A Gibellina, prossima capitale italiana dell’arte contemporanea 2026, si è tenuta la quarta edizione di “Sicilia Carbon Free”, l’incontro dibattito organizzato da Legambiente Sicilia e intitolato “Salviamo il paesaggio dalla crisi climatica”.
L’evento, sostenuto da 16 partner (dal gruppo Edison a Terna) si è tenuto il 29 ottobre scorso presso il Baglio Di Stefano della Fondazione Orestiadi, ma ha registrato una scarsissima partecipazione: solo 20 persone, organizzatori e relatori compresi. Non c’era il sindaco di Gibellina (al suo posto un timido presidente del consiglio comunale) e non c’era Rosalinda Genco, vice sindaco di Santa Ninfa. Ma l’assenza più significativa è stata quella delle comunità locali e di quei sindaci che da diversi mesi hanno intrapreso una netta opposizione a quello che definiscono uno “sfregio alla Sicilia con pale e pannelli”, esprimendo il timore che campi eolici e fotovoltaici proliferino “senza sosta, ben oltre il fabbisogno e gli obiettivi”, mettendo a rischio l’integrità del paesaggio e la vocazione agricola e turistica del territorio.
Una posizione che trova sostanza anche nel cosiddetto “manifesto dei tredici sindaci” (firmato anche dal sindaco di Gibellina), con il quale si chiede la sospensione delle procedure autorizzative per i nuovi impianti, la revoca di quelle relative ai cantieri non avviati, e l’individuazione chiara da parte della Regione delle aree non idonee alla realizzazione degli impianti. Un grido d’aiuto contro questa “opera di devastazione” finito perfino in una lettera che i sindaci hanno consegnato al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Senza contare il consiglio comunale aperto del giugno scorso a Castelvetrano. Quello sì partecipato, promosso dal Comitato Cittadinanza Attiva della Città, insieme a Codici Ambiente e al FAI, che ha visto la presenza di numerosi sindaci della Valle del Belice, deputati regionali, rappresentanti di associazioni ambientaliste e cittadini comuni. Perfino dell'arciprete, don Giuseppe Undari, che ha sintetizzato al meglio il sentire comune di quell'incontro: "Ci stanno depredando, senza vantaggi per il clima, le bollette o l'occupazione".
Di tutt’altro avviso invece è Legambiente. Nell’incontro “dibattito” di Gibellina, il presidente regionale Tommaso Castronovo ha infatti ribadito come la transizione energetica sia un obbligo e non una scelta, visto che il “vero nemico” è la crisi climatica. Secondo Castronovo, gli impianti eolici e fotovoltaici avrebbero una “bellezza ecologica”, possedendo un valore “salvifico” per gli ecosistemi.
Colonne portanti dell'incontro: un project manager di RWE, Ugo Carlotto, e il responsabile per la Sicilia di Tozzi Green, Fabio Torregrossa. Si tratta di due multinazionali attive nel settore delle energie rinnovabili che si occupano rispettivamente del repowering del parco eolico Santa Ninfa e di un progetto agrivoltaico. Attenzione, non fotovoltaico, ma agrivoltaico, che prevede pannelli su terreni fertili per coltivazioni che hanno bisogno di ombra. Certo, non uliveti e vigneti, ma agrumi. O meglio, una particolare varietà di limone, già sperimentata in un campo agrivoltaico a Scalea. Tutto grazie all'osservazione di un agronomo che aveva notato, nella sua esperienza professionale, come questo tipo di limone crescesse bene all'ombra di altri arbusti. Insomma, l'autorizzazione negata all'installazione fotovoltaica potrebbe invece essere concessa per l'agrivoltaico che, per definizione, è pensato per terreni fertili.
Carlotto ha invece rassicurato che le turbine saranno di meno, perché 38 di quelle vecchie saranno sostituite con sole 11 nuove, più potenti.
E che fine faranno i materiali, dopo una ventina d’anni? Carlotto ha affermato che un parco eolico può essere smantellato in meno di un anno, riciclabile al 90%, in diversi modi. Uno di questi, visto che siamo a Gibellina – ha spiegato – potrebbe essere “l’impiego delle vecchie pale per costruire delle opere d’arte suggestive, che possono essere un ulteriore elemento di attrazione per Gibellina che poi sarà... la capitale dell’arte contemporanea del 2026”.
E sull’impatto visivo? Tutta una questione di percezione: “I miei figli – ha detto ancora il manager di RWE - quando vedranno delle torri eoliche su delle colline, non le vedranno come qualcosa che ha stravolto l’identità di un territorio, ma come un’evoluzione naturale della loro vita”.
"I giovani - ha aggiunto - preoccupati per il futuro, non potranno che vedere positivamente il paesaggio con l’eolico e penseranno che stiamo combattendo, stiamo provando a fare qualcosa per cambiare”.
In collegamento dalla Toscana, Fausto Ferruzza, responsabile Paesaggio di Legambiente, ha sottolineato l’importanza della Convenzione Europea del Paesaggio, insistendo sul fatto che “l’obiettivo della qualità paesaggistica deve includere la partecipazione sociale”. Verissimo. Peccato che in questo dibattito non ci sia stata.
Una cosa è certa, il paesaggio va salvato. Anche se per il Belice non è ancora chiaro se dalla crisi climatica o dalle pale eoliche delle multinazionali.
Egidio Morici