A Mazara del Vallo, a pochi passi dalla costa rocciosa della zona dei Gorghi Tondi, è venuto alla luce un affascinante frammento di storia dimenticata: una vasta cava sotterranea di oltre 3000 metri quadrati, scavata secoli fa nell’arenaria tufacea e rimasta nascosta fino ad oggi.
A fare la scoperta è stato un gruppo di appassionati – Giorgio Comerio, Davide Corona, Maria Giammarinaro e Matteo Tumbiolo – che durante un’indagine esplorativa ha rilevato l’esistenza di un articolato sistema ipogeo, testimonianza di un’antichissima attività estrattiva.
La cava, accessibile tramite pozzi verticali scavati direttamente nella roccia, presenta lunghissime gallerie e grandi pilastri (i cosiddetti pileri) lasciati a sostegno delle volte, a dimostrazione della rilevanza e della complessità del sito. Un vero e proprio “cantiere di pietra” che racconta la fatica dei cavatori e le antiche tecniche di estrazione.
«Abbiamo rilevato numerose nicchie scavate per ospitare le lucerne a olio – spiegano i ricercatori – e sulle pareti si leggono ancora i segni di nerofumo lasciati dalla fiamma. Ci sono anche incisioni rupestri, probabilmente usate per segnare il passare del tempo o delimitare le aree di scavo».
Come in altre località del Meridione, queste cave non solo fornivano materiali preziosi per l’edilizia – dai blocchi per i templi ai mattoni delle case – ma hanno anche modellato il paesaggio urbano e rurale. La sciara, il terreno arido e pietroso tipico delle aree calcaree, ne è spesso il segno visibile in superficie.
Il sito scoperto, al momento non segnalato e fuori dai percorsi turistici, rappresenta un patrimonio culturale e paesaggistico da valorizzare. Non è solo un luogo della memoria, ma anche una straordinaria opportunità di riscoperta storica e identitaria per la città di Mazara del Vallo.
«Questa cava abbandonata – aggiungono gli esploratori – racconta come l’uomo, con fatica e ingegno, abbia trasformato il territorio nel corso dei secoli. È un patrimonio che non può più restare nascosto».
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