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24/02/2017 08:25:00

Marsala, processo a Bianchi per traffico di rifiuti. Parla il consulente della Procura

 Il super consulente della Procura di Marsala, Vincenzo Nicolì, vice presidente dell’ordine interprovinciale dei chimici di Palermo, è stato nuovamente ascoltato nel processo che davanti al giudice monocratico Matteo Giacalone vede imputato, per “traffico illecito di rifiuti”, l’80enne imprenditore marsalese di origine ligure Giuseppe Bianchi.

Nell’udienza del 16 gennaio scorso, Nicolì si era riservato di verificare i calcoli che adesso lo hanno portato a confermare che la quantità di scarti industriali prodotti nei sette anni di attività dal 2007 al 2013 dalla Sicilia Acquaviti ammontano a 11.000 metri cubi circa di reflui complessivi e 65.000 tonnellate di vinacce esauste. I quantitativi di scarti liquidi dedotti dal consulente derivano dalla quantità di vapore acqueo necessario alla “disalcolazione”, ovvero l’estrazione dell’alcol dalla vinaccia fresca per la produzione delle flemme alcoliche. Calcolo quest’ultimo, a detta del consulente dell’accusa, approssimato per difetto e quindi a favore della stessa Sicilia Acquaviti, in quanto non considerati i quantitativi di acqua inserita nel disalcolatore dal “mastro distillatore”, necessari comunque al processo produttivo.

In conclusione, in contrasto con quanto dichiarato dalla difesa che l’unico scarto liquido che si forma proviene dalla distillazione delle flemme, la quantità di reflui industriali smaltiti “illecitamente”, in quanto non avviati a depurazione, ammontano a 11.000 metri cubi. Mentre, invece, le vinacce esauste sono da considerarsi “rifiuto”, considerata la volontà della ditta di disfarsene. Toccherà adesso ai consulenti della difesa nella prossima udienza, fissata per marzo, cercare di contrastare quanto affermato dal consulente del pm e stabilire il quantitativo in modo da quantificare il danno ambientale secondo l’accusa arrecato.

Nel febbraio 2016, erano stati quattro ex dipendenti della distilleria Bianchi e della Sicilia Acquaviti a confermare, in aula, le accuse che hanno fatto scattare l’inchiesta della sezione di pg della Guardia di finanza della Procura sfociata nel processo a Giuseppe Bianchi. Uno degli operai, Paolo Maurizio Pipitone, rispondendo alle domande del pm Giulia D’Alessandro, dichiarò: “Avevamo l’ordine di scaricare, di notte, nelle acque del porto, i residui della distillazione. Ciò attraverso una conduttura sotterranea.

Nell’impianto della Sicilia Acquaviti, invece, scaricavamo le borlande dentro una cava di tufo e poi con una pala meccanica si copriva tutto con terriccio. Eravamo costretti a farlo sotto larvata minaccia di licenziamento”. Sulla stessa lunghezza d’onda si espressero anche gli altri operai ascoltati: Vincenzo Lombardo, Vito Barraco e Filippo Giacalone.

Dalla loro denuncia è scattata l’inchiesta. Gli operai hanno tirato in ballo, come “mandanti”, anche altri dirigenti dell’azienda. A difendere Bianchi sono gli avvocati Paolo Paladino e Maria Letizia Pipitone.