Con un campionario di oggetti i più impensati: materassi con vistose macchie rossastre, sedie sgangherate, malinconiche carcasse di televisori ciechi, specchi obliquamente infranti. Immagini difficilmente accettabili per chiunque. Ma anche un bruttissimo biglietto da visita per i turisti giunti in città, in coincidenza dell’inizio della settimana delle “Cene di San Giuseppe”. L’appuntamento più atteso dell’anno, questo, nel corso del quale la “strata mastra” e le viuzze del centro storico s’imbellettano alla meglio per accogliere festosamente i forestieri. Insomma uno spettacolo indecoroso che ha ferito l’orgoglio dei salemitani e che oggettivamente ha arrecato un danno d’immagine alla cittadina normanna. L’indignazione si è accresciuta quando si è saputo che il blocco della raccolta dei rifiuti era scattato solo a Salemi. Una sorta di punizione? O cosa? Nei rimanenti dieci comuni dell’ Ato Belice tutto infatti è proceduto nella normalità. Perché alla città che fu degli Elimi è stato riservato un trattamento speciale? Domande legittime. Non di sciopero del personale si è trattato. Pur avendone avute tutte le giuste motivazioni gli operatori del settore raramente hanno usato l’arma legittima dello sciopero. Segno forse di un invidiabile attaccamento aziendalistico. I quattro i giorni di interruzione del servizio pubblico sono stati causati invece dal mancanza di carburante dei mezzi. Il consueto rifornitore aveva chiuso le pompe.
Vantava un credito di 800 euro! Dalla lettura di un quotidiano del mattino si è saputo che Nicola Lisma, commissario dell’Ato Belice, aveva inviato, nei giorni antecedenti, una nota a tutti sindacicon la quale comunicava che a“causa della mancanza di risorse finanziarie la società non è più in grado di garantire la raccolta dei rifiuti.” Precisando che per evitare il blocco del servizio, quasi tutti i comuni si erano attivati per permettere di rifornire carburante ai mezzi della Belice Ambiente che prestano servizio presso i loro comuni. Sottolineando infine che “Il comune di Salemi si è attivato solamente nella giornata di venerdìsera.” Cosa che tuttavia non ha consentito di riportare il tutto alla normalità perché, come ha dichiarato, sempre allo stesso giornale, il caposquadra degli operatori ecologici di Salemi, Paolo Rizzotto, lo straordinario lo avrebbero potuto fare “solo per il commissario della società, e cioè Nicolò Lisma, che ha sempre preso a cuore la nostra situazione, e non certo per i Comuni che non versano le quote associative”. Ma in evidente contraddizione con lo stesso Lisma che, sempre nello stesso articolo, precisava che “la società ha chiesto agli operatori ecologici che lavorano presso il comune di Salemi di effettuare lo straordinario e quindi di poter lavorare la domenica giorno dove non è previsto il servizio sia oltre le sei ore previste nel contratto di lavoro, ma i dipendenti si sono rifiutati” . Per sentire l’altra campana abbiamo chiesto delucidazioni al prefetto Leopoldo Fazio, presidente della Commissione Straordinaria del Comune. Ci ha ribadito lo stesso concetto che in un nostro precedente incontro. Di considerare cioè piuttosto bizzarro il teorema di Lisma in base al quale sarebbero da attribuire le medesime responsabilità a ciascun comune.
“Il comune di Salemi, che ho il dovere di difendere” – ci ha detto con un piglio estremamente infastidito per il modo come si sta sviluppando la vicenda- “non può essere assimilato ad altri comuni, noi fino ai primi di dicembre abbiamo versato 1milione e 800.mila euro; per azzerare la nostra quota rimangono 500mila euro in aggiunta ai primi tre mesi dell’anno corrente. 950mila euro circa. Cifra che supera più o meno alla differenza tra 1.913.000 euro circa (cifra dovuta) e 1.089.000 euro circa (l’ammontare del pignoramento) che equivale a 824mila euro. Credo che qualcuno abbia preso un grosso abbaglio. E’ stato aperto un tavolo tecnico con l’Ato, per mettere un punto definitivo alla querelle. E quando verrà fuori la cifra corretta da pagare salderemo quanto dovuto.” A rappresentare il comune sono stati incaricati il dottore Calamia e l’architetto D’Aguanno.Speriamo si faccia finalmente chiarezza e si metta fine a questo terroristico balletto di numeri. Intanto dopo il primo incontro è risultato che l’Ato ha addebitato al comune voci che non avrebbe dovuto assolutamente conteggiare (come ad esempio: gli interessi, i contributi regionali per la stabilizzazione, stipendi pagati, locazioni mai pagati, fondo di rotazione, bobkat non restituito, attrezzature cassonetti pagati dal comune..ecc ecc.). Infine. Mentre ci chiediamo come mai non si può avere una tabella che indica il dovuto dai singoli comuni, è facile fare un piccolo conteggio e dedurne le conseguenze. Se la matematica non è un’opinione chiunque può fare questo semplice calcolo. Se alla cifra di 28 milioni di euro indicata come crediti dai Comuni, sottraiamo i 19milioni indicati come pignoramenti, arriviamo alla cifra di 9 milioni circa. Questo dovrebbe essere l’ammontare complessivo netto dovuto dai Comuni all’Ato.Ebbene. Una cosa è certa. La quota parte spettante al Comune di Salemi è pari al 7,5%. appare subito evidente, alla luce dei numeri sopra indicati, che altri dovrebbero essere i grandi inadempienti. Se così stessero le cose, interrompere il servizio solo a Salemi e per una cifra, tutto sommato, ben modesta rispetto ai grandi numeri citati, e per di più alla vigilia di un evento tanto importante come “Le Cene”, ci sembra quanto meno surreale. Ma il Prefetto Falco non è disposto a considerare quanto accaduto come un mero incidente di percorso. E’ convinto che la Città abbia subito “un danno notevole d’immagine”, che l’interruzione del servizio in un solo paese sia stato “un reato penale “ e che il modo come tutta la vicenda si è svolta ha ricordato "avvertimenti di un certo tipo...”. Giudizi molto severi, come si vede, e che preludono ad imprevedibili sviluppi.
Franco Lo Re