Quantcast
×
 
 
05/04/2019 06:00:00

Marsala, la politica e il falso moralismo ad un anno dal voto

 Marsala è al giro di boa, tra un anno circa si ritornerà alle urne per il rinnovo del consiglio comunale e della prima carica della città.
Il sindaco uscente, Alberto Di Girolamo, ha manifestato l’aspirazione a ricandidarsi, lo farebbe con quasi tutta la giunta al completo. Questa volta pare sia intenzionato a farlo senza simbolo del Pd.


Le riunioni che prima si affollavano di settimana in settimana si sono stoppate, la politica deve trovare un nuovo baricentro per poter percorrere una strada diversa da quella finora tracciata.
La settimana scorsa, in una seduta di consiglio comunale, è stato sciolto il gruppo dei Democratici per Marsala. La capogruppo Ginetta Ingrassia si è alzata e ha letto un documento, prendendo le distanze da Paolo Ruggirello, e poi sostenendo che si è concluso il percorso nato nel 2015, non c’è più lo spirito di unità di intenti e di condivisione con l’Amministrazione Comunale. Peccato, un’occasione di buona politica mancata quella messa in campo dai Democratici per Marsala, di cui facevano parte Luana Alagna e Enzo Sturiano.

Prendere le distanze da Ruggirello equivale a prendere le distanze da se stessi, da un percorso politico che ha avuto anche delle riconoscenze come una consulenza all’Ars per Luana Alagna.
L’occasione la servono su un piatto d’argento a quanti non sopportano Sturiano come presidente del consiglio.  E adesso sì che andrebbero chieste le dimissioni. Le ragioni politiche ci sono tutte. Andiamo in ordine: Sturiano viene eletto in una lista che ha appoggiato il sindaco Di Girolamo, a Palermo i notabili del partito stringono un accordo sulla presidenza di Sala delle Lapidi in capo a Sturiano.
Oggi i Democratici prendono il largo dall’Amministrazione, lo fanno sciogliendo il gruppo e con un documento chiaro. Le ragioni per chiedere, adesso e non pretestualmente, le dimissioni ci sono tutte.


La politica deve essere giudicata su fatti politici concreti e non su mancati avvisi di garanzia, deve seguire una lettura logica non il pregiudizio sulle persone.  La contraddizione della doppia morale politica segna il passo dell’inconsistenza di un consiglio comunale che paga lo scotto di avere tra di loro molti disoccupati.
La politica non può essere un posto di lavoro, il peccato originale è sempre lo stesso: occuparsi della cosa pubblica senza svolgere alcuna professione, scambiando il banco di Sala delle Lapidi come un reddito certo per cinque anni.

 

Rossana Titone