Quantcast
×
 
 
25/01/2016 06:30:00

Trapani, oggi il 33 anniversario dellomicidio di Giangiacomo Ciaccio Montalto

Sono passati 33 anni dall’omicidio di Giangiacomo Ciaccio Montalto, il magistrato ucciso dalla mafia il 25 gennaio dell'83 a Valderice che verrà ricordato quest’oggi a Trapani. Oggi si parla della figura di Ciaccio Montalto come un eroe, in realtà la giustizia, la legalità e l’alto senso dello Stato erano i valori più semplici, naturali e per lui familiari, che lo hanno accompagnato per tutta la sua esistenza. Da giovane giudice, dedito a compiere il proprio dovere e a svolgere il proprio lavoro fino in fondo, è diventato la memoria storica della Procura di Trapani e per questo è stato ucciso. Figlio di Enrico, giudice di Cassazione, entrò in magistratura nel 1970 e divenne Sostituto Procuratore della Repubblica di Trapani. Nei primi anni della sua carriera fu pubblico ministero nel processo al “Mostro di Marsala”, Michele Vinci, accusato di aver rapito e poi fatto morire in un pozzo tre bambine, tra cui la nipote. Ma è nel 1977 che la carriera di Ciaccio Montalto si indirizza su filoni d’indagine scottanti; si trova infatti ad indagare sui mafiosi trapanesi e sui rapporti con il mondo imprenditoriale e le banche. Fu tra i primi ad indagare  sul traffico di eroina e commercio di armi dei clan, ma anche sulla sofisticazione di vini, sulle frodi comunitarie e gli appalti per la ricostruzione del Belice dopo il terremoto del 1968.

Finirono per essere attenzionati da Montalto anche gli affari dei corleonesi che in quegli anni iniziavano la scalata ai vertici di cosa nostra. Loro alleati erano i Minore, tra cui Antonino (Totò), Calogero, Giuseppe e Giacomo, coinvolti in varie indagini come il finto sequestro dell'industriale Rodittis ed il sequestro del finanziere Luigi Corleo. Nel '79 Montalto chiese un mandato di cattura per Antonino Minore che fuggì da Trapani per evitare di essere arrestato. Giangiacomo Ciaccio Montalto portò davanti alla Corte di Assise diversi mafiosi locali; nell'ottobre del 1982 spiccò quaranta ordini di cattura per associazione mafiosa contro mafiosi e imprenditori collusi, che però furono tutti scarcerati per insufficienza di prove nel giro di qualche mese. Deluso dal risultato delle sue inchieste, decise di chiedere il trasferimento non come resa, ma per continuare il suo lavoro alla Procura di Firenze. In Toscana, dove i Salvo, gli esattori di Salemi, avevano trasferito le loro società e dove c’erano diversi mafiosi alcamesi e palermitani non ci arriverà mai. Fu ucciso la notte del 25 gennaio ‘83, ancora in auto, davanti all’ingresso di casa dove era giunto dopo aver passato una serata a casa di amici. Ciaccio Montalto nonostante le minacce subite non aveva nè scorta nè auto blindata. Lasciò la moglie Marisa e le figlie Marene, Silvia ed Elena. 

I killer di cosa nostra, almeno tre, lo hanno freddato con decine di colpi. Ma quella sera oltre alla violenza della mafia ci fu l’indifferenza di chi poteva vedere e udire qualcosa e ha fatto finta di nulla. Il corpo di Montalto fu trovato solo la mattina seguente da un passante, fino ad allora nessuno aveva avvisato la polizia. Ma questo non stupisce, del resto erano gli anni in cui, nonostante i morti ammazzati e le stragi, c’era chi sosteneva che a Trapani la Mafia non esisteva. Ciaccio Montalto, ha combattuto contro una mafia che iniziava ad interessarsi agli appalti pubblici e a cambiare volto, una mafia che preferiva rimanere sommersa. Le indagini e il processo sulla sua morte portarono ad una condanna all’ergasto per Totò Minore e i mafiosi Ambrogio Farina e Natale Evola, che furono assolti in corte d’appello nel 1992; nel 1995 le dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia hanno consentito l’individuazione dei veri mandanti dell’omicidio Montalto: Totò Riina e l’alleato storico Mariano Agate che con la frase “Ciaccinu arrivau a stazione”, sentenziò la morte del magistrato. Nel 1998 e poi negli altri due gradi di giudizio furono condannati all’ergastolo.

 Le manifestazioni commemorative - Questo pomeriggio alle ore 17,30 nell'atrio del Palazzo di Giustizia di Trapani, l’Associazione Nazionale Magistrati di Trapani e il Presidio trapanese “Ciaccio Montalto” di Libera, con il contributo dell’Amministrazione comunale di Valderice, dell’associazione Misericordia Sant’Alberto di Trapani e dell’Istituto Alberghiero Florio di Erice, ricorderanno Giangiacomo Ciaccio Montalto mettendo in scena la performance teatrale “Il Testimone”, dedicata al magistrato ucciso da cosa nostra e del quale sono autori il giudice Mario Almerighi e il regista ed attore Fabrizio Coniglio.
Lo spettacolo, verrà preceduto da un incontro con Dino Petralia (Procuratore Aggiunto di Palermo), e sarà replicato sempre nell'atrio del Palazzo di Giustizia, martedì 26 gennaio, alle ore 10,00, per una rappresentanza degli alunni delle scuole medie secondarie di Trapani.
Al termine dello spettacolo il pubblico potrà recarsi nell'androne del palazzo Ciaccio Montalto dove saranno esposte alcune fotografie gentilmente concesse dalla famiglia.

“Il Testimone” portato in scena da Bebo Storti e Fabrizio Coniglio - sarà presente anche l’autore, il giudice Mario Almerighi - è la storia di un’amicizia tra il sostituto procuratore Giangiacomo Ciaccio Montalto e il giudice Mario Almerighi. Non sarà uno spettacolo narrativo, ma in scena si rappresenterà un viaggio in barca, in cui i due protagonisti partono da Civitavecchia per arrivare a Trapani, luogo dove viveva Ciaccio Montalto, omaggiandolo col loro viaggio, come se la giustizia avesse fatto il suo corso. Durante questo viaggio si rivivrà una vicenda apparentemente lontana, ma tremendamente attuale. Sarà un viaggio anche ironico, che unirà elementi tragici ed aspetti grotteschi e comici. Si parlerà di Giangiacomo Ciaccio Montalto, della sua umanità, del suo grande spirito poetico e del suo profondo senso dello Stato, che va ricordato soprattutto alle nuove generazioni, cosa che fece al meglio il Presidente della Repubblica Sandro Pertini il giorno dei funerali del magistrato, quando disse: "per ricordare Ciaccio Montalto e per combattere la mafia c’è solo da rispettare fino in fondo la Costituzione".