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23/09/2016 06:30:00

Castelvetrano e il patto per la Sicilia. Quei miliardi di lire svaniti anni fa

Non si candiderà a sindaco di Castelvetrano, ma in politica Felice Errante è ancora in campo. E con i giocatori che contano. Alla “notizia” del Patto per il Sud, nella sua pagina facebook ci sono due foto. Una è quella sua, sullo sfondo appunto del campo sportivo della città. E l’altra è quella di Matteo Renzi ed Angelino Alfano che si danno la mano.
Come gli altri sindaci, anche lui ringrazia e, coerentemente con le foto postate, precisa anche chi sono i destinatari del ringraziamento: “il Governo Nazionale” da un lato ed Angelino Alfano dall’altro. Ma il Patto per il Sud non riguardava Renzi e Crocetta? Misteri che potrebbero essere svelati alle prossime candidature politiche, magari targate Roma.
Ad ogni modo, al di là del senso politico-elettorale di questo patto, in questo caso l’accento è sulle opere che riguardano Castelvetrano: più di 5 milioni di euro serviranno per il parco archeologico di Selinunte e Cave di Cusa, tra ristrutturazioni, illuminazioni dei percorsi ed altro; 938 mila euro verranno impiegati per completare finalmente l’impianto di compostaggio del Polo Tecnologico; circa 568 mila euro per opere di rifacimento ed adeguamento dell’impianto di depurazione della città; 13 milioni e 800 mila euro per il depuratore di via Errante Vecchia e 22 milioni e mezzo di euro per realizzare l’intera rete fognaria a Triscina.

Quei 5 milioni di euro per il parco archeologico fanno diventare bruscolini le migliorie e i servizi di manutenzione da 30 mila euro “donati” da Google nel 2014 o da Vivien Duffield qualche giorno fa, in occasione del suo settantesimo compleanno. Certo, sono lavori fatti per rendere decente una sola serata, che poi però restano al parco. E’ il privato che sopperisce le carenze del pubblico, una cosa che in Italia avviene sempre più spesso. Sono milioni che vengono dalla comunità europea, ma non hanno niente a che vedere con la dismissione delle dune. Quella è un’altra storia della quale abbiamo già parlato qui e qui.

Le 938 mila euro dovrebbero permettere al polo tecnologico di poter finalmente essere quel fiore all’occhiello della Belice Ambiente”, mai completato dagli 11 sindaci soci, dopo una prima inaugurazione in pompa magna avvenuta nel 2010 dall’allora presidente della Regione Siciliana Raffaele Lombardo. Alla fine, il finanziamento era lievitato da circa 7 milioni e mezzo di euro a più di 10 milioni e mezzo di euro. Gli 11 comuni soci comuni avrebbero dovuto compartecipare tirando fuori 3 milioni di euro, ma niente da fare: niente compartecipazione, niente finanziamento. E così i soldi già spesi, circa 2 milioni e mezzo furono restituiti alla Regione Siciliana.
Certo, meno di un milione di euro non saranno sufficienti a completare in ogni sua parte la struttura, ma si potrebbe almeno cominciare a trasformare l’organico in compost ed usarlo per l’agricoltura. In fondo, se qualche anno fa gli 11 comuni dell’Ato Belice avessero partecipato con meno di 100 mila euro a testa, forse i cumuli di immondizia avrebbero fatto molto meno cattivo odore.

Ma i finanziamenti più succulenti, sono quelli per il depuratore di Castelvetrano e la rete fognaria di Triscina. Quello di via Errante Vecchia dovrebbe diventare un megadepuratore in grado di ricevere i reflui della città e delle due borgate. Il depuratore di Marinella di Selinunte andrebbe dismesso e al suo posto una potente stazione di sollevamento dovrebbe pompare i liquami appunto a Castelvetrano, che riceverebbe anche quelli di Triscina. E siccome Triscina non ha mai avuto una rete fognante, bisognerà farla. Il tutto per la mirabolante cifra di 36 milioni e 300 mila euro.
Sono soldi che arrivano (o dovrebbero arrivare) in un momento in cui al posto del consiglio comunale c’è un commissario.
Una sorta di curioso dejà vu, che affonda le sue radici negli anni novanta. Quando nel dicembre del 1992 al comune di Castelvetrano erano arrivati circa 6 miliardi di lire (una cifra non indifferente per l’epoca), in città c’era un altro commissario, il viceprefetto Diego D’Amico. Non era al posto del consiglio comunale, ma del sindaco e quei soldi dovevano essere impiegati per la nuova rete fognante dell’area artigianale di contrada Strasatto e del rione Palma, oltre che per il trattamento dei rifiuti nella discarica del Comune. Anche quelli erano tempi duri da un punto di vista economico, con un ente locale sull’orlo del dissesto, corroso dai decreti ingiuntivi dei creditori e dall’evasione delle tasse da parte di molti cittadini. Da una parte c’era il commissario D’Amico che chiedeva alla burocrazia comunale maggior impegno per agevolare la ripresa economica ed ai cittadini “il senso del dovere per pagare le tasse e le imposte dovute per legge. Dall’altra i sindacati cercavano di difendere questi ultimi. La Uil era la più agguerrita: “Non è certo colpa dei cittadini se il comune di Castelvetrano ha debiti per oltre 4 miliardi (di lire, ndr). Si vadano ad individuare i responsabili e si chieda loro il conto del malgoverno degli ultimi anni”. A parlare per la Uil era Santo Sacco. Non poteva certo immaginare che vent’anni dopo avrebbero arrestato lui, nell’ambito dell’operazione “Mandamento” che, più che col malgoverno aveva più a che fare con l’eolico e con Matteo Messina Denaro.

E sempre un commissario c’era tra il ’91 e il ’92, quando si realizzò l’impianto fognante di Marinella di Selinunte. Al posto del sindaco stavolta c’era Amindore Ambrosetti che, essendosi messo di traverso alla logica spartitoria fatta di mazzette e gare d’appalto creative, fu picchiato a sangue da un malavitoso di Gibellina che ebbe la malaugurata idea di chiedere troppi soldi per il suo “lavoro”. Angelo Siino, il cosiddetto ministro dei lavori pubblici della mafia, racconta che Matteo Messina Denaro lo uccise con due colpi di pistola alla testa. Erano altri tempi. In Sicilia le grandi opere le appaltava direttamente Siino, in accordo con esponenti della pubblica amministrazione e di cosa nostra. Il “Metodo Siino” lasciava tutti contenti, con impiegati e politici che intascavano le tangenti. Una sorta di corruzione a pioggia, senza troppe domande: a chi un milione (di lire), a chi una Fiat Croma di seconda mano od altri beni del genere. Lui apriva le buste, lui decideva chi doveva vincere oggi. Lui decideva chi avrebbe vinto domani.

Nello stesso anno, il parco archeologico fu al centro di un’inchiesta su un finanziamento di 27 miliardi di lire. Un “caso Selinunte” che finì al Tg3, ma che fu archiviato. Al microfono del telegiornale della terza rete nazionale, Maurizio Torrealta, giornalista di Samarcanda, aveva concluso amaramente: “Il rapporto dei Carabinieri depositato da tempo in Procura non ha dato il via a nessuna inchiesta giudiziaria. L’appalto pilotato da quei supposti membri di Cosa nostra viene concesso in questi giorni alle stesse ditte di cui questi supposti membri di Cosa nostra facevano parte”.

Oggi è diverso. Ci sono i protocolli di legalità.


Egidio Morici



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