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20/04/2019 06:00:00

Il trio Vaccarino, Zappalà e Barcellona tra mafia e segreti d’ufficio violati / 1

L’arresto di Tonino Vaccarino, ex Sindaco di Castelvetrano, ha destato uno scalpore mediatico nazionale, tanto quanto il conseguente arresto di un tenente colonnello dei carabinieri in servizio presso la D.I.A. di Caltanissetta ZAPPALA Alfio Marco e dell’appuntato dei carabinieri in servizio a Castelvetrano Giuseppe Barcellona.

I due ufficiali sono stati arrestati per "rivelazione ed utilizzazione di segreti di ufficio e accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico con le aggravanti di aver abusato del loro potere, di aver violato i doveri inerenti alla loro funzione di pubblici ufficiali e di aver commesso il fatto su sistemi informatici di interesse pubblico".

L’ex sindaco massone di Castelvetrano Vaccarino è accusato di "rivelazione ed utilizzazione di segreti di ufficio in concorso con Zappalà, di favoreggiamento personale, con l’aggravante di aver favorito l’organizzazione mafiosa".

Vaccarino è un personaggio discusso nella provincia di Trapani per i suoi trascorsi giudiziari e per le sue vicende politiche, ritratto dal G.I.P. di Palermo come politico di lungo corso militante nelle file della Democrazia Cristiana.

Ricopre il ruolo di consigliere comunale a Castelvetrano e, negli anni 1982 e 1983, la carica di Sindaco.

Secondo alcuni osservatori del settore, è stato una persona influente nelle vicende politiche che hanno riguardato non solo la cittadina di Castelvetrano ma l'intera Regione Siciliana.

Nel maggio 1992 Vaccarino venne tratto in arresto nella cosiddetta "operazione Palma", unitamente ad alcuni dei più importanti uomini d'onore dell'intera provincia di Trapani, per associazione mafiosa e per partecipazione a più associazioni armate finalizzate al traffico internazionale di sostanze stupefacenti.

Nel maggio 1995, con sentenza del Tribunale di Marsala, Vaccarino venne condannato per tutti i reati alla pena di 18 anni di reclusione.

In quel processo, erano imputati anche Francesco MESSINA DENARO (padre del latitante Matteo), Francesco LUPPINO e Nunzio SPEZIA (entrambi condannati in via definitiva per essere stati al vertice della, famiglia mafiosa di Campobello di Mazara) e, infine, Vincenzo SANTANGELO condannato associazione mafiosa quale membro della famiglia di Castelvetrano.

La sentenza del Tribunale di Marsala che inchioda Vaccarino si base sulle dichiarazioni del pentito Vincenzo CALCARA, che aveva indicato lo stesso VACCARINO quale uomo d'onore, appartenente alla famiglia mafiosa di Castelvetrano e di Giacoma FILIPPELLO, vedova del capomafia campobellese Natale L'ALA che inquadrava VACCARINO quale braccio operativo di Francesco MESSINA DENARO al Comune di Castelvetrano.

Nel 1997 la Corte d'appello di Palermo, con sentenza diventata poi definitiva, assolveva  VACCARINO dall’accusa di mafia e lo condannava per il traffico internazionale di droga alla pena di anni 6 di carcere.

Secondo i giudici di appello VACCARINO, però, aveva intrattenuto "al di là di ogni ragionevole dubbio ... rapporti inquietanti non solo con lo stesso Calcara ma anche con soggetti certamente mafiosi.”

Dopo questa parentesi Vaccarino torna alla ribalta in occasione della cattura di Bernardo Provenzano avvenuta l’11 Aprile 2006.

Gli inquirenti scoprono numerosi “pizzini” scambiati tra Matteo Messina Denaro e Bernardo Provenzano dove si parla di tale “VAC”  o “VC” che altro non è che Vaccarino che a sua volta è legato da un vincolo di parentela con un nipote di Provenzano tale GARRIFFO Carmelo, condannato per mafia.

In realtà Vaccarino aveva instaurato un vero e proprio rapporto di collaborazione con alcuni appartenenti al SISDE con cui era entrato in contatto e, su loro indicazione aveva avviato una comunicazione epistolare, dal 2004 al 2006, con Matteo MESSINA DENARO.

Il politico castelvetranese aveva quindi consegnato a funzionari del SISDE dei pizzini ricevuti dal latitante, in cui era indicato con il nome di "Svetonio" e MESSINA DENARO con il nome di "Alessio".

La Procura antimafia di Palermo apre un’indagine e interroga Vaccarino che dichiara ai magistrati di aver intrapreso il ricostruito rapporto epistolare su espresso mandato del SISDE (che aveva confermato la circostanza) esclusivamente per consentire l'individuazione e l'arresto di Matteo MESSINA DENARO.

I magistrati però non si fidano totalmente delle parole di Vaccarino e anche se decidono di archiviare la sua posizione evidenziano un’ambiguità di fondo nella condotta del Vaccarino: “in conclusione nel comportamento dei VACCARINO sono indubbiamente ravvisabili talune zone d'ombra e altrettanto indubbiamente talune dichiarazioni rese in sede di interrogatorio appaiono reticenti e fuorvianti su punti non secondari, mentre —per altro verso- risulta difficile spiegare il suo personale ''successo " nei rapporti con i capo di Cosa Nostra e con un pericoloso ed astuto latitante come MESSINA DENARO.”

In particolare appare inquietante una frase del superlatitante Matteo Messina Denaro indirizzata a Provenzano e riguardante Vaccarino: Tengo a precisare che per me (VACCARINO) è una brava persona che voglio bene e che stimo...io so che lui agirà sempre In bene per tutti noi e per la nostra causa ".

Secondo la valutazione degli inquirenti di allora si tratta “di affermazioni impegnative, tanto più se intercorrono tra due capi di Cosa Nostra entrambi latitanti e la cui prima regola di vita è la prudenza e la diffidenza spinta all'estremo”.

Fine prima parte