L’intolleranza da sconfiggere. Dopo la tregua che quasi tutto il mondo si augura possa trasformarsi in una pace duratura tra Israele e Hamas — tregua che ha posto fine al genocidio (se tale sarà riconosciuto lo stabiliranno gli organi competenti, ma di certo si è assistito allo sterminio di una popolazione, quella della Striscia di Gaza) — è necessario, oltre a deporre le armi, far tacere anche le estremizzazioni bipartisan.
Delle posizioni del premier Netanyahu, del suo ministro delle Finanze, il sionista Bezalel Smotrich, e di quello della Sicurezza nazionale, Itamar Ben-Gvir, esponente dell’ultradestra — che infatti non hanno firmato l’accordo di tregua — si è parlato abbondantemente.
A lasciare perplessi, però, è stata anche la postura di Francesca Albanese, dal 2022 relatrice speciale delle Nazioni Unite sui territori palestinesi occupati. Un atteggiamento che, pur volendo sostenere la causa palestinese, in alcune occasioni si è rivelato altrettanto intollerante.
La prima circostanza si verificò quando Liliana Segre, sopravvissuta ai campi di concentramento, intervenne sull’opportunità di usare il termine “genocidio” per descrivere la situazione a Gaza. La senatrice dichiarò: “L’abuso del termine genocidio che fin dal primo giorno viene fatto qui, il compiacimento, l’isterica insistenza per imporlo a chi non lo condivide – e in primo luogo a tutti gli ebrei – è morboso. Si percepisce chiaramente un sottofondo di questo tipo: Mi avete seccato per decenni con il Giorno della Memoria? E adesso mi prendo la rivincita e vi grido in faccia genocidio, genocidio... E i risultati si vedono perfino negli autogrill.”
Un pensiero forte, condivisibile o meno, ma replicare con un tweet che la ritraeva accanto al murales dedicato alla senatrice — su cui campeggia la frase “L’indifferenza è più colpevole della violenza stessa” — aggiungendo il commento “Gaza Genocide. Day 665” e affermando poi che la Segre “non è lucida nella sua valutazione”, è apparso decisamente intollerante.
Successivamente, invitata a Reggio Emilia per ricevere un premio, quando il sindaco affermò che le condizioni necessarie per avviare un processo di pace fossero “la fine del genocidio e il rilascio degli ostaggi”, la dott.ssa Albanese replicò: “La Palestina mi ha insegnato a perdonare e a non giudicare. Il sindaco ha detto una cosa non vera: la pace non ha bisogno di condizioni. Io il sindaco non lo giudico, ma lo perdono. Però, sindaco, mi prometta che questa cosa non la dice più.”
E perché lo “grazia”? Per aver espresso un’idea diversa dalla sua? Anche questo è intollerante.
Per concludere — e potrà sembrare un volo pindarico —, a Petrosino, nel fine settimana appena trascorso, durante una gara di pallamano si è manifestata un’intolleranza all’agonismo e alla sconfitta, sfociata in una rissa indegna dello sport.
Vittorio Alfieri