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13/04/2010 04:24:39

Lombardo e l'inchiesta sulla mafia: «Mai ricevuto avviso di garanzia» ‎

Il presidente della Regione Siciliana, Raffaele Lombardo, ha reso spontanee dichiarazioni alla Procura della Repubblica di Catania nell'ambito dell'inchiesta su presunti rapporti tra mafia e appalti avviata sulle indagini di carabinieri del Ros.Il governatore è indagato per concorso esterno all'associazione mafiosa, assieme al fratello Angelo, che è parlamentare nazionale del Movimento per le autonomie. Nell'inchiesta sono coinvolti anche due deputati dell'Assemblea regionale siciliana: Fausto Fagone, dell'Udc, e Giovanni Cristaudo, del Pdl-Sicilia. Secondo quanto appreso, Lombardo è stato sentito per poco meno di due ore al Palazzo di giustizia di Catania dal procuratore Vincenzo D'Agata e dai quattro sostituti titolari dell'inchiesta: Giuseppe Gennaro, Agata Santonocito, Antonino Fanara e Iole Boscarino.

 

 

Lombardo si è sempre proclamato estraneo alle ipotesi di reato che gli sarebbero contestate e ha definito "spazzatura politica" le accuse che gli muoverebbero due collaboratori di giustizia. Le indagini dei carabinieri del Ros di Catania, che poi si sono intrecciate con dichiarazioni su politici e amministratori, avevano al centro della loro attività il boss Vincenzo Aiello della cosca Santapaola.

 

E' lui ad essere 'intercettato' e militari dell'Arma ascoltanò frasi che ritengono lo possano collegare pesantemente con la politica. Il boss non gradisce ad esempio la nomina nella giunta regionale di due magistrati, Massimo Russo e Caterina Chinnici, bollando la scelta di Lombardo come "una minchiata". Nell'inchiesta si innestano anche le dichiarazioni di almeno due pentiti: Eugenio Sturiale e Maurizio Avola. Il primo è un 'colletto bianco' del clan Ercolano da tempo passato, dopo essere transitato alla cosca Laudani, al gruppo storicamente rivale dei Cappello legati ai Cursoti. Le sue dichiarazioni sono state utilizzate per la prima volta nel processo al re dei supermercati in Sicilia, Sebastiano Scuto. E' stato arrestato nel 2009 nell'ambito dell'operazione Revenge collegata a una faida tra clan rivali a Catania. L'altro pentito, Maurizio Avola, alla fine degli anni Ottanta era un giovane sicario del rione Picanello della 'famiglia' Santapaola, che si è auto accusato di oltre 50 omicidi, compreso quello del giornalista Giuseppe Fava. Avola è detenuto dal 1997 perché, dopo essere tornato libero con l'ammissione al sistema di protezione, l'anno prima, assieme a altri tre pentiti, rapinò due banche a Roma, per un bottino complessivo di 140 milioni di lire.

 

Il procuratore capo, Vincenzo D'Agata, confermando che "l'incontro é durato meno di due ore" e che si è 'svolto nel Palazzo di giustizia'', ha rivelato che il presidente della Regione Siciliana "ha ribadito la sua assoluta estraenità a qualsiasi contaminazione riconducibile a rapporti con esponenti mafiosi". "Ha illustrato in particolare - ha concluso il procuratore D'Agata - le scelte e le iniziative antimafia che con rigore sono state assunte dal governo regionale fin dall'insediamento del governatore Lombardo".

 

Durante l'incontro il presidente Lombardo, che non si e' avvalso dell'assistenza di legali, ha chiarito la sua assoluta estraneita' alle propalazioni contenute negli articoli di stampa oggetto della fuga di notizie. "Ho trovato magistrati attenti e disponibili - ha spiegato Lombardo - a cui ho riferito tutte le circostanze utili alle verifiche in corso. Ho fornito altresi' elementi precisi e circostanziati a cominciare dalle farneticanti accuse del sig. Avola, che non ho mai conosciuto, affermazioni che mi vedono parte offesa per il reato di calunnia che contestero' a qualsivoglia altro soggetto mi dovesse chiamare in causa impropriamente".

 

"Ai magistrati - ha continuato Lombardo - ho fornito, altresi', elementi specifici che si pongono come una plausibile chiave di lettura della vicenda nella quale sono indebitamente coinvolto e di cui rendero' conto pubblicamente, perche' ciascuno possa farsi un proprio autonomo convincimento. Ho avuto modo di confutare nel merito gli addebiti contenuti in notizie di stampa, in quanto durante la mia azione politica e in tutta la mia vita ho sempre contrastato l'illegalita', e quella mafiosa in particolare e gli interessi ad essa sottesi, come peraltro dimostrano incontrovertibilmente le mie azioni di presidente della Regione Siciliana. Infine - ha concluso il presidente Lombardo - ho ribadito ai magistrati la mia piena e totale disponibilita', qualora ne ravvisino l'opportunita', a fornire ogni ulteriore elemento utile alla loro azione".

"Martedì davanti all'Assemblea regionale diremo chi sono i politici legati alla mafia e agli affari". Il presidente della Regione siciliana Raffaele Lombardo, concludendo a Catania una manifestazione organizzata dal Mpa e dedicata ai giovani e alle donne, si è soffermato sull'indagine della Procura di Catania, dove si era recato sabato per rendere spontanee dichiarazioni.

 

"Sosteniamo e rispettiamo la magistratura - ha detto Lombardo - che, fondamentale com'è per la nostra democrazia, vogliamo libera, forte e indipendente. Per questo non vogliamo che sia privata dello strumento delle intercettazioni".

"Quando poi penso alle incredibili accuse rivoltemi - ha aggiunto il presidente della Regione - mi torna in mente un detto popolare siciliano: ogni impedimento è giovamento. E il giovamento è che la Sicilia ci sostiene nella nostra azione di rinnovamento e che stiamo dando un'accelerazione all'evoluzione del Movimento per le autonomie. E stiamo dimostrando che la politica è partecipazione e non la farsa dei talk show televisivi".

"Vi chiedo - ha detto Lombardo rivolto alla platea di iscritti e simpatizzanti - di adeguarvi, tutti, a questa linea: è il momento dell'unità e abbiamo bisogno anche dell'entusiasmo dei giovani e delle donne per combattere quell'ascarismo che ha sempre condotto al saccheggio della Sicilia, terra ricchissima: soltanto dai tributi della raffinazione del petrolio avrebbero dovuto darci dieci miliardi di euro all'anno".

"E' ovvio - ha concluso il governatore - che le forze che finora hanno lucrato sulla Sicilia vedono il nostro movimento come una minaccia mortale. E già in dicembre, davanti all'Ars, avevo detto che avrebbero cercato di fermarci prima sul piano politico, poi su quello mediatico, poi su quello giudiziario e infine, speriamo di no, sul piano fisico. Siamo già alla terza fase, ma non ci fermeranno. Un po' ci eravamo impigriti dopo le manifestazioni nazionali per il ponte sullo Stretto e per le strade provinciali, ma ora, di fronte a un attacco così micidiale, dobbiamo tornare a lavorare per l'autonomia. E chi ci voleva fermare capirà di aver sortito l'effetto contrario".



Politica | 2025-12-17 00:00:00
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