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20/02/2013 05:33:10

Dopo la condanna il Vescovo Mogavero ha sospeso "a divinis" Don Vito Caradonna

Da ieri, Caradonna è stato sospeso "a divinis" dal Vescovo Domenico Mogavero. Il che significa che non può dire messa, anche se potrà continuare a vestire l'abito talare. Non è l'unico sacerdote sospeso a divinis nel nostro territorio. Infatti, un anno e mezzo fa il vesvoco di Trapani Miccichè aveva sospeso - per un'altra scabrosa vicenda di sottrazione di beni della Diocesi - l'ex amministratore diocesano Don Ninni Treppiedi, che è stato anche arciprete ad Alcamo.

Mogavero ha comunicato la decisione a Caradonna ieri, personalmente, dopo un colloquio. Decisione dovuta, quella del Vescovo, anche per prevenire le critiche che stavano già montando a Santa Ninfa, città dove Caradonna era stato destinato dal Vescovo. Va detto, comunque, che Mogavero non ritenne opportuno prendere provvedimenti con Caradonna neanche il giorno in cui fu raggiunto da un provvedimento di divieto di dimora a Marsala da parte della Procura per una vicenda legata alla sua dipendenza dal "Gratta & Vinci", che lo aveva visto raggirare un parrocchiano della contrada San Leonardo, a Marsala, per sottrargli 75.000 euro. Vicenda che vede Caradonna, adesso, imputato in un altro procedimento che si tiene sempre davanti al Tribunale di Marsala.

"Ai tempi, quando dicemmo che non si trovavano i soldi raccolto con la processione e la festa di San Leonardo - raccontano gli abitanti della popolosa borgata marsalese, -  il Vescovo ci disse che non ci poteva aiutare perchè non c'erano le prove". Mogavero, comunque, prima dell'emissione del provvedimento della Procura nei confronti di Caradonna, lo aveva già rimosso dall'amministrazione dei beni ecclesiastici della sua parrocchia.

I fatti per cui è stato condannato Don Vito Caradonna, dei quali comunque il tribunale ha riconosciuto la "tenuità" (ecco la ragione di una condanna tutto sommato mite, e con il beneficio delle sospensione condizionale della pena) risalgono al 2005.. Ad accusare Caradonna è stato Paolo Lo Cascio, che all’epoca dei fatti aveva poco più di 30 anni: “Fui invitato da Don Vito a casa sua. Ha detto che voleva offrirmi un caffè, ed io ci sono andato. Non so cosa abbia messo nel caffè, fatto sta che ad un certo punto mi sono sentito girare la testa. E Don Vito ha abusato di me”. Gli avvocati hanno sempre sostenuto l'infondatezza delle accuse. 



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