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19/03/2017 07:26:00

"Giunge a volte, repente". Mediterraneo, il mare come padre nei versi di Eugenio Montale

 Saul Bellow parlava di essere sacro, Joyce, invece, di male necessario: la figura del padre nella storia della letteratura occidentale ha sempre goduto di alterne fortune fra delitti inconsapevoli (linea-Edipo) e agiografie (linea cristiana).

Oggi leggiamo nella terza sezione, Mediterraneo, di Ossi di seppia di Eugenio Montale l’ancestrale sentimento di rivolta che lega il poeta genovese al padre-mare, simbolo di felicità naturale, progenitore di tutti gli esseri viventi.

Giunge a volte, repente canta il distacco definitivo dal «cuore disumano» del mare, canta la scelta di un uomo non più disposto ad abbandonarsi alle giovanili idee della «patria sognata», del «paese incorrotto» sempre ispirate da quelle paterne acque. Nasce nell’animo che accetta l’esilio sulla terraferma un sentimento atavico, forse l’unico vero legame genealogico: la rancura, parola che ci arriva dall’antica tradizione stilnovista e indica l’odio coperto (rancorem), l’ostilità che ogni figlio cova per assimilare e oltrepassare il se stesso del futuro ovvero suo padre.


 

Giunge a volte, repente,

 

 

un'ora che il tuo cuore disumano

 

 

ci spaura e dal nostro si divide.

 

 

Dalla mia la tua musica sconcorda,

 

 

allora, ed è nemico ogni tuo moto.

 

 

In me ripiego, vuoto

 

 

di forze, la tua voce pare sorda.

 

 

M'affisso nel pietrisco

 

 

che verso te digrada

 

 

fino alla ripa acclive che ti sovrasta,

 

 

franosa, gialla, solcata

 

 

da strosce d'acqua piovana.

 

 

Mia vita è questo secco pendio,

 

 

mezzo non fine, strada aperta a sbocchi

 

 

di rigagnoli, lento franamento.

 

 

È dessa, ancora, questa pianta

 

 

che nasce dalla devastazione

 

 

e in faccia ha i colpi del mare ed è sospesa

 

 

fra erratiche forze di venti.

 

 

Questo pezzo di suolo non erbato

 

 

s'è spaccato perché nascesse una margherita.

 

 

In lei titubo al mare che mi offende,

 

 

manca ancora il silenzio nella mia vita.

 

 

Guardo la terra che scintilla,

 

 

l'aria è tanto serena che s'oscura.

 

 

E questa che in me cresce

 

 

è forse la rancura

 

 

che ogni figliuolo, mare, ha per il padre.

 



MARCO MARINO