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18/08/2011 04:03:34

Dentro il carcere di Marsala. Ecco com'è la situazione / 2

“ Non occorre guardare solo a Marsala – ci dicono il Dirigente Paolo Malato e il Comandante Carmelo Arena che siamo andati a trovare alla casa circondariale marsalese - ma alla situazione generale della regione, in cui si ha un sovraffollamento cospicuo. Il circondario del tribunale di Marsala è molto ampio. Bisogna considerare delle esigenze complessive. La costruzione del nuovo carcere fa parte di un piano carceri nazionale attuato dal commissario straordinario Franco Ionta. Noi, ovviamente, assicureremo il servizio nel migliore dei modi”.
E in questa vecchia fortezza che faranno? “Non dipende dal nostro ministero, non sappiamo cosa succederà..”
Il dottor Malato ci tiene a dire che Marsala è grande e  che questa struttura è inferiore all’esigenze. “L’anomalia del carcere di Marsala è che dopo la fase istruttoria, la struttura dei reparti detentivi si compone di 7 stanze in cui ci sono 5, 6, 7 persone. Più 4 per i soggetti particolari detenuti per reati contro la persona (violenze sessuali ecc)”.  
Si sa, infatti, che c’è una legge interna tra i detenuti per cui i pedofili, gli stupratori non vengono visti di buon occhio. “Il tossicodipendente viene visto come disgraziato. 41 bis non ne abbiamo quindi non ci sono persone dentro per fatti di mafia. Abbiamo carcerati per reati comuni: rapinatore, omicida, non connessi quindi a criminalità organizzata”.
La capienza regolamentare, come abbiamo detto,  è di 35 persone. “Noi ne abbiamo circa 50. Appena arrivati a questa soglia chiediamo il sovraffollamento e quindi vengono trasferiti. Se ne arrivano altri, con questo largo bacino di utenza che copre molte città del sud della provincia, non avremmo dove metterli”.
Ad ogni detenuto per legge è previsto un certo spezio all’interno della cella. “Abbiamo direttive della Comunità Europea che determina 3 metri quadri per persona. A volte abbiamo uno sforamento ma è una situazione generale”. Complessivamente la popolazione detenuta sfiora le 70 mila unità a livello nazionale, quando dovrebbe essere di 48 mila. Il problema viene attenuato, a Marsala, per via di questo turn over. “Se ci fosse un carcere come quello di Trapani, un soggetto, dopo l’interrogazione e processo di primo grado, rimarrebbe”. Parliamo del nuovo carcere di Marsala, finalmente ci sono più posti.  “Prevede  300, 350 posti. Per i costi, si parlava allora di 80 miliardi di lire. Noi speriamo che al più presto vengano iniziati i lavori e soprattutto portati al termine. Il nuovo palazzo di giustizia ad esempio l’hanno iniziato, i lavori vanno avanti…  Speriamo bene”. Adesso il nuovo tribunale che si sta facendo risponderà al largo bacino, ma è anche vero che il carcere è collaterale.
Il comandante e il dirigente ci tengono a precisare, parlando della vita in carcere dei detenuti: “non dimentichiamo che un detenuto è un cittadino. Sia italiano che extracomunitario. È un soggetto che ha anche dei diritti”.  I colloqui con i familiari si svolgono due volte a settimana. Possono telefonare e  hanno tv in camera. “Cosa diversa è il 41 bis. Comunque una cosa è svolgere un controllo su carcerati normali altra è sui 41bis”.
Un po’ di tempo fa ha fatto il balzo la notizia sul divieto per i detenuti che vestono griffati, a Marsala ci sono? “No, qui abbiamo poveracci. In base alle disposizioni del provveditorato, che sono state recepite anche da noi, non sono previsti oggetti o capi firmati. Anche i capi taroccati, portano a una disparità”. A Marsala quindi c’è l’opposto. Infatti il contributo della San Vito Onlus, ci dicono, è prezioso. Anche perché l’incontro dei detenuti con rappresentanti della popolazione esterna è fondamentale. “Noi operatori penitenziari non possiamo oltrepassare una certa soglia, abbiamo un regolamento che dobbiamo rispettare. Ultimamente poi c’è un drastico taglio dei finanziamenti dei lavori riservati ai detenuti. Ed è fondamentale il volontariato perché supplisce i vuoti lasciati dallo stato: vestiti biancheria, sigarette che sono fondamentali nel carcere e che i detenuti le possono comprare. Ma chi non ha fondi non può fumare”.
