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23/07/2018 16:27:00

Libero Futuro, cancellata dalle liste antiracket, si difende con un comunicato sul sito

Per l'associazione antiracket "Libero Futuro" nei giorni scorsi sarebbero venuti meno i requisiti di «affidabilità» e il Prefetto di Palermo Antonella De Miro ha chiesto la cancellazione dalla lista delle associazioni antiracket. Potete leggere qui un nostro articolo. Ieri sul sito dell'associazione, con un lungo comunicato i responsabili dell'associazione si difendono riassumendo tutta la vicenda. Qui di seguito riportiamo il lungo comunicato di Libero Futuro:

E’ di dominio pubblico la nota Prefettizia che ha disposto la cancellazione (salvo diverso provvedimento in sede Giursdizionale) di LiberoFuturo dall’Elenco tenuto presso le Prefetture.
Tale provvedimento muove dalla controindicazione rinvenuta nell’assistenza offerta agli imprenditori Virga di Marineo (già soci dell’Associazione Antircaket di Bagheria) cui LiberoFuturo ha prestato assistenza.
Dalla controindicazione che il Virga aveva in quanto altresì legato a Diesi Franco (imprenditore che pure LiberoFuturo ha supportato nel percorso di denunzia e testimonianza nei processi di Mafia).
Dalla controindicazione che discenderebbe dal fatto che Diesi Franco sarebbe stato altresì vicino a Russo Roberto (pure associato di LiberoFuturo).

Che uno degli Avvocati dell’associazione sarebbe la moglie di un soggetto, vicino al gruppo imprenditoriale Virga, nei confronti del quale è stata resa una interdittiva nell’anno 2017 e sequestrata un’azienda (oggi dissequestrata dalla medesima Autorità).
E che questo soggetto (marito del predetto legale) sarebbe stato visto parlare nel 1999, nel 2003 e 2004 con soggetti controindicati.
Che il Presidente Enrico Colajanni (cui è oggi subentrato Guido Cosentino) avrebbe commesso diverse leggerezze nel – sostanzialmente – accogliere sotto l’ombrello “protettivo” dell’associazione antiracket soggetti che – non poteva non sapere – avessero un curriculum non illibato.
Per dovere di precisione ci sono due cose che vanno immediatamente precisate :
1. Nessuno dei soggetti citati è coinvolto in procedimenti penali per mafia od altri reati di tal guisa
2. TUTTI i soggetti citati sono stati accompagnati e supportati in un percorso di denunzia di fatti criminali di mafia (come i Virga, di cui si dirà tra breve, che sono stati accompagnati nella costituzione di parte civile dall’ufficio legale del Comitato Addiopizzo).
Ed è proprio su questo secondo tema che si infrange la questione più delicata che è poi il minimo comune multiplo dell’informativa che cancella LiberoFuturo dall’elenco prefettizio.
LiberoFuturo ha sino ad oggi accompagnato e supportato oltre 300 vittime di mafia nel doveroso percorso di denunzia e successiva costituzione di parte civile.

Riteniamo che compito di tale importante branca della società civile, oltre ad una doverosa verifica iniziale quantomento connessa alla sussistenza di procedimenti penali a carico del soggetto che si propone all’associazione (e nella stragrande maggioranza dei casi ciò avviene perché segnalati dalle FFOO), sia la verifica della fondatezza delle affermazioni e del fatto delittuoso che vuol essere denunziato perché se questo è fondato l’Associazione non può e non deve tergiversare, deve immediatamente accompagnare il soggetto alla denunzia e supportarlo nel difficile percorso di tenuta di un accusa contro i mafiosi.

Si può disquisire sul “perché” un soggetto decida in un dato momento della propria vita imprenditoriale di denunziare ed i motivi – sociologicamente – possono essere tanti ma non si può tollerare che tale doverosa “riflessione” ritardi o impedisca l’arresto di un criminale.
Ma anche ad ammettere che un imprenditore abbia avuto nel passato un percorso di vita in cui ha commesso reati, e che un dato momento decida di iniziare un percorso nuovo, credere nello Stato e nelle Istituzioni, denunziare, non piegarsi più a logiche di compromesso affaristiche cosa dovrebbe fare lo Stato o la società civile (di cui sono espressione le associazioni antiracket), dire che è “troppo tardi” per iniziare a rispettare le Leggi? Dire che il curriculum non consente più di diventare una persona onesta? Od incoraggiare il cambiamento nella speranza mai sopita che anche questa terra possa cambiare?

