Per questo, il legale ha anche chiesta la “riqualificazione giuridica dei fatti contestati”. Insomma, potrebbe essersi trattato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni. “Sono convinto dell’assoluta innocenza dei miei assistiti – dice, intanto, l’avvocato Rallo – e lo dimostreremo nel corso del processo”.