Quello che necessiterebbe , in una atmosfera  psicologicamente pesante, è un cappellano fisso. “Purtroppo non l’abbiamo, ci sono problemi in questo senso, abbiamo presentato la richiesta al vescovo, la nomina spetta a lui, ci sono anche qui mancanze di fondi”. C’è soltanto un prete, padre Cannatà che viene solo il sabato a celebrare la messa.  Il cappellano sosterrebbe moralmente i detenuti, darebbe anche qualcosa, come le sigarette.  
L’impatto col carcere, per un incensurato, è sempre un’esperienza traumatica. Per alcuni invece è come una villeggiatura, perché abituati a una vita di stenti. Non dimentichiamo che stiamo parlando di carcere, quindi “privazione della libertà personale, un soggetto non è libero di andare in bagno, la doccia la deve fare in base ai turni. Non possono avere contatti, per scrivere una lettera devono fare una domandina, internet è escluso”. Hanno il televisore ma il problema non è escluso. Ad esempio c’è un solo televisore per 6/7 persone, chi decide cosa guardare? “Ci sono delle gerarchie, prevale il discorso economico. Chi ha più possibilità economiche rispetto agli altri ha un piccolo comando all’interno della cella, in cambio ci sono dei piccoli servizi che gli altri fanno, come ad esempio pulire la cella. Sono cose che noi non possiamo curare, fanno parte di aspetti inviolabili della libertà degli individui”. La spesa viene fatta due volte a settimana, ci sono generi previsti e altri vietati. Cozze, gamberoni, aragosta e cibi più prelibati sono assolutamente vietati. I dolci solo la domenica. Come per l’abbigliamento per uno che compra l’aragosta è un segno distintivo. Una volta eppure si usava, pensiamo al gran hotel Ucciardone...  “Ma non era una tolleranza dei colleghi, non c’era una normativa ben precisa all’epoca”.
Comunque il ruolo dell’agente penitenziario è difficile. “Senza retorica e senza offesa per gli altri corpi, la Polizia Penitenziaria è la più completa come compiti. Dobbiamo mantenere ordine, sicurezza e coordinare anche la rieducazione. Uno deve essere poliziotto, psicologo, deve capire cosa sta per fare un soggetto, deve prevenire un atto. Nonostante la grave carenza di personale la Polizia Penitenziaria fa il suo dovere in silenzio, non sbandieriamo i successi”.
Le ultime battute riguardano la televisione. In Italia la maggior parte delle fiction è incentrata su Polizia, Carabinieri, preti e professori che indagano sulla qualsiasi, ma quasi nessuna contempla il corpo della Polizia Penitenziaria. L’unica eccezione riguarda “Cugino e cugino”, la fiction con Giulio Scarpati e Nino Frassica trasmessa da Rai Uno tra febbraio e marzo 2011. “Non mi è piaciuta affatto - commenta Malato -, in questa fiction il ruolo degli agenti non è completamente considerato, sembrano delle macchiette. Tutto gira intorno alla figura, seppur importante, dell’educatore e della sua storia d’amore con un magistrato. Gli agenti sono messi un secondo piano, il Direttore sembra una macchietta che si limita a lamentarsi”. Il comandante Arena ha gusti diversi: “Forse solo in Don Matteo c’è un’immagine che fotografa il nostro lavoro, quando il prete va in carcere per interrogare i presunti colpevoli. Se ci fate caso l’agente è sempre dietro, nell’ombra, come noi. Ma ci siamo sempre”.