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17/04/2019 06:00:00

Castelvetrano. Le intercettazioni che Vaccarino passava ai mafiosi

 “Con l'uso che tu sai di doverne fare e con la motivazione che la tua intelligenza sa che mi spinge, un colloquio tra due secondo me pezzi di fango e nient'altro perché non ce ne è altri qua, eh dice c'è andato a fare il funerale fa finta a questo fango che si è pentito che si lanzò tutto (che ha confessato, ndr)”.

 

Sono le cinque del pomeriggio dell’8 marzo 2017 e a parlare è Antonio Vaccarino, ex sindaco di Castelvetrano fino ai primi anni novanta, accusato di avere passato al mafioso Vincenzo Santangelo, proprietario di fatto di un’agenzia funebre, la trascrizione di un’intercettazione.

Trascrizione che Vaccarino aveva ricevuto da Alfio Marco Zappalà, tenente colonnello (all’epoca maggiore) in servizio al centro operativo della D.I.A. di Caltanissetta.

Allo Zappalà invece l’avrebbe inviata, con delle foto via Whatsapp,  l'appuntato Giuseppe

Barcellona, in servizio presso il N.O.R.M. dei carabinieri di Castelvetrano, tra coloro che con le cuffie, materialmente trascrivono le tracce audio.

Sono finiti tutti e tre in carcere.

Le due divise per il reato di rivelazione di notizie riservate e accesso abusivo a un sistema informatico. Vaccarino per favoreggiamento aggravato a Cosa Nostra.

 

A parlare in quell’intercettazione sono S. P. e C.P., considerati vicini alla cosca di Castelvetrano, che discutono sul servizio funebre organizzato dall’agenzia di Vincenzo Santangelo in occasione della morte del collaboratore di giustizia Lorenzo Cimarosa, cugino acquisito di Matteo Messina Denaro. Secondo i due, Cimarosa non si sarebbe meritato nulla perché pentito: “… il trasporto a quel fradiciume…”, “questo si è buttato pentito per sua convenienza”.

Ma in quell’intercettazione ci sarebbe dell’altro. E cioè “lunghi ed espliciti riferimenti – si legge nell’ordinanza firmata dal giudice Piergiorgio Morosini e dalla dottoressa Paola Gullo – ai luoghi, anche in paesi esteri, ove Matteo Messina Denaro starebbe trascorrendo la propria latitanza”.

 

Uno dei due intercettati (S.P.), nel dicembre del 1997 era stato indicato (nel corso di una conversazione) dal mafioso Vincenzo La Cascia come soggetto insieme al quale quest’ultimo forniva sostentamento economico a Salvatore Gentile ed al boss Leonardo Bonafede, condannati in via definitiva per aver fatto parte della famiglia mafiosa di Campobello di Mazara.

Nel 2014 invece, erano stati registrati rapporti tra S.P. e Giuseppe Marcianò, ucciso il 6 luglio 2017 da mano ancora ignota. Insieme commentavano in termini denigratori la collaborazione con l’autorità giudiziaria da poco avviata da parte di Cimarosa.

 

Non si capisce però cosa avesse spinto Zappalà, della Dia di Caltanissetta ad interessarsi al boss di Castelvetrano, la cui ricerca è compito della Direzione distrettuale antimafia di Palermo. Il primo contatto fra l’allora maggiore e Vaccarino avviene nel luglio 2016, seguito da altri contatti fra i due, in un periodo in cui l’ex sindaco è più che mai impegnato nel tentativo di revisione del processo che lo ha visto condannato definitivamente per traffico di droga (in primo grado anche per mafia),  dopo l’arresto del 1992, nel quale si è sempre dichiarato vittima  del collaboratore di giustizia Vincenzo Calcara, da lui ritenuto unico responsabile dei suoi guai giudiziari.

 

Se l’intento di Vaccarino è facilmente intuibile, invece appare più oscuro quello di Zappalà, che lo avrebbe contattato per primo. Perché avrebbe rivelato all’ex sindaco quelle notizie su indagini in corso, poi girate al Santangelo?

Di quali pizzini parla Zappalà il 14 dicembre del 2016, quando dice a Vaccarino: “… Perfetto, mi dovrebbe dare le ultime, le ultime, l'ultima corrispondenza epistolare fra voi due”.

Ma lui sembra essere molto prudente: “Ma mi fido solo di loro, dei miei amici in quanto affetti... non mi fido più di nessuno, ma di nessuno davvero perché un amico affettuosissimo a cui voglio bene come un figlio, l’hanno mandato di corsa... proprio quando proprio sul... sul punto di... anche lui a Napoli, a dirigere, ma chi dirige? Ma chi dirige?”.

 

Gli inquirenti intuiscono che la il riferimento potrebbe essere a Giuseppe Linares che, dopo avere coordinato per anni le indagini su Messina Denaro e la mafia trapanese, è stato inviato a dirigere la Dia di Napoli.

Zappalà è d’accordo con Vaccarino: “Tutta una regia alle spalle ...omissis... è tutta una regia, infatti io poi con lei questo passo lo farò quando voglio andare via... (ride)”.

 

I punti oscuri sono però tanti.

Piergiorgio Morosini ipotizza delle risposte che riportiamo di seguito:

La strategia dello Zappalà potrebbe essere: la consegna al Vaccarino di notizie segrete attinenti alle indagini in corso sul territorio di Castelvetrano con lo scopo di consentire al Vaccarino medesimo di accreditarsi con esponenti mafiosi quale soggetto dotato di canali privilegiati in grado di fornire loro in tempo reale notizie segrete sulle attività investigative in essere su quello stesso territorio. Ciò infatti automaticamente avrebbe accresciuto lo stesso peso di Vaccarino nei suoi rinnovati e datati rapporti con l'organizzazione mafiosa, potendo egli dimostrare di essere in possesso di informazioni, quelle più preziose, vitali per la sopravvivenza del sodalizio e indispensabili per impedire l'arresto dei suoi componenti.

A sua volta lo Zappalà, attraverso i crediti così acquisiti dal Vaccarino, avrebbe potuto ottenere da questi indicazioni confidenziali inerenti alla latitanza di Matteo Messina Denaro e questa volta provenienti non da canali comunque istituzionali bensì direttamente dall'interno di Cosa nostra.”

 

Secondo il Tribunale di Palermo, le indagini hanno dimostrato con straordinaria chiarezza che “il reale intento del Vaccarino non era certo aiutare le ricerche del latitante, quanto piuttosto procurarsi informazioni ‘di prima mano’ sullo stato delle indagini svolte dalla Procura di Palermo” per poi passarle ai mafiosi.

 

Egidio Morici