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16/03/2011 05:03:42

Mazara, Marsala e non solo. In ginocchio il comparto pesca in Sicilia

Questo e' lo scenario, descritto dal rappresentante del Distretto della Pesca di Mazara del Vallo Giovanni Tumbiolo, nel quale si muove la pesca siciliana oggi.
''Sottolineo la necessita', cosi' come evidenziata dall'assessore regionale alle Risorse agricole e alimentari Elio D'Antrassi - prosegue Tumbiolo - che la pesca siciliana si presenti unita e coesa, avendo la capacita' di fare sintesi. Solo cosi' essa potra' diventare un serio interlocutore dell'Ue e delle istituzioni nazionali ed internazionali, dove si decidono le sorti della pesca, anche quella siciliana. Come distretto in questi anni abbiamo elaborato un modello di sviluppo, che vogliamo condividere attraverso il tavolo dell'Osservatorio della pesca del Mediterraneo. Il modello - conclude - e' quello del Distretto Mediterraneo ispirato dai principi della Blue Economy''.


LA SITUAZIONE A MARSALA. A Marsala la crisi della marineria coinvolge 400 famiglie marsalesi e più in generale di oltre 1200 abitanti. Una delegazione di operatori della pesca composta da Uccio Tramati, Luigi Li Causi, Matteo Trono e Vito Rallo ha di recente incontrato il Sindaco di Marsala, Renzo Carini. Al primo cittadino marsalese è stato rappresentato in particolare come la quota pesca del tonno per l’anno in corso non sia assolutamente sufficiente a garantire un reddito appena sufficiente per la sopravvivenza del comparto. “E’ una cosa assurda - precisano gli armatori Tramati e Li Causi. Per l’anno in corso ci è stata assegnata una quota pesca per il tonno, con il sistema del palangaro - di appena 200 tonnellate. Basti evidenziare che una barca che effettua la circuizione questa quantità di pescato può raggiungerla in un giorno o poco più. Da parte nostra siamo fermi da un mese e non abbiamo intenzione di uscire in mare se la delicata vicenda non avrà buon fine”. La triste storia dei pescatori marsalesi (20 imbarcazioni) di grandi pelagici (tonno e pescespada) ha inizio con il nuovo anno. Viene, infatti, comunicato alla flotta peschereccia lilybetana che con il sistema, peraltro selettivo, da loro adottato possono pescare solo 132 tonnellate delle circa 1800 consentite anche con altri sistemi: Circuizione, pesca sportiva e tonnare fisse. Prima protesta ed il quantitativo per la pesca con il palangaro viene portato a 200-220 tonnellate. La cifra, comunque, è ben distante da quella autorizzata dall’ICCAT (l’organizzazione mondiale per la pesca dei grandi pelagici) nel 2010 allorquando i nostri pescatori, e più in generale quelli che adottano la pesca con il palangaro, ebbero la possibilità di pescare fino a 550 tonnellate di prodotto. “La stagione scorsa – precisa Matteo Trono – malgrado la quota pesca fosse la metà di quella del 2001 siamo riusciti a sbarcare il lunario. Quest’anno invece ci hanno legato le mani e la cosa più assurda è che i nostri mari presentano un quantitativo eccezionale di tonni. Come se non bastasse, inoltre, ci hanno pure proibito la pesca del pescespada nei mesi più propizi e cioè a ottobre e novembre. Ci dicano loro come dobbiamo vivere non avendo ormai, già da diverso tempo, nemmeno la possibilità di potere attingere al fermo biologico”. Situazione dunque di estrema precarietà con una grossa fetta della popolazione che rischia di non avere più un reddito con cui assicurarsi gli approvvigionamenti di base.


Carlo Rallo