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22/11/2016 06:15:00

Quelle donne uccise a Trapani. Dall'omicidio di Paceco alla strage di via Omero

 Un delitto efferato, nato nelle mura domestiche, maturato in una situazione di crisi di coppia e che ha sconvolto la piccola comunità di Nubia, frazione di Paceco, alle porte di Trapani. Anna Manuguerra, 60 anni, è stata uccisa con 23 colpi inflitti con un coltello da cucina domenica intorno alle 13. Per l'omicidio è stato fermato il marito, Antonino Madone, carpentiere di 60 anni.
 L'ennesima lite, le parole grosse che volano, il marito che minaccia la moglie perché sospetta che abbia una relazione. Poi la furia cieca di Madone che si abbatte sul corpo della moglie con una, due, tre coltellate. Alla fine il medico legale ne conterà 23, una, quella letale, raggiunge il cuore.  
Madone, dopo l'omicidio, ha mantenuto la calma. E' andato al bar per un caffè e comprare le sigarette.  Risale in auto e si reca in un ristorante nei pressi della torre di Nubia dove era solito pranzare. Il proprietario nota che è sporco di sangue. “Ho commesso una fesseria”, spiega Antonino Madone. Il ristoratore, resosi conto della gravità della situazione, contattata immediatamente i carabinieri.

Ad accorgersi del corpo senza vita della donna è stata la madre di questa, una signora di 80 anni che poi ha allertato il figlio carabiniere.
I due erano separati, e separati nel modo peggiore: in casa. La coppia, infatti, continuava a vivere nella stessa abitazione, a due passi dalla Riserva delle Saline di Trapani e Paceco, anche se c'erano stati alcuni lavoretti minimi per dividere ingressi e spazi in comune ed evitare che si incontrassero. Perché ogni volta erano litigi, parole grosse e minacce. E da poco tempo la separazione era stata sancita da una sentenza del giudice. Anna Manuguerra aveva trovato il coraggio di separarsi dal marito violento dopo 38 anni di un matrimonio che per molto tempo era stato per lei un incubo, con soprusi e violenze subiti in silenzio, come ricordano in queste ore i vicini e i parenti (altri due suoi fratelli sono carabinieri).

La signora temeva per la sua vita. Lo aveva detto al suo legale, l’avvocato Vincenzo Maltese, che l’assisteva nel procedimento giudiziale per il divorzio. Il marito non le passava neanche i soldi stabiliti e la donna si arrangiava lavorando occasionalmente come collaboratrice domestica. Intanto proseguono le indagini dei Carabinieri che hanno già sentito uno dei tre figli della coppia, Gaspare, che presta servizio nell’Arma come i due zii, fratelli della madre. Gli altri due ragazzi, Giuseppe e Maria Grazia, saranno ascoltati dal sostituto procuratore Sgarrella, che coordina le indagini. Il magistrato ha già interrogato Madone che avrebbe ammesso la sua responsabilità. Adesso è rinchiuso nel carcere San Giuliano e per oggi è prevista  l’udienza di convalida dell’arresto. L’autopsia sul corpo della vittima è fissata per oggi alle 15 ed è stata affidata al professore Paolo Procaccianti del Policlinico di Palermo. 

La provincia di Trapani, come tutta Italia, in questi ultimi anni è stata teatro di diversi delitti del genere.
Femminicidi, un neologismo che entra spesso nelle cronache. Donne uccise da mariti gelosi, da amanti possessivi, da uomini violenti.
Trapani non è nuova a questi delitti. Di inaudita violenza è stato l'omicidio Anastasi.
Maria Anastasi, 39 anni, casalinga, era madre di tre figli, ed era incinta all'ottavo mese quando è stata barbaramente uccisa nell'estate del 2012. Vittima della sua bontà, hanno sintetizzato in molti. Perchè per quell'omicidio sono stati condannati in primo grado all'ergastolo il marito, Salvatore Savalli, e l'amante Giovanna Purpura.
Il corpo di Maria Anastasi, 39 anni, venne trovato senza vita e martoriato dal fuoco qualche giorno dopo la scomparsa della donna. Il marito, nell'immediatezza del delitto, raccontò che era con la moglie e che era scesa dall'auto e non aveva più saputo nulla. Dopo poche ore era emersa un'altra tragica versione. Quella secondo la quale era stato lui, con l'aiuto della sua amante, a volersi sbarazzare dalla moglie, che aspettava un bambino. La donna fu brutalmente uccisa a colpi di pala e poi bruciata.

Nel dicembre del 2013 Trapani conosce un altro efferato omicidio, quello della nigeriana Uwadia Bose. La donna di  trentotto anni, viveva stabilmente a Palermo con il compagno ed era madre di due gemelli di 4 anni, di giorno svolgeva l’attività di parrucchiera nel capoluogo, mentre, da alcuni mesi, la sera raggiungeva Trapani con i mezzi pubblici e si prostituiva, fino all’alba, in Piazza Ciaccio Montalto nei pressi della stazione ferroviaria. La donna iniziò a prostituirsi per raccogliere, la somma necessaria a pagare il suo debito con chi l’aveva fatta giungere in Italia. Il suo cadavere venne rinvenuto nei pressi del cimitero comunale di Custonaci, la mattina del 24 dicembre dietro ad un chiosco per la vendita di fiori. I rilievi eseguiti dai Carabinieri, e il referto del medico legale, hanno evidenziato come la donna sia stata prima colpita violentemente alla tempia e poi strangolata. E’ iniziata allora un’incessante e complessa analisi sulle abitudini della Jennifer (questo il nome con cui era conosciuta a Trapani dai suoi clienti e dalle altre prostitute), ma soprattutto nei confronti dei clienti abituali e occasionali. Le indagini condotte dai Carabinieri dopo una serie di interrogatori, controlli di tabulati telefonici e servizi di osservazione e pedinamento, portarono a stringere il cerchio attorno a Alessandro Bulgarella.
E' stata una strage invece quella di via Omero, sempre a Trapani, nel gennaio 2012. Nasce sempre tutto dai conflitti tra marito e moglie, dalla gelosia di lui, la fine di una relazione e l'uomo che non sopporta l'idea di essere lasciato.
L'uomo era Pietro Fiorentino. Ha ucciso i suoi familiari, ha dato fuoco alla casa e poi si è suicidato. Fiorentino ha ucciso la moglie Stefania Mighali di 39 anni, la figlia Daniela di 8 anni, la suocera Nunzia Rindinella di 77 e il cognato disabile Hans di 55 anni. Poi ha dato fuoco alla casa, è salito sul terrazzo e si è lanciato nel vuoto. Anche qui sullo sfondo una situazione familiare molto precaria, l'uomo senza un lavoro fisso, le sue continue richieste di denaro. I litigi, che sono sempre ascoltati e percepiti dai vicini a tragedia avvenuta. Ma è raro che ci possano essere interventi prima.
E quando succede sono sempre i più deboli le vittime. Perchè quelle donne, uccise con crudeltà, sono state mogli, che hanno subito per anni soprusi, ma soprattutto madri, che hanno tentato in tutti i modi di nascondere le lacrime ai figli, spesso bambini. Anche loro, vittime innocenti di una crudeltà troppo frequente, anche dalle nostre parti.