E proprio in virtù del cambiamento in cui crediamo fortemente, il nostro impegno proseguirà costante nel rispetto della Legalità e della Giustizia non guardando al passato, ma al presente e al futuro.
Nello start up della misura di Prevenzione che ha attinto la famiglia Virga questi – che erano da poco stati ammessi al fondo speciale vittime di mafia e che sono oggi costituiti parte civile contro I Sigg Saguto Silvana, Nasca Rosolino e Provenzano Carmelo nel celebre processo nisseno – sono stati descritti come imprenditori assolutamente in linea con le Istituzioni (beneficiari persino di un encomio formale del Prefetto di Enna per il contributo all’ordine pubblico legato all’arresto di un mafioso del territorio) da parte di rappresentanti delle Istituzioni quali Dr Accordino Francesco (Primo Dirigente della Polizia di Stato in quiescenza, già parte della squadra dei D.rri Cassarà e Montana, memoria storica del contrasto a cosa nostra in Sicilia), il Col Piccinelli Paolo (Com.te P.le Pescara, per 11 anni in Sicilia e per 3 Comandante del Reparto Operativo in Palermo) , il Col Daidone Baldassarre (Com.te Reggimento Lazio già Com.te P.le Enna dal 2010 al 2014), l’Isp Capo P.S. Vutano Salvatore (oggi in quiescenza ma operativo nel territorio di Partinico dal 1986 al 2003) ed il Cap. Di Gesare Salvatore (Comandante del nucleo informativo di Palermo già Comandante – dal 2007 al 2015 – della II sez del nucleo operativo ).

I due collaboratori di Giustizia (Brusca e Giuffrè) sentiti a Firenze sulla famiglia Virga hanno confermato che lungi dall’essere in affari con la Mafia questi sono – nel tempo – solo ed esclusivamente stati oggetto di richieste estorsive e che si rifiutavano di pagare (subendo danneggiamenti e persino un tentato omicidio)
Se per l’associazione è una colpa essere stata vicina a questi imprenditori – già ampiamente supportati dalle FFOO e dalla Procura della Repubblica – allora ce ne assumiamo ogni reposnsabilità perché – altrimenti ragionando – verrebbe snaturato uno dei primi doveri di una associazione antiracket che è quello di incoraggiare, supportare e non abbandonare chi ha il coraggio (vecchio o nuovo che sia) di ribellarsi finalmente al giogo mafioso

Come riconosce la stessa nota scopo principale dell’associazionismo antiracket deve essere considerato lo “svolgimento dell’attività di sensibilizzazione delle vittime alla denuncia degli autori dei reati in materia di estorsione e usura a cui sono chiamate le associazioni”
LiberoFuturo peraltro, per propria politica, non si è mai costituita parte civile se nello specifico processo non ha accompagnato la vittima nella propria correlata costituzione di parte civile, proprio per scongiurare quel business di cui (poco) si è discusso.
In alcuni processi – come Apocalisse – ha accompagnato anche 15 vittime nel coronamento di un percorso iniziato proprio con lo stimolo alla denunzia ed alle collaborazioni con le FFOO dopo una pluriannuale campagna di volantinaggio e sensibilizzazione dei commercianti fatta “porta a porta” distribuendo materiale informativo ed incoraggiando il consumo critico.

Sarebbe stato bello leggere tutte le informazioni di cui si è testè parlato, ma dare atto di tutta questa attività insieme alle controindicazioni contenute nella nota sarebbe significato ammettere che le Istituzioni, la normativa vigente ed il raccordo tra vari Organi dello Stato, oggi, più di ieri, ha un problema enorme.Un conto è infatti addebitare questo o quell’atteggiamento ad una costola della società civile un altro è prendere atto di sempre più frequenti momenti di black-out istituzionale.

Buio determinato – si badi – non da condotte intenzionali o per così dire dolose, ma da un assurdo ed incomprensibile vuoto normativo.
Come si è cennato il diniego di iscrizione nell’elenco Prefettizio è determinato solo ed esclusivamente dalla vicinanza con imprenditori associati mai attinti da alcun pregiudizio diretto e che sono stati parte attivissima nell’opera di convincimento di altri imprenditori, in un territorio così difficile a denunziare.

