La fuga di Mohammed da Gaza a Lampedusa su una moto d’acqua: «Non vi lascerò soli»
La storia sembra uscita da un film, e invece è accaduta davvero. Da un giorno all’altro, un padre palestinese ha deciso di attraversare trecento chilometri di mare su una moto d’acqua, insieme ad altri due ragazzi. Dodici ore in mezzo al Mediterraneo, con il serbatoio che si svuotava e le onde che inghiottivano ogni speranza.
Non era un’avventura estiva. Non erano turisti in cerca di emozioni. Era una fuga disperata, un atto di amore e di coraggio. Mohammed Abu Daqqa, 31 anni, sviluppatore informatico, non aveva altra scelta: «Non vi lascerò soli», ha detto ai suoi figli prima di partire. Con sé solo un telefono satellitare, un GPS e l’aiuto di un’intelligenza artificiale – ChatGPT – a cui ha chiesto di calcolare la rotta e i consumi del mezzo.
Dopo dodici ore di mare nero e infinito, Mohammed e i suoi figli hanno raggiunto Lampedusa. Tony Colapinto ha raccolto la sua testimonianza direttamente dall’hotspot dell’isola. Parole che pesano come macigni, confermate dai contatti con la sua famiglia rimasta a Khan Yunis, sotto una tenda, tra le macerie della guerra. Qui l'articolo completo.
La vicenda di Mohammed si intreccia così non solo con la cronaca della guerra, ma con la richiesta disperata di chi fugge e chiede aiuto. È il grido di un padre che parla a tutti noi, alle istituzioni, alle associazioni, ai giornalisti, alle organizzazioni umanitarie:
«Aiutatemi a portare via i miei figli da quell’inferno».
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