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02/10/2018 06:00:00

Infiltrazione mafiosa, bloccato ad Enna un progetto da 25 milioni e 100 posti di lavoro

C’è il sospetto di infiltrazione mafiosa nel progetto della Fassa Bortolo di realizzare una grande cava ad Agira in provincia di Enna, ed è per questo che l’assessorato regionale all’Energia guidato da Alberto Pierobon ha bloccato l’iter.

Prima era toccato alla Sovrintendenza ai Beni Culturali stopparlo. A Febbraio furono trovati dei reperti archeologici e solo a giugno dopo le rassicurazioni dell’azienda fu dato l’ok. Il mega progetto della Fassa Bortolo, un’azienda di Treviso, prevede investimenti per 25 milioni di euro e l’impiego di 100 nuovi posti di lavoro per creare una cava per la produzione di materiale per l’edilizia.

La denuncia - Secondo Siciliantica che ha presentato un ricorso al Tar la Fassa Bortolo avrebbe comprato dei terreni che erano di proprietà del boss Giuseppe Pecorino, condannato per mafia con sentenza definitiva. I terreni sarebbero stati pagati a delle cifre altissime rispetto al loro reale valore e per l’associazione la trattativa instaurata con un mafioso è sostanzialmente una violazione del protocollo di legalità della Regione.

Il ricorso al TAR - Siciliantica ha richiesto al TAR di bloccare l’autorizzazione e l’assessorato una volta ricevuto il ricorso ha sospeso l’autorizzazione per trenta giorni per gravi motivi di illegittimità del provvedimento. La ditta ora ha un mese di tempo per dimostrare di avere tutte le carte in regola e non far saltare uno dei più grandi progetti d’investimento e una grande opportunità lavorativa in una delle zone più povere d’Italia. 

Ambientalisti contrapposti - Nella vicenda della Fassa Bortolo ci sono contrapposte due associazioni ambientaliste. Legambiente che era favorevole all’iniziativa e Siciliantica che invece è contraria e dalla quale sono partite le denunce.

I gravi motivi della sospensione - La sospensione è un conseguenza delle “gravi ragioni” sostenute nel ricorso di Siciliantica al Tar. Si è scoperto che tra gli ex proprietari dei terreni della cava vi è un condannato per associazione mafiosa e per regolamento, la Regione non può dare autorizzazioni e benefici a privati che hanno avuto rapporti di qualsiasi tipo con esponenti mafiosi.

La storia dell’iniziativa – Sono quattro anni che la Fassa Bortolo attende il via libera per estrarre materiale calcareo dalla cava dismessa da più di trent’anni e abbandonata. Finalmente lo aveva ottenuto lo scorso giugno. Poi arriva il ricorso di Siciliantica che scopre che all’inizio dell’iter nel 2016 la Fassa Bortolo non era proprietaria dei terreni e dal dipartimento Energia si specificava che sarebbe stato necessario un preliminare di vendita. E così avviene, il 7 maggio di quest’anno l’azienda acquista i terreni e fra questi c’è quello del figlio di Giuseppe Pecorino, condannato per mafia da una sentenza della Cassazione del 2014 e per reati accaduti tra il 2007 e 2011. Nel documento di acquisto dei terreni c'è scritto che il rapporto tra la Fassa Bortolo continuerà anche dopo la vendita e pure per gli eredi, fornendo a prezzi pari al costo di estrazione e stoccaggio, per la durata dell’attività estrattiva, il materiale cavato e non utilizzato dalla parte acquirente. Adesso tocca alla Regione sbrogliare per certi versi questa situazione, iniziando dal verificare i certificati antimafia degli ex proprietari.