Egregio Direttore,
approfitto della sua testata giornalistica per esprimere la mia opinione sulle recenti vicende censorie che hanno avuto ad oggetto uno striscione su un balcone e la sospensione, con relativa decurtazione dello stipendio, della Professoressa palermitana Dell’Aria.
Ho avuto l’onore di servire la Patria in armi per quasi due anni. Amo il tricolore al punto da essermelo tatuato sul braccio.
Non passa giorno senza che io mi chieda se sono stato stupido e miope o se qualcosa è cambiato nella mia amata Italia.
In quei due anni in uniforme ho capito di non avere imparato assolutamente nulla dal punto di vista militare, per tante ragioni sulle quali dilungarsi sarebbe fuori luogo, ma tanto ho imparato sul piano umano e sociologico.
In Italia, una minoranza di coloro che indossano l’uniforme, sottolineo una minoranza, ma non tutti, grazie al cielo, lo fa per disperazione, per sbarcare il lunario, perché non sa come portare il pane in tavola.
La disperazione deve essere destinataria del rispetto dovuto ad ogni essere umano ma con certi limiti.
Ricordo ancora quando il frustrato comandante della mia compagnia mi ordinò, per futili motivi, di punire i soldati facendoli stare inquadrati in piazza d’armi sotto la pioggia senza cerata.
Lo mandai letteralmente in quel posto tanto caro a Beppe Grillo. Da quel giorno mi rese la vita dura ma il rispetto dei “miei uomini” era il carburante migliore per la mia macchina. La vicenda finì che lui venne esposto al pubblico ludibrio ed io mi congedai con delle note caratteriali che mi avrebbero garantito il congelamento del mio grado fino al pensionamento.
Veniamo a noi.
Un cittadino esprime liberamente e civilmente il proprio pensiero politico esponendo uno striscione, un innocuo striscione, sulla ringhiera del proprio balcone in occasione della visita di Salvini nella propria città.
Risultato: la Questura, evidentemente su ordine della Prefettura, evidentemente su ordine del Ministero dell’Interno, evidentemente su ordine di Salvini, manda dei poveri cristi vigili del fuoco privi di autonomia di giudizio e di un briciolo di amor proprio, a rimuovere il suddetto striscione. A casa mia si chiama censura.
Prepotenza, ignoranza, deliri di onnipotenza e stupidità rappresentano il cancro nelle Istituzioni ed oggi le nostre Istituzioni sono in metastasi conclamata.
Parlo di stupidità, oltre a tutto il resto, perché bisogna essere profondamente stupidi per non capire che un gesto censorio di tale risma possa solo provocare reazioni contrarie e molto pericolose per l’Ordine Pubblico.
Infatti, il risultato è che nella Regione d’Italia che ha visto nascere la Lega gli striscioni non si possono più neanche contare, figuriamoci rimuoverli.
Ancor più grave reputo la sanzione irrogata dal Provveditorato agli studi di Palermo contro la Professoressa Dell’Aria, che, a seguito dell’intervento addirittura dei poliziotti della DIGOS, è stata sanzionata con la sospensione dalle funzioni e la decurtazione dello stipendio.
La motivazione della sanzione ha del paradossale: gli studenti, facendo una ricerca scolastica, usano le proprie capacità di giudizio, di analisi e di libera espressione del pensiero, cioè i pilastri di una democrazia degna di questo nome, e la Professoressa Dell’Aria viene sanzionata per non averli censurati.
È evidente e non è necessaria alcuna prova con caratteristiche processuali per capire che Salvini ha dato l’ordine di colpirne una per educarne cento.
Anche questo è un modus operandi tipico di tutte le forme di dittatura.
Ho avuto la fortuna di viaggiare molto nella mia vita e ho visto campi di concentramento di tutti i colori, da quelli nazisti a quello dei khmer rouge di Pol Pot in Cambogia e, a parte il “ colore” ad essi attribuibile, nessuna differenza sostanziale in realtà esiste.
Sono l’apoteosi dell’inumanità.
A quelle manifestazioni di delirio umano si è arrivati partendo sempre dallo stesso punto: la mancanza di rispetto per ciò che è diverso, per chi la pensa in modo diverso e per chi non si conforma ciecamente alla massa la cui volontà è plasmata e plagiata dal prepotente di turno.
E arrivo così al punto dolente: io sento di vivere nella più squallida delle dittature, una dittatura nella quale i campi di concentramento sono stati sostituiti con misure sanzionatorie apparentemente legali ma che in realtà puniscono l’intero Popolo rendendo la Carta Costituzionale nulla di più di un pezzo di carta con dell’inchiostro sopra.
Adolf Hitler raggiunse il potere democraticamente con il 73% dei consensi. Non penso che il supporto popolare rendesse meno esecrabile la sua dittatura. Allo stesso modo io me ne frego del 30%, 40% o 90% di consenso che la Lega è riuscita a strappare al Popolo, al quale appartengo, perché certi valori, certi principi, come quelli costituzionali, sono sacri non per questioni numeriche o quantitative ma per ragioni qualitative.
Se il popolo decide che sparare addosso ai barconi è cosa giusta non significa che sparare addosso ai barconi sia cosa giusta. Significa solo che il Popolo ha perso l’identità di Popolo e si è trasformato in gregge di pecore.
Anche la pecora è dotata di capacità di giudizio visto che mai obbedirebbe all’ordine del pastore di entrare nella tana del lupo. Noi italiani non abbiamo più neanche questa capacità di discernere cosa sia giusto e cosa sia ingiusto.
Tuttavia, le mie invettive sono di gran lunga maggiori nei confronti di quei sedicenti tutori dell’Ordine che trincerandosi dietro l’obbligo di eseguire gli ordini gerarchici in realtà stuprano la costituzione e violano il giuramento fatto prima di indossare l’uniforme.
Riporto degli stralci della normativa di settore che i tutori dell’ordine dovrebbero conoscere come l’ave Maria:
La gerarchia militare trova nella Legge 11 luglio 1978, n. 382, “Norme di principio sulla disciplina militare” (di seguito per semplicità denominata “Legge di Principio”), un unico generico riferimento, all’art. 4, ampiamente sviluppato dal regolamento di attuazione, d.P.R. 545/86, “Regolamento di Disciplina Militare” (di seguito per semplicità denominato “R.D.M.”).
Il dovere di obbedienza e l’ordine gerarchico L’obbedienza rappresenta un momento peculiare dell’ordinamento militare: è il dovere caratteristico del militare, che trova causa e giustificazione nella rigida struttura gerarchica delle Forze Armate e si lega strettamente al concetto di ordine gerarchico, che ne costituisce l’oggetto.
L’ordine manifestamente criminoso: La vincolatività è positivamente esclusa, a norma dell’art. 4, co. 5, della Legge di Principio, per l’ordine “manifestamente rivolto contro le istituzioni dello Stato o la cui esecuzione costituisce comunque manifestamente reato”, il quale deve essere disatteso.
Quindi, per concludere, Sig. Direttore, la vera colpa della deriva dittatoriale della mia amata Italia è solo parzialmente attribuibile a quei poveracci mentali di nome Salvini, di Maio & Co. La vera colpa è di noi cittadini e di quelli che indossando l’uniforme e trincerandosi per pavidità dietro il dovere di obbedienza gerarchico si rendono strumenti di ingiustizia, di sofferenza e di dolore.
Mio padre, nato nel 1934, che si definiva orgogliosamente un fascista, mi ha sempre detto: “rispetta le Istituzioni a condizione che siano rappresentate da persone degne delle nobili e sacre funzioni di cui sono investite”.
Alla data odierna io rispetto solo quelle Istituzioni che mi hanno dato prova concreta di meritarsi il mio rispetto. Fino a prova contraria e rebus sic stantibus potranno essere solamente destinatarie del mio più profondo disprezzo.
Vincenzo Forti