C'è anche un filone trapanese nell'inchiesta sugli “spaccaossa”, la banda di Palermo che frantumava le ossa a poveri malcapitati consenzienti per ottenere risarcimenti. Una truffa assicurativa enorme, visto che sono 34 le persone arrestate, su 80 denunciati.
Un giro d'affari milionario. Un business redditizio ma soprattutto orribile. Una violenza inaudita ai danni di persone disagiate, con problemi economici gravi che si facevano spaccare le ossa con la promessa di ottenere lauti risarcimenti ma alla fine quello che percepivano erano soltanto poche centinaia di euro. Sarebbero state centinaia le truffe organizzate dal gruppo criminale. Le vittime erano disperati, tossicomani, disturbati mentali, persone poverissime. Prendevano 500 euro per un braccio maciullato, 1000 euro per una gamba rotta.
Era formalmente nullatenente, dichiarava 109 euro l'anno, ma il suo tesoretto nascosto valeva quasi 700 mila euro. E' il tesoretto di Domenico Schillaci, uno dei tre capi della squadra di spaccaossa, l'associazione a delinquere che ha spezzato gambe e braccia ad un migliaio di palermitani in difficoltà economica per ottenere risarcimenti. Risarcimenti che ai poveri malcapitati consistevano in poche centinaia di euro. Mentre Schillaci e gli altri spaccaossa prendevano il bottino grosso. E infatti a Schillaci, nonostante si sia disfatto di tutti i suoi beni, il nuclo di polizia economico finanziaria di Palermo è riuscita a trovare e a sequestrare beni per 700 mila euro riconducibili a lui e al suo braccio destro Giovanna Lentini, sedicente avvocato che pensava alla parte burocratica. Schillaci risultava indigente, ma viaggiava in Porche ed era proprietario del bar Dolcevita”, in via Brunelleschi a Palermo. Tra i suoi beni anche scooter e gommoni, e a casa sua sono stati trovati 21 mila euro in contanti.
Ed erano proprio Domenico Schillaci e Giovanna Lentini a coordinare il tutto a Trapani. Viene fuori dal filone di indagine seguito dalla Squadra Mobile dalla sezione reati contro il patrimonio della Polizia di Trapani. Tra i casi emerge quello di un 40enne di Custonaci a cui la banda degli spaccaossa avevano provocato una frattura scomposta al braccio. L'uomo, una persona con un lieve deficit, arriva in ospedale urlante di dolore. Dice di aver avuto un incidente, ma gli investigatori si fanno raccontare tutto. Si fanno raccontare che era stato avicinato dai componenti della banda ed era stato portato a Palermo dove gli fu spezzato il braccio. Mentre era ricoverato in ospedale l'uomo aveva poi ricevuto la visita di coloro che si erano spacciati per perito dell'assicurazione e avvocato. La polizia però aveva messo sotto controllo la stanza e registrano tutto.
Altra figura di spicco nell'associazione criminale è Salvatore Di Gregorio, detto «vampiro». Il suo braccio destro sarebbe stato Giovanni Napoli, 43 anni, detto «fragolina», considerato un vero e proprio professionista, in grado di frantumare in femore con un solo colpo ben assestato. Anche Gesuè Giglio, 31 anni, sarebbe stato tra quegli “esperti” spaccaossa che era anche in grado di somministrare anestetici. Nella stanza dei bottoni dell'organizzazione criminale c'erano anche padre e figlio, Carlo e Gaetano Alicata, accusati di aver comprato pratiche assicurative per fare ancora più soldi.
Le torture, gli interventi degli “spaccaossa” avvenivano in un'agenzia di scommesse di via Giuliano Majali a Palermo. Il locale è riconducibile alla famiglia dei Mazzanares. Sono stati arrestati il padre ed i tre figli: Salvatore, Giuseppe, Rita, e Maria detta Mary di 57, 39, 27 e 31 anni.
Gli spaccaossa operavano anche in un locale di via Imera, e in un capannone abbandonato dell'area industriale di Brancaccio. Lì venivano portati i malcapitati. Venivano stesi per terra, e senza nessuna accortezza igienica gli spaccavano le ossa con dischi di ghisa, mattoni, e altri strumenti. Un lavoro che portava estrema sofferenza ai poveri malcapitati. Se il primo colpo non andava bene, giù con l'altro, fino a che la gamba o il braccio non si spezzava.
Ogni falso incidente comportava un investimento tra i 6 mila e i 10 mila euro. Se il lavoro di spaccare le ossa veniva fatto bene, la truffa alle compagnie assicurative fruttava tra i 100 e i 130 mila euro. Un giro enorme di denaro, milionario è dir poco. Ogni sono centinaia le persone che sarebbero state infortunate permanentemente per ottenere poi dei risarcimenti. Il calcolo dei profitti della banda è enorme. Uno degli spaccaossa, messo alle strette, ha confessato di aver spezzato ele ossa a più di 120 persone, consentendo quindi di ottenere circa 12 milioni di euro in totale alla banda. La banda però non si concentrava sugli infortuni da niente, ma puntava a provocare danni permanenti alle persone.
“Giglio - ha raccontato Mocciaro agli investigatori - ha un peso da venti chili mi sembra, e quando cafudda fa danno assai, quando colpisce ci spacca, ci taglia la carne alle persone. È un cane a lavorare”.