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16/12/2025 06:00:00

Fratelli d’Italia in Sicilia: selfie, scandali e silenzi

Quanti sorrisi ad Atreju. E quante teste Giorgia Meloni dovrà ancora tagliare se vorrà davvero mantenere il consenso e non farsi inghiottire da una classe dirigente che combina guai. Sui territori c’è spesso debolezza, molti personalismi, poca crescita. Va avanti il simbolo, la faccia della Premier che quel partito lo ha fondato e portato dal 2% al 30%. Ma godere di un’eredità senza costruire nulla significa finire per smontare un partito.


Chi c’era ad Atreju

Tutti. Ma proprio tutti. Partiti per il selfie con il deputato nazionale, da postare sui social come testimonianza, per dire di esserci, perché all’appuntamento di partito non si manca. E questo è Atreju: la festa di Fratelli d’Italia.

Presenti tutti gli assessori regionali: Elvira Amata, Alessandro Aricò, Giusy Savarino, Francesco Scarpinato. L’europarlamentare Ruggero Razza. I deputati regionali, quindi anche il trapanese Giuseppe Bica, il sub-commissario ai rifiuti Nicola Catania, il coordinatore provinciale Maurizio Miceli e il vice Paolo Torrente.
E ancora: Livio Marrocco, l’assessore mazarese Giampaolo Caruso, Davide Brillo (assessore a Castelvetrano), il consigliere comunale di Marsala Lele Pugliese.

 

Dimenticati tutti gli scandali, un sorriso cancella tutto

Inchieste giudiziarie e scandali segnano una Fratelli d’Italia siciliana che fa fatica a riconquistare credibilità. Per mano di pochi, ma affamati di potere, i meloniani della prima ora devono correre a mettere pezze.

Non ce la fa più nemmeno il commissario Luca Sbardella: dialoga con tutti, ascolta pochi, ha capito tutto.
Tra una collana regalata, contributi finiti ad amici, scandali nell’Asp, sono tutti lì, con un sorriso stampato in faccia. Perché una poltrona fa sempre comodo. E del resto – ragioni di opportunità comprese – chi se ne frega.
Se il problema politico non lo avvertono, quello morale dovrebbero almeno sentirlo.

 

 

Croce, Galvagno, Miceli: la foto che dice tutto

Ha fatto il giro delle chat, prima ancora di essere postata sui social, la foto che ritrae il trio Ferdinando Croce – Gaetano Galvagno – Maurizio Miceli. Tutto pronto per un selfie ricordo.

Croce è l’ex direttore generale dell’Asp di Trapani, sospeso il 28 marzo scorso e poi dimessosi a maggio dopo lo scandalo per i ritardi nella consegna dei referti istologici.
Ad oggi, Croce non è indagato e pare sia stato l’unico a pagare. Ma quella foto è un segnale politico chiaro, rivendicato senza imbarazzi.

Accanto a lui c’è Galvagno, su cui pende una richiesta di rinvio a giudizio.
Miceli e Croce sono molto amici: Croce era arrivato all’Asp di Trapani – sua prima esperienza da direttore generale – in quota Fratelli d’Italia, uomo di fiducia di Ruggero Razza.

Nonostante le nomine sanitarie siano sempre state terreno di spartizione politica, quell’immagine pesa più di mille dichiarazioni ufficiali.
La politica sceglie l’autoreferenzialità.
Il messaggio che arriva è inquietante: tutto si archivia, le appartenenze si proteggono e il senso delle istituzioni resta sullo sfondo.

 

 

Carolina Varchi, la donna siciliana della Meloni

Brava, composta e pure capace. Carolina Varchi, vicinissima a Giorgia Meloni, incarna un modo di fare politica che oggi appare quasi controcorrente. Un profilo sobrio, che non cerca la scena a tutti i costi, e che affida la propria autorevolezza ai contenuti e al rispetto dei ruoli.

In un contesto spesso segnato da eccessi di esposizione e dalla ricerca compulsiva di visibilità, la sua cifra resta la serietà.
Nessuna parola fuori posto. Solo senso delle istituzioni.

L’essenziale, in politica, non è fare rumore, ma saper incidere. Non è occupare spazi mediatici, ma costruire percorsi credibili. Carolina Varchi rappresenta tutto questo: una politica che parla quando serve, lavora lontano dai riflettori, e dimostra con i fatti che competenza e stile possono ancora andare di pari passo.