Quantcast
×
 
 
08/05/2013 14:04:15

Auto aziendali. Troppa differenza con gli altri Paesi europei

 Non c'è occasione in cui professori, politici, economisti e tecnici non ricordino che è necessario allinerare i nostri conti ai parametri europei. Pochi giorni fa anche il neo Presidente del Consiglio Enrico Letta ha detto che siamo europei e dobbiamo continuare ad esserlo per riprendere la competitività economica. Ma se la pressione fiscale nel resto d'Europa è più bassa che in Italia, il superbollo negli altri Paesi non esiste, il passaggio di proprietà delle auto usate altrove è gratis e l'auto aziendale è considerata un bene strumentale come una macchina utensile, c'è qualcosa che non torna. Insomma, quando ci si riferisce a tasse e imposte legate all'automobile saltano tutti i rigorosi parametri europei. Il confronto dell'Italia con i paesi dell'Unione è perdente. In Germania, nel 2012, il 62% delle auto vendute è stato intestato a società. In Gran Bretagna, il 55%; in Spagna, il 49%; in Francia, il 43%.   E l'Italia? Non poteva che essere fanalino di coda con il 36%. Se per la deducibilità, Italia, Francia e Gran Bretagna pongono un limite attorno ai 18.000 euro, non si capisce il perchè, in tutti gli altri paesi confrontabili col nostro, la quota ammortizzabile e la detraibilità dell'Iva sono calcolati al 100%, mentre qui le imprese devono accontentarsi, rispettivamente di 20% e 40%. In termini numerici, per l'ammortamento di una vettura da 30 mila euro, un'azienda tedesca può dedurne dall'imponibile 25.210 euro, mentre una italiana solo 3.615 euro, pari al 20% del tetto massimo di 18.076. Anche da questo si misura il deficit delle aziende italiane nel panorama internazionale. E a perderci, alla fine, è anche il fisco perchè un minor numero di vetture aziendali si traduce in inferiori entrate nelle casse dello Stato.