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23/07/2025 06:00:00

Primo Pride provinciale a Trapani il 26 luglio: “È una conquista di dignità e libertà”

Primo Pride provinciale a Trapani il 26 luglio. Una data che segna una conquista, una ferita che si rimargina, un futuro che finalmente si apre. Per Salvatore Marcantonio, questa non è solo una manifestazione. È il punto d’arrivo di una storia personale e collettiva fatta di coraggio, solitudine, battaglie e riconciliazione.

“Bisogna dire basta alla violenza e ai pregiudizi. Anche qui, nel profondo Sud, possiamo vivere con dignità, senza paura” racconta Salvatore con una voce che porta dentro quarant’anni di lotta per i diritti. La sua storia comincia negli anni ’80, in un’Italia ancora sorda e cieca davanti all’amore tra persone dello stesso sesso.

“Vivevo a Palermo per studio e lavoro quando seppi che Arcigay aveva organizzato un pullman per l’anniversario del delitto di Giarre” ricorda. Due ragazzi uccisi perché amavano. “Non ci pensai un attimo. Salii su quel pullman e lì ebbi una presa di coscienza: dovevo fare qualcosa, dovevamo farci vedere, dire basta.”

Da quel momento Salvatore non ha mai più taciuto. Entrò nell’Arcigay di Palermo, contribuì ad aprire la prima discoteca pubblicamente gay in città, in anni di piombo e bombe, quando mostrarsi significava esporsi al pericolo. “Arrivò una troupe inviata da Mauro Rostagno di Rtc. Intervistarono noi responsabili dell’associazione. Io feci coming out in diretta televisiva. La mia famiglia non lo sapeva ancora.”

La reazione? “Brusca, dolorosa. Ma ero deciso. Era la mia vita e non mi importava delle conseguenze. Con il tempo abbiamo ricostruito un dialogo. Ho rispettato il loro pensiero, ho preteso rispetto per la mia vita. Nulla di più.”

Il momento più toccante arriva con i suoi nipoti, anni dopo. “Durante un viaggio in Germania mi hanno detto: ‘Zio, sappiamo chi sei e ti accettiamo per quello che sei’. È stato bellissimo. I giovani di oggi hanno meno pregiudizi, sono più liberi.”

Ed è proprio per i giovani che Salvatore spiega perché il Pride è necessario: “Non è una carnevalata. È il momento più visibile di un lavoro che dura tutto l’anno: sportelli di aiuto, sostegno psicologico, iniziative per i diritti. È una festa, sì, perché vogliamo dire con gioia e libertà che chiediamo diritti ancora negati. Viviamo in un sistema laico e democratico e abbiamo diritto a essere riconosciuti.”

A chi liquida il Pride come folclore, risponde senza mezzi termini: “Se vi sentite felicemente etero, venite a festeggiare con noi. Vi accoglieremo. Se invece i vostri insulti nascono da un malessere interiore, restate a casa e lasciateci in pace.”

La sua battaglia per i diritti non si è mai fermata. A Trapani ha fondato “La Mongolfiera – Arciragazzi” per la tutela dei minori e ha portato il Comune ad adottare la Carta internazionale dei diritti dell’infanzia. Ha contribuito a riaprire le indagini sull’omicidio di Mauro Rostagno con il gruppo “Ciao Mauro” e continua a impegnarsi nel sociale.

“Io credo che ci sia posto per tutti in questo mondo. Chi non accetta la convivenza ha un problema con se stesso. Il mondo è abbastanza grande per tutti.”

Il Pride a Trapani, dice, è un segnale di cambiamento: “Dopo 40 anni, in tutta Italia si celebrano i Pride. Questo significa che la società è cambiata. È la gente che lo vuole. I politici devono solo ascoltare e garantire diritti. Perché la libertà non si negozia.”

Il 26 luglio non sarà solo una parata. Sarà una dichiarazione di esistenza. Un grido di gioia che attraversa le strade di Trapani per dire: “Ci siamo. E non torneremo più invisibili.”