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06/03/2016 07:00:00

Marsala, Antonio Correra condannato per calunnia anche in appello

 Confermata in appello la condanna a otto mesi di reclusione subita, nel 2014, dal 36enne rappresentante di commercio marsalese Antonio Ignazio Correra per calunnia in danno di Antonino Salvatore Sieri. I fatti sono del 2008. Il 29 aprile, Correra, dopo avere consegnato due assegni (per circa 30 mila euro) ad Antonino Salvatore Sieri, si reca dai carabinieri e denuncia lui e Massimo Bellitteri per usura ed estorsione. I due verranno, poi, arrestati e processati (ma assolti da usura ed estorsione). Appena un giorno dopo la denuncia presentata ai carabinieri, Correra si reca in commissariato e alla polizia denuncia lo smarrimento dei due assegni dati a Sieri. Da qui, l’accusa di calunnia. Nel processo a Correra, Sieri si è costituto parte civile. Ad assisterlo è stato l’avvocato Paolo Paladino. La prima sezione della Corte d’appello di Palermo, oltre alla condanna a 8 mesi, ha confermato anche il risarcimento danni di 1500 euro in favore di Sieri. Correra è stato condannato anche a pagare le spese legali alla parte civile. Già condannato, in primo grado, a tre anni e 8 mesi di reclusione per truffe in danno di aziende che producono e commercializzano fertilizzanti agricoli e a un anno e 4 mesi per ricettazione assegni rubati, Antonio Correra è stato recentemente rinviato a giudizio anche per bancarotta fraudolenta, patrimoniale e documentale, e truffa in danno dello Stato. L’accusa di truffa allo Stato è scattata perché Correra, affermando “falsamente”, secondo la Procura, di essere vittima di usura ed estorsione, avrebbe tratto in inganno la prefettura di Trapani, riuscendo ad accedere al relativo “fondo di solidarietà”, incassando quasi 200 mila euro. E con una parte della somma (158 mila euro) ha comprato un’abitazione nella frazione Acquaviva di Montepulciano (provincia di Siena), che l’8 giugno 2015, quando Correra fu posto agli arresti domiciliari, fu sottoposta a sequestro preventivo. In calce al provvedimento restrittivo e a quello di sequestro dell’immobile toscano c’era la firma del gip del Tribunale di Marsala Vito Marcello Saladino. L’inchiesta, condotta dalla sezione di pg delle Fiamme Gialle della Procura, è stata coordinata dal sostituto Nicola Scalabrini. L’accusa di bancarotta fraudolenta è stata formulata perché, a giudizio degli investigatori, Correra avrebbe depauperato sistematicamente il patrimonio della fallita “Kemical Green”, di cui era legale rappresentante, prelevando dalle casse della società oltre 212.749 euro, nonché incassando una somma leggermente inferiore mai registrata nella contabilità delle entrate relative a crediti vantati dalla società nei confronti di molti clienti. Nel luglio 2015, accogliendo l’istanza dell’avvocato difensore Francesco Messina, Correra fu rimesso in libertà, ma per “impossibilità di reiterare i reati di bancarotta e truffa allo Stato”, dal Tribunale del Riesame, secondo il quale comunque “sussistono i gravi indizi di colpevolezza”.