Imputati sono il collaboratore di giustizia Maurizio Di Gati (nella foto), Matteo Messina Denaro, Giuseppe Nobile, Bernando Provenzano, Domenico Virga, il pentito Nino Giuffré e Ignazio Melodia.
A ricostruire l'estorsione a un imprenditore di Favara, Salvatore Vullo, titolare della Sa.bo. che aveva svolto dei lavori edili a Partanna è stato lo stesso Di Gati. L’udienza preliminare, davanti al Gup di Palermo Lorenzo Jannelli, si terrà il 4 ottobre prossimo. La vittima ha annunciato la costituzione di parte civile.
I FATTI. Tutto parte da una fascetta di banconote. Per l'esattezza: 10.000 euro. I soldi furono trovati a Santa Margherita Belice, in provincia di Agrigento, durante un blitz, 10 anni fa, in un casolare. Era l'operazione "Cupola", del 14 Luglio 2002. Per anni gli inquirenti si sono interrogati sulla destinazione di quei soldi. Quel giorno, i capi dei mandamenti di Agrigento erano seduti attorno ad un tavolo per eleggere il capo della commissione provinciale di Cosa nostra. Erano 15, furono sorpresi e arrestati.
Adesso il pentito Maurizio Di Gati ha svelato che era il boss Matteo Messina Denaro il destinatario di quei soldi, estorti ad un imprenditore di Favara, Salvatore Vullo, titolare della Sa.Bo. Costruzioni, che aveva svolto dei lavori a Partanna.
Il pizzo, secondo Di Gati, lo aveva materialmente riscosso il boss Giuseppe Nobile, che adesso ha 60 anni. Dieci anni fa, Nobile era consigliere provinciale di Forza Italia, ad Agrigento.
All'operazione Cupola ha fatto seguito, nel 2012, l'operazione "Nuova Cupola". Nella Città dei Templi,Porto Empedocle, Siculiana, Sambuca di Sicilia, in altri comuni della provincia e a Palermo, gli agenti hanno eseguito 52 fermi di polizia giudiziaria(cinque notificati in carcere), su richiesta del procuratore aggiunto Vittorio Teresi, e dei sostituti procuratori Emanuele Ravaglioli e Rita Fulantelli della Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo. Le accuse per gli indagati vanno dall’associazione di tipo mafioso all’estorsione, alla detenzione di armi. L’inchiesta della polizia e della Dda denominata “Nuova Cupola” ha consentito di disarticolare la nuova struttura del clan di Cosa Nostra agrigentina, che si erano riorganizzati dopo la cattura dei capi storici, il campobellese Giuseppe Falsone e l’empedoclino Gerlandino Messina, ed avevano stretto alleanze con il latitante più ricercato d’Italia, Matteo Messina Denaro.