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12/03/2018 06:00:00

Trapani, ora è gara per il dopo d'Alì in Fi. Lui: "Gestione fallimentare del partito"

 Forza Italia a Trapani festeggia la grande acclamazione, si dice vittoria.
Succede. Succede tutte le volte in cui si leggono e si equiparano i dati delle elezioni regionali con quelle nazionali.
Succede quando la politica si mastica poco e si dice che il sole tramonti ad ovest.


E' Silvio Berlusconi a parlare di sconfitta, amara, non preventivata ma sconfitta. A Trapani festeggiano. L'azzurro del cielo berlusconiano è diventato blu puffo.
Sabato mattina il deputato regionale Stefano Pellegrino, Toni Scilla e Massimo Grillo hanno ringraziato gli elettori per i consensi espressi. Nella sostanza si vuole pensare al dopo Tonino d'Alì. Sono tre i nemici politici dell'ex senatore trapanese: con Grillo non ci sono mai stati rapporti idilliaci, la sconfitta del 2006 per Grillo, candidato alla guida della presidenza della provincia con i partiti di centro sinistra, contro d'Alì, per il centro destra, brucia ancora.
Con Scilla i rapporti sono sempre stati di pura convenienza, Pellegrino è stato il legale di d'Alì per anni ma il deputato, politicamente, ha cercato di crearsi la sua autonomia smarcandosi dal braccio del senatore azzurro.
I tre vorrebbero costruire l'alternativa a Tonino d'Alì, sostenuti dal commissario regionale azzurro Gianfranco Miccichè, che nel frattempo è anche presidente dell'ARS.
Si blindano a vicenda, ricercano colpe nella mancata affermazione di Forza Italia per il disimpegno, in questa competizione, dei forzisti di matrice daliniana. (Ma non avevano vinto?).


Non passa inosservata la festa di chi pensa di avere avuto ampi consensi, ed è proprio d'Alì a dire la sua: “Purtroppo avevo ed ho ragione, occorre eliminare una gestione fallimentare del partito. Armati di coraggio e di rispetto per i nostri elettori, adesso lo chiedono anche cinque deputati regionali ed ampie fasce del partito un po’ da tutta la Sicilia. Sono certo che l'azione coraggiosa, sorretta da argomenti seri e non di mero poltronificio, degli onorevoli Calderone, Cannata, Caronia, Gallo, e Genovese, già bollati come "ribelli", giungerà presto all'attenta valutazione del presidente Berlusconi. La mia voce, che qualcuno ha bollato come isolata, dunque, alla fine tanto isolata non era”. Poi l'ex senatore forzista parla delle elezioni nazionali indicandole come “Un disastro, pur in una terra generosa come la Sicilia. L’aritmetica non si può smentire: siamo passati dal 26% e dai 14 senatori del 2013 (quando Miccichè era fuori da Forza Italia!) al 20% e ai soli 3 senatori del 2018. E, nonostante ciò, c’è qualcuno che cerca pure di cantar vittoria e che non si capisce che film abbia visto la notte del 4 marzo, come osserva giustamente la stampa. I patetici comunicati con cui gli amici di Miccichè cercano di nascondere la verità, rafforzano agli occhi di tutta la Sicilia e dell’Italia intera l'evidente fallimento di una gestione da condominio. Infatti il 4 marzo sono passati da presunti protagonisti del “Favoloso mondo di Amelie” a protagonisti di un film horror per la Sicilia e per Forza Italia. A questi signori non importa il fatto di aver azzerato lo sforzo titanico del presidente Berlusconi e di avergli precluso la guida del Paese con liste platealmente rifiutate dagli elettori, costruite con la ingenua complicità di un tavolo nazionale ignorante delle singole realtà e sordo ad ogni richiamo. A loro interessa solamente spartirsi, sulla pelle dei Siciliani e tra qualche ora anche su quella del governo regionale, scampoli di residuo potere. Inoltre, le loro risposte allo sdegno che viene dalla base sono sinceramente paradossali: "guerra", "fuori i traditori" "espulsione" e così via”. D'Alì poi critica la sconfortante composizione delle liste e le mancate dimissioni dei vertici regionali del partito: “Mai è stato organizzato un incontro per discutere la composizione delle liste rispettando le voci che arrivavano dai territori. E ciò nonostante già a novembre dopo le regionali fossero già arrivate, naturalmente inascoltate, forti manifestazioni di protesta e dimissioni. Io stesso, dopo aver espresso il mio aperto dissenso sul metodo e su ipotesi apprese dalla stampa, ho conosciuto dai giornali la composizione finale dei fallimentari listini che tre o al massimo quattro persone avevano tra loro deciso. E mentre ogni giorno assistiamo ad una sana, a volte aspra, come è giusto che sia in democrazia, analisi in altre forze politiche con segretari che si dimettono, base che parla pubblicamente che ha la possibilità di confrontarsi, noi ci dobbiamo tenere i vertici del partito siciliano "bullonati" alla poltrona. Confidiamo che si apra per Forza Italia una vera nuova stagione di dibattito e di vicinanza ai territori. Forza Italia in Sicilia ha bisogno di una nuova guida”.


La lettura politica, a dati alla mano, è quella di un centro destra che è a trazione Lega in tutta Italia e in Sicilia è un giocattolo rotto: “Un giocattolo in frantumi per mano degli stessi giocatori. Ma chi sono questi uomini che ne hanno determinato la fine? E perché ciò è accaduto così improvvisamente a pochi mesi dalla vittoria delle regionali?".
Lo dice il deputato regionale Vincenzo Figuccia che ha più volte chiesto le dimissioni di Miccichè, certificando il fallimento di questa classe dirigente che ha creato lo “Scollamento tra le questioni di palazzo e il sentire comune della gente”.
Ad andare contro Miccichè altri deputati regionali come Marianna Caronia, Riccardo Gallo, Tommaso Calderone e Rossana Cannata, per loro la gestione del partito a guida miccicheiana è fallimentare “Sono davvero ben poca cosa di fronte alle diverse difese d’ufficio che rendono insufficienti i termini “Ipocrisia e piaggeria”per descrivere compiutamente la loro faccia tosta, l’assoluta mancanza di pudore e di dignità politica. Come può essere possibile che nel giro di pochi giorni personaggi che non riusciamo neanche ad aggettivare, le cui diverse e molto variegate storie e provenienze sarebbe molto opportuno rispolverare, gente che descriveva impietosamente e pubblicamente la figura di Miccichè prima del suo strabiliante colpo di fortuna, come un povero fallito (questo era l’aggettivo più garbato) e in pieno e irreversibile declino, adesso quegli stessi individui si siano oggi trasformati d’incanto come i suoi maggiori difensori?” I deputati in una nota congiunta chiedono “Un partito completamente rinnovato capace di ritrovare i valori del suo autorevole padre fondatore e con la determinazione e la passione di farsi interprete attivo nel suo doveroso sostegno all’attuazione del programma del Governo Musumeci nel difficile compito di far fronte ai tanti bisogni del Popolo Siciliano”.
La parola adesso passerà al presidente Berlusconi che con molti di loro ha un rapporto personale, D'alì è di casa ad Arcore.
Non può passare inosservato un dato numerico siciliano: a Lampedusa la Lega fa il pienone. Sono 346 i voti con una percentuale che va oltre il 14%. E' lo stesso sindaco dell'isola, Totò Martello, che dice “Abbiamo bisogno di regole”.


A Lampedusa, simbolo dell'accoglienza della sindaca renziana Giusi Nicolini, il PD esce doppiamente sconfitto.
Su che tipo di opposizione farà il PD in Parlamento interviene Davide Faraone: “Abbiamo da ragionare sul PD e sulla prospettiva d’opposizione che dovrà avere in questa legislatura”. Fissata per oggi la direzione nazionale dem, la reggenza dovrebbe essere affidata a Maurizio Martina. Intanto il movimento Cinque Stelle ha già scelto i suoi capigruppo per Camera, Giulia Grillo, e per il Senato, Danilo Toninelli. Berlusconi procederà in settimana la trattazione con la sua delegazione. Il 23 marzo si insedieranno i due rami del Parlamento, da scegliere ci saranno i presidenti delle Camere. Matteo Salvini si dice disponibile a trattare con Di Maio, Berlusconi, Grasso e per il PD con Martina.
Sergio Mattarella, Presidente della Repubblica, inizierà le consultazioni il 9 aprile.