Ma proprio il “caso Virga” (al di là del risalto mediatico all’interno del “cdd Caso Saguto” che li vede più che vittime di un sistema fondato su tutto tranne che sulla legalità) è l’emblema del balck out istituzionale di cui si discute.
Non può ritenersi “normale” che alcuni rappresentanti delle Istituzioni (ai più alti livelli) ne dipingano la linearità di comportamento e la nota prefettizia invece li faccia apparire come spietati criminali tanto da determinare addirittura la cancellazione dell’Associazione cui si sono rivolti per “contaminazione”.
Per usare le parole di uno dei coraggiosi ed encomiabili uomini della squadra del compianto Commissario Cassarà (il Dr Accordino):

“La collaborazione del Sig. Virga è durata per oltre trent’anni, dall’inizio degli anni ’80 a qualche anno fa, quando ancora mi metteva al corrente di fatti delittuosi di cui veniva a conoscenza. Con gli organi investigativi di Polizia e Carabinieri ho sempre definito la famiglia Virga come UNA MUCCA DA MUNGERE e ho sempre ammirato la volontà di Virga di difendere il suo lavoro e la sua famiglia. Egli, peraltro, si è sempre dichiarato disponibile a incontrare i magistrati che si occupavano delle varie vicende per fornire chiarimenti e collaborazione alle indagini.
Virga mi è stato utilissimo per le mie indagini sulle famiglie mafiose di Palermo e provincia. E’ stato utilissimo anche al mio collega Cassarà con il quale, anche sulla base delle informazioni fornite da Virga, ricostruivamo gli assetti delle famiglie mafiose.
A causa di tutte queste denunce e collaborazioni e esternazioni contro i delitti di mafia che subiva ritengo che lo stesso fosse considerato più “sbirro” che mafioso.”

Davanti a tali affermazioni od ad altre come quelle degli Ufficiali dell’Arma dei Carabinieri (Col. Daidone, Piccinelli o Di Gesare) del seguente tenore :  “Abbiamo allestito la macchina del sig. Virga con dei registratori e abbiamo preparato la squadra per circondare l’area ove all’indomani si sarebbe svolto l’incontro, così che quando ciò è avvenuto abbiamo subito bloccato il soggetto in flagranza di reato.”
Oppure: “So che il col. Daidone effettivamente condusse in porto con esito positivo le indagini legate al fatto denunciato dai Virga e so che per il coraggio mostrato essi ricevettero un encomio da parte del Prefetto (non ricordo esattamente se ebbero anche un parziale risarcimento dei danni da parte della Prefettura).

La denuncia nei confronti di Polizzi Stefano, peraltro, trovava riscontro nelle risultanze delle indagini che avevano evidenziato in quel periodo la commissione di estorsioni da parte di questo soggetto anche ai danni di altri commercianti.
Quella indagine si concluse nel mese di aprile 2012, quando fu eseguita una ordinanza di custodia cautelare in carcere resa nei confronti di Lo Gelfo Francesco, Polizzi Stefano e altri soggetti di quel mandamento mafioso”

Come si può (o come può un Associazione) non fare il proprio DOVERE supportando ed accompagnando imprenditori così coraggiosi nella difficile scelta di collaborare attivamente con le FFOO.
Ma non è un caso isolato, anche Amodeo, imprenditore trapanese nelle condizioni di cui sopra, alla prima udienza ha chiesto di sentire, non chissà quale politico o collega ma il Capo della Squadra mobile Trapanese (Dr Giovanni Leuci) che ne ha descritto un quadro non dissimile da quello di cui si è detto per i Virga.

Ed ancora è capitato che imprenditori che subiscono – da un lato – interdittive della Prefettura, siano piuttosto – dall’altro lato – encomiati dalla Locale Procura della Repubblica per l’apporto ricevuto nei processi pendenti in termini di piena ed incondizionata testimonianza contro i criminali e siano addirittura destinatari di risarcimenti danno e provvisionali a carico dei mafiosi.
Tutto ciò non è normale perché lo Stato più di qualsiasi altro Ente o Privato non può permettersi l’INCOERENZA.
Oggi, molto più che un tempo, o sei contro o sei con cosa nostra.

Non esistono zone d’ombra, aree grigie o larvati intenti collusivi (quello stadio è già – oggi – MAFIA nella sua peggiore espressione omertosa) .
Ed allora – ed è questo il vuoto normativo cui si faceva prima riferimento – lo Stato non può non prendere una posizione decisa nei confronti di soggetti (e la Sicilia ne è ricolma) che pur avendo vissuto periodi della loro vita in cui non avrebbero denunziato neanche se avessero trovato uno stop rotto nella propria auto perché in quel preciso momento storico non solo non era iniziata alcuna rivoluzione culturale (che oggi invece è in corso) ma imperava l’omertà più buia, oggi abbiano fatto una scelta secca e decisa affiancando le FFOO e denunziando cose, fatti e circostanze che prima non si sarebbero mai sognati di dire se non addirittura di pensare.
Se questi soggetti non sono mai stati attinti da nessun provvedimento, né sono mai stati condannati o persino indagati, ma come più sempre accade sono le nuove generazioni espressione di un diverso modo di pensare, può lo Stato punirli per il sol fatto di fare impresa in territorio Siciliano ed avere parentele controindicate dal cui modo di fare si sono comprovatamente dissociati?
Nel caso della nota rivolta a LiberoFuturo nessuno (né gli imprenditori associati, né men che meno i Virga) ha neanche un indagine di mafia in corso.
Anzi, come detto, ha in corso piuttosto un percorso di affiancamento allo Stato che da un verso lo encomia e dall’altro lo punisce.
Innanzi a tale panorama quali strumenti (e correlativamente quale “colpa”) può avere un associazione che questo atteggiamento incoraggia accompagnando alla denunzia gli imprenditori estorti?
La colpa di non avere “vigilato” o non essersi accorta di questa o quella circostanza.
Chiedere ad una Associazione di svolgere un compito che non le deve competere non è “giusto” sotto l’aspetto etmologico del termine.
Non ne ha gli strumenti, a differenza, ma è una polemica nella quale non si ritiene – per doveroso rispetto istituzionale di entrare – di chi avrebbe potuto sospettare di un sistema di raccomandazioni e sponsor illegittimi come quello che ha portato a formulare il capo 66 del decreto che dispone il giudizio nel cdd processo alla Dssa Saguto e che vede imputata con l’allora Prefetto di Palermo Francesca Cannizzo.
Seguendo il medesimo ragionamento di cui alla nota oggi “per contaminazione” dovrebbe ritenersi “inaffidabile” l’intero apparato entro il quale le condotte di cui al capo 66 sono state commesse.
Non è e non può essere così perche se qualcuno fa qualcosa “che non va” non tutti coloro che gli sono vicini ne sono complici o consapevoli.
Ma se è vero questo – e continuiamo a fondare il nostro sistema giuridico sul principio per cui la Legge è (e deve essere) Uguale per Tutti – chiedersi come possa accadere quel che oggi si commenta non può che ritenersi legittimo.
Che la risposta si debba invocare in sede Giurisdizionale o Normativa non è argomento semplice sotto il profilo tecnico.
Quel che è certo che una risposta non può non esserci.

Può lo Stato – nella sua espressione Ministeriale-Prefettizia – ignorare la collaborazione con le FFOO e le Procure nel difficile percorso teso ad incastrare gli imputati contro cui questi imprenditori testimoniano, risucchiandoli nel vortice delle informative antimafia interdittive?
Che “messaggio” si invia così ad altri imprenditori che ancora questo percorso di denunzia non hanno avuto il coraggio di intraprendere?
Perché se è vero che la denunzia deve oggi essere considerato un dovere morale prima ancora che civico o giuridico, il messaggio che lo Stato trasmette nei confronti di chi (con più fatica di altri essendo inserito in un contesto anche familiare difficile) trova questo coraggio non può essere né di indifferenza, né, men che meno di accanimento amministrativo, perché per crescere ed educare i propri figli (ogni genitore di buon senso lo sa) ci vuole determinazione, valori e principi, ma soprattutto ci vuole coraggio….di scelta e di azione.
E’ ora che finalmente se ne parli e non “così per dire”, o a fini congressuali o di studio, ma con azioni e gesti concreti.
Così soltanto sarebbe possibile evitare “scollamenti” così gravi e pericolosi tra quello che – come si dice – fa la mano destra e quello che fa quella sinistra.

Perché convincere a denunziare qualcuno che non lo ha mai fatto perché molto giovane o neo-imprenditore è difficile, ma convincere a denunziare chi ha vissuto momenti bui della storia Siciliana dove l’omertà sembrava essere l’unico escamotage salvavita è opera quasi impossibile, farlo sapendo che qualsiasi scelta si farà, sarai comunque ingnorato se non colpito da un sistema che non ti protegge, oggi, più di ieri, è pura utopia.