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09/10/2025 08:25:00

“Nessuno scambio di pizzini con Messina Denaro”. Martina Gentile fa ricorso

Non ci sarebbe alcuna prova che Martina Gentile abbia fatto da intermediaria tra Matteo Messina Denaro e Laura Bonafede, la maestra di Castelvetrano che per anni fu legata sentimentalmente al boss. È questa la tesi sostenuta dalla difesa della 32enne, condannata in primo grado a 4 anni e 8 mesi di carcere (più un anno di libertà vigilata) per favoreggiamento aggravato.

 

I suoi avvocati, Raffaele Bonsignore e Salvino Mondello, hanno presentato ricorso in appello, contestando la ricostruzione della procura di Palermo secondo cui Martina sarebbe stata parte attiva nella rete di comunicazione che, attraverso pizzini, permetteva al capomafia di mantenere i contatti con i suoi fedelissimi durante la latitanza.

Secondo gli inquirenti, la giovane — figlia di Laura Bonafede e del killer ergastolano Salvatore Gentile — avrebbe firmato alcune lettere con il nome in codice “Tan” o “Tany”, lo stesso che compariva in un calendario trovato nel covo di Campobello di Mazara, accanto a date in cui sarebbero avvenuti gli scambi di messaggi tra le due donne.

In particolare, sul calendario sequestrato i carabinieri del Ros avevano trovato scritte come “15 febbraio 2021 fatto cambio per notizie” e “31 gennaio 2022 invio Tany”.
 

Ma, come sottolineano i legali, manca un riscontro concreto che dimostri che in quelle occasioni Martina Gentile abbia realmente partecipato agli scambi o fosse consapevole del loro contenuto.

La donna, che al momento dell’arresto lavorava come supplente in una scuola di Pantelleria, si trova oggi agli arresti domiciliari. In aula aveva dichiarato: «Ho sbagliato a volere bene a questa persona», riferendosi al boss.

Messina Denaro, nei suoi scritti, la descriveva invece come una sorta di figlia adottiva: «Ha molto di me, l’ho insegnata io. Se vedessi il suo comportamento, ti sembrerei io al femminile», scriveva in un pizzino alla sorella. Parole che per gli inquirenti confermerebbero il legame strettissimo tra i due, ma che per la difesa non bastano a dimostrare il reato di favoreggiamento.

La battaglia giudiziaria continua dunque in appello, dove la difesa chiederà di ribaltare la condanna, sostenendo che Martina Gentile non ha mai avuto alcun ruolo operativo nella rete segreta del boss di Castelvetrano.