La Sicilia si trova oggi al centro di un paradosso: da un lato un parco auto tra i più vecchi d’Italia, dall’altro un’economia circolare legata alla filiera degli autodemolitori che produce numeri importanti, ma deve fare i conti con concorrenza sleale e normative sempre più stringenti. All’orizzonte, poi, l’Europa prepara una rivoluzione normativa sul fine vita dei veicoli, che entrerà in vigore entro il 2026.
Un parco auto troppo vecchio: età media 14 anni
In Sicilia la vita delle automobili si allunga ben oltre la media nazionale. L’età media delle auto circolanti ha raggiunto i 14 anni, contro i circa 12 del resto d’Italia. In alcune province, come Ragusa, Catania e Messina, l’anzianità supera i 14 anni, mentre a Palermo scende poco sotto i 13.
Un dato che fotografa un parco auto “vecchio” e meno sicuro, con conseguenze dirette anche sul fronte ambientale e assicurativo: auto più datate sono meno efficienti in termini di consumi e inquinamento e comportano costi maggiori per manutenzione e copertura assicurativa.
La tendenza, inoltre, sembra destinata a consolidarsi. L’incertezza economica e il rincaro delle polizze spingono i cittadini a rimandare l’acquisto di un nuovo veicolo. E sullo sfondo pesano anche le politiche europee, che da un lato chiedono di accelerare la transizione ecologica, dall’altro mettono in discussione il futuro del diesel e incentivano l’elettrico.
Gli sfasciacarrozze: un'economia circolare da 43 milioni l'anno
Se le auto restano in circolazione sempre più a lungo, quando arrivano a fine corsa finiscono nel circuito degli autodemolitori. In Sicilia operano 86 imprese di autodemolizione, distribuite tra Trapani (10), Messina (9), Ragusa (7), Enna (4) e le altre province. Complessivamente impiegano 344 addetti e generano un giro d’affari stimato in 43 milioni di euro l’anno.
Gli autodemolitori svolgono un ruolo cruciale: recuperano componenti per la rivendita come ricambi usati, e avviano a riciclo metalli e materiali. Il loro fatturato varia in base a numero e qualità dei veicoli trattati: si va da poche centinaia di migliaia di euro a oltre 5 milioni annui per le aziende più strutturate.
Ma il settore non è privo di ombre. Concorrenza sleale, pratiche illegali e mancanza di controlli rischiano di penalizzare le imprese regolari. Non tutti, infatti, rispettano le procedure di messa in sicurezza e smaltimento dei rifiuti (olio esausto, batterie, pneumatici), che hanno un costo non trascurabile.
Incentivi e sostegno regionale
La Regione Siciliana prova a rispondere alla sfida con un pacchetto di incentivi. È stato pubblicato un avviso che prevede contributi a fondo perduto per l’acquisto di auto nuove a basse emissioni, in cambio della rottamazione di veicoli più vecchi.
Gli incentivi variano da 2.000 a 4.000 euro a seconda della categoria del veicolo sostituito e della nuova auto acquistata. Si punta soprattutto a favorire l’ingresso sul mercato di auto ibride ed elettriche, con l’obiettivo di ridurre l’età media del parco circolante e abbattere emissioni e consumi.
Tra passato e futuro: un sistema da riformare
La Sicilia resta quindi un laboratorio emblematico: da un lato un parco auto vecchio e inquinante, dall’altro una filiera degli autodemolitori che mostra la potenzialità di un’economia circolare capace di generare lavoro e valore.
Ma senza regole chiare e controlli rigorosi, i rischi di concorrenza sleale e dispersione di veicoli fuori dai circuiti legali restano altissimi. La sfida, oggi, è duplice: ridurre l’età media delle auto in circolazione e rendere più efficiente, trasparente e sostenibile l’intero ciclo di vita dei veicoli.
Veicoli fuori uso: ogni anno 6,6 milioni, ma 3,5 milioni spariscono
Il problema del fine vita delle auto non riguarda solo la Sicilia, ovviamente. A livello europeo, ogni anno vengono dismessi 6,6 milioni di veicoli, ma ben 3,5 milioni risultano “fuori dai radar”: non finiscono nei circuiti ufficiali di demolizione e riciclo, ma alimentano mercati paralleli o spariscono all’estero.
Per questo Bruxelles sta preparando un nuovo Regolamento che entrerà in vigore entro l’inizio del 2026. L’obiettivo è stringere le maglie della tracciabilità, favorire il riutilizzo di componenti e garantire che plastiche, metalli e altri materiali vengano realmente riciclati.
Secondo le prime anticipazioni, i produttori dovranno farsi carico in misura maggiore della gestione dei veicoli a fine vita, con percentuali minime di riciclo da rispettare e un rafforzamento dei controlli sui flussi di demolizione.