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02/12/2025 14:43:00

Corruzione e peculato, il presidente dell’Ars Galvagno davanti al gup il 21 gennaio

Le memorie difensive non hanno cambiato la rotta della Procura di Palermo. Il 18 novembre i pm hanno depositato la richiesta di rinvio a giudizio per Gaetano Galvagno, presidente dell’Assemblea regionale siciliana ed esponente di Fratelli d’Italia, e per altri cinque indagati. Oggi è arrivata la notifica più attesa: il gup Giuseppa Zampino ha fissato l’udienza preliminare per il 21 gennaio 2025.

Un passaggio decisivo in un’inchiesta che mette al centro del dibattito politico siciliano il rapporto – sempre più opaco – tra finanziamenti pubblici, fondazioni culturali, incarichi, consulenze e utilizzo delle risorse dell’Ars.

Chi esce e chi resta nel processo
Rispetto al primo avviso di conclusione indagini, c’è una novità: non compare più il nome di Giuseppe Cinquemani, segretario particolare di Galvagno.
Fuori anche Nuccio La Ferlita, imprenditore catanese dei concerti. La sua posizione è stata stralciata, probabilmente in vista dell’archiviazione.

Restano invece cinque imputati insieme al presidente dell’Ars:

  • Sabrina De Capitani, ex portavoce di Galvagno
  • Marcella Cannariato, imprenditrice, moglie di Tommaso Dragotto (Sicily by Car)
  • Marianna Amato, dipendente della Fondazione Orchestra Sinfonica Siciliana
  • Alessandro Alessi, event manager
  • Roberto Marino, autista dell’Ars

A firmare la richiesta di processo sono il procuratore Maurizio de Lucia e i sostituti Andrea Fusco e Felice De Benedittis.

“Finanziamenti e favori”: il cuore dell’accusa
Secondo la Procura, la presidenza dell’Ars e la Fondazione Federico II – entrambe guidate da Galvagno – avrebbero concesso finanziamenti pubblici indirizzati da un sistema di favori, pressioni e consulenze.
Tra questi:

  • 198 mila euro per le edizioni 2023 e 2024 di Un magico Natale, progetto della Fondazione Dragotto
  • 10 mila euro per un “apericena” della Fondazione Bellisario, coperto dalla presidenza dell’Ars
  • 27 mila euro per l’evento Sicilia per le donne del 2023, finanziato con fondi Ars e Federico II

Secondo l’accusa, Galvagno e la sua portavoce De Capitani avrebbero “sistematicamente sviato le proprie funzioni pubbliche verso interessi privatistici”, favorendo imprenditori e professionisti vicini.

Il peculato dell’auto blu: kebab, sushi e missioni fantasma
Accanto alla corruzione, per Galvagno c’è anche il capo di imputazione per peculato: l’uso improprio dell’Audi A6 di servizio.
Dalle carte emerge un quadro quasi surreale: l’autista Roberto Marino sarebbe stato incaricato di usare l’auto blu per ritirare cibo da asporto – «kebab, sushi, patatine» – da portare al presidente, ma anche per accompagnare parenti e amici. In alcune occasioni la vettura sarebbe stata utilizzata direttamente dalla portavoce De Capitani.

Secondo la Procura, Marino avrebbe inoltre dichiarato missioni mai avvenute, ottenendo rimborsi indebiti per circa 19 mila euro, firmati da Galvagno.

Stralciata anche la pista Capodanno 2024
Sembra destinata all’archiviazione anche l’ipotesi relativa al Capodanno catanese 2024, per cui si era ipotizzato un finanziamento da 250 mila euro in cambio di consulenze a persone vicine a Galvagno.
È già caduta anche la contestazione secondo cui la “tangente” sarebbe consistita in biglietti omaggio richiesti dal presidente e dal suo entourage.

Il filone su Amata e Cannariato
Il procedimento si intreccia con un’altra inchiesta, quella che vede imputata l’assessora regionale al Turismo Elvira Amata, accusata in concorso con Marcella Cannariato.
Secondo i pm, Amata avrebbe ricevuto utilità consistenti:

  • nell’assunzione del nipote Tommaso Paolucci presso A&C Broker
  • nel pagamento dell’alloggio del giovane in un B&B palermitano per un totale di 4.590,90 euro + IVA

Tutto ciò sarebbe collegato al finanziamento da 30 mila euro ottenuto dalla Fondazione Marisa Bellisario per l’evento Donna, Economia e Potere.

Il terzo filone: quadri in cambio di una mostra
Nel fascicolo compare infine un altro capitolo: le accuse a Sabrina De Capitani e Patrizia Monterosso, ex direttrice della Fondazione Federico II.
Avrebbero ricevuto due quadri per favorire l’organizzazione di una mostra dell’artista Omar Hassan.

L’udienza preliminare del 21 gennaio deciderà se tutto questo finirà davanti a un collegio giudicante. Intanto, il quadro che emerge è quello di un sistema di potere in cui la distinzione tra ruolo pubblico e interessi privati sembra essersi fatta, almeno secondo l’accusa, sempre più sottile.