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05/06/2020 06:00:00

Vita di un Naturalista. A casa Sciascia, la traccia delle parole

Continua il nostro speciale sul poeta Nino De Vita per festeggiare i suoi 70 anni. Oggi siamo onorati di ospitare su queste pagine i ricordi e gli auguri di Vito e di Fabrizio Catalano, nipoti di Leonardo Sciascia. 
Giovane studente universitario, De Vita comincia a frequentare Leonardo Sciascia dalla fine degli anni Sessanta. Un intenso legame d'amicizia durato vent'anni. E proseguito, dopo la scomparsa dello scrittore racalmutese, con l'affetto di sempre, nell'attività di testimonianza e di divulgazione dell'opera sciasciana, a fianco della famiglia. Abbiamo pensato di intervallare i due interventi con alcune preziose foto di Nino Catalano. A Vito, Fabrizio e Nino Catalano va il nostro ringraziamento più sentito.

 

di Vito Catalano

Non ricordo la prima volta che ho visto Nino De Vita, del resto è impossibile fissare il primo incontro con zii o persone di famiglia e nella mia vita la presenza di Nino è stata costante. Quando ero bambino, lui era uno degli adulti, fra i non pochi che era facile incrociare intorno a mio nonno, col quale mi piaceva stare: simpatico, affabile, e sapeva trovare un'ottima intesa con bambini e ragazzi. E negli anni venuti dopo il 1989 Nino è rimasto: vicino a mia nonna, alla mia famiglia. Un amico.

Tante volte ci siamo ritrovati insieme a Cutusìu, a Palermo, a Racalmuto, e pure a Varsavia. Abbiamo conversato di libri e di scrittori fin dalla mia adolescenza, e c'erano poi gli aneddoti pescati dalle sue esperienze e da lui narrati in modo spiritosissimo; in tempi più recenti, invece, forse più spesso nelle nostre chiacchierate tocchiamo ricordi e ci confrontiamo su progetti. E ogni volta che sono ritornato nella bella casa di Cutusìu sono stato accolto da Nino e dalla moglie Giovanna con lo stesso affetto e con lo stesso sorriso, in un'atmosfera che ha un confortante gusto antico e sicuro. Ecco, Giovanna, amabile e incoraggiante, è stata un dono preziosissimo che Nino ha ricevuto dalla vita e credo sia giusto ricordarlo nel giorno del compleanno, un giorno in cui appunto si è soliti ricevere regali ma talvolta di effimero valore.

Auguri, Nino! Altre volte ci ritroveremo sulla terrazza di Cutusìu a ridere e a discutere di letteratura e memoria sfogliando vecchi volumi e rileggendo antiche dediche firmate da persone care...

***

di Fabrizio Catalano

Il sole che digrada all'orizzonte e incipria con i suoi ultimi aneliti vaste distese di sale, i fenicotteri che punteggiano il paesaggio con rinnovate e cangianti sfumature di rosa, le ossute pale del mulino che flemmaticamente vegliano sul lavoro che si spegne, le barche che galleggiano nel silenzio e nella brezza: ad un'irrilevante distanza da questo avamposto proteso sul Mediterraneo, da questa frontiera fra due continenti, nella contrada di Cutusìu, a Nord di Marsala, da sempre vive Nino De Vita. Al centro del mare in cui sono stati forgiati alcuni dei presupposti della civiltà, in un luogo che l'involuzione umana ha posto alla periferia degli interessi e delle decisioni: trasformandolo, proprio per questo, nel rifugio ideale per un poeta. Rifugio del quale Nino e la sua famiglia sono elementi inalienabili, consustanziali. Rifugio però tutt'altro che esclusivo; anzi: decisamente accogliente. E se da anni non mi capita di star seduto a chiacchierare in quel giardino dai colori che assorbono il luccicore del litorale, di gustare l'ormai celeberrimo couscous di Giovanna, di muovermi in quel susseguirsi di stanze, libri, stampe che rendono l'ambiente ancor più ospitale, tanti ricordi rimangono per me indelebili.

A dispetto di un crescente distacco geografico, la vicinanza, l'empatia – parola di cui oggi s'abusa, ma qui d'inoppugnabile esattezza – fra me e gli abitanti di quella casa sono rimaste intatte.

Nino compie settant'anni in un momento delicato: non solo per la sopravvivenza del tessuto sociale italiano, ma in cui nel mondo intero l'esercizio del pensiero indipendente sembra a tratti persino vano. Eppure è proprio in quelle stanze, in stanze come quelle, che ognuno di noi può cercare – tanto per continuare con una terminologia marinara – la famigerata ancora di salvezza.

E allora che cosa è la letteratura? Forse un sistema di “oggetti eterni” – scrive Leonardo Sciascia in Nero su nero riferendosi non senza irriverenza ad un'espressione coniata dal matematico Whitehead – che variamente, alternativamente, imprevedibilmente splendono, si eclissano, tornano a splendere e ad eclissarsi e così via alla luce della verità. Ciò che, d'altronde, non concerne esclusivamente la letteratura, ma ogni sincera forma d'arte. Come le mani impresse sulle pareti delle caverne dalle antiche sacerdotesse, ogni verso – nella vera poesia – consegna all'iride del lettore il fioco ma inestinguibile fuoco fatuo della speranza.

Ma raccogliendo i miei souvenir – interminabili partite a ping pong nell'ingresso della vecchia casa dei miei bisnonni tramutata in cantina, cento giochi iniziati durante l'infanzia e l'adolescenza e rievocati fino ad oggi, languori letterari, scherzi, interrogazioni intessute ora d'aspettative ora d'amarezze – al cospetto di questa pagina che immagino di sale, uno s'è imposto; e, con involontaria ironia, era intinto nello stesso nero dell'inchiostro. Rammento benissimo che quando eravamo ragazzi, con mio fratello e i nostri cugini di Caltanissetta, ci piaceva che Nino ci raccontasse di quando un polpo si era misteriosamente accanito, in una stravagante faida suicida, non soltanto sul giornalista Giuseppe Quatriglio, ma pure su sua moglie.

Anni dopo, Nino ha fissato questo episodio in una lirica dove, come spesso accade nella sua opera, suoni e ritmi s'inseguono e s'intersecano. Se è vero che lo scrittore è in gran parte memoria, Nino ha intessuto nelle trame di un dialetto che forse s'avvia ad essere dimenticato reminiscenze quotidiane e sottili armonie di parole. E, se è vero che Nino è il miglior declamatore dei suoi versi, perché, proprio come i primi artisti nelle caverne, conosce molteplici segreti per evocare le sue – e le nostre – fantasie, non vedo l'ora di sentirlo recitare ancora. Di farmi raccontare ancora una volta la tragicomica vicenda del polpo.

***

Le foto di Nino Catalano trattengono un momento di gioco e d'allegria. Siamo a Chiaramonte Gulfi, nel 1986. In primo piano, da destra, si riconoscono sorridenti: Nino De Vita che gioca a braccio di ferro con Fabrizio e Vito. Accanto a loro, divertita, c'è Maria Andronico, moglie di Leonardo Sciascia. E alle loro spalle, se fate bene attenzione, è possibile scorgere Gesualdo Bufalino e Sciascia mentre conversano